Peter Pace |
John DeGioia |
Christopher Dodd (Emisfero Occidentale e Affari dei Corpi di Pace).
-di Davide Consonni- 1) PREMESSA I motivi che ci portano a pubblicare tale scritto sono molteplici. Basti considerare che il web italiano [e a maggior ragione quello straniero] è privo di un resoconto più o meno dettagliato dei rapporti documentati intercorsi tra la setta massonica italiana e ‘ndrangheta calabrese, tale considerazione basterebbe di per sé a motivare la fatica dello scrivere queste pagine misere per tentare di colmare molto parzialmente, e per alcuni indegnamente, quel vuoto. Allargando la considerazione al fatto che perfino il variegato mondo dell’editoria italiana si è ben guardato dall’editare testi che trattano l’argomento sia in modo esclusivo che parziale, con ovvie eccezione più uniche che rare, tale scritto ci sembra essere maggiormente necessario. Come terza considerazione circa i motivi che ci hanno spinto a scrivere si può evidenziare la ritrita nonché nauseabonda e consueta retorica con cui i massimi esponenti del Grande Oriente d’Italia si ostinano a negare qualsiasi interconnessione, documentata da decine di inchieste, tra logge massoniche ed esponenti delle cosche calabresi. Nel caso specifico di questi giorni ci si riferisce alla pubblicazione di un video in cui degli ndranghetisti santisti celebrano, in quel di Lecco, una iniziazione ad un minorenne dal sapore prettamente massonico. Ovviamente un’alta carica della setta massonica del Grande Oriente d’Italia , l’arcinoto Grande Oratore Bonvecchio, è corsa immediatamente a spegnere l’incendio appiccato da chi si è legittimamente domandato cosa ci azzeccano i nomi di tre massoni presenti in un rito iniziatico di una ‘ndrina calabrese. Tale fatto lo spiegheremo lungamente, smentendo in modo categorico chi, rispettando vari giuramenti massonici di segretezza, nega in modo perentorio e tassativo la presenza sincretica di riferimenti alla ritualità massonica all’interno del rituale iniziatico alla Santa. Un’ultima considerazione pare doverosa in merito alle fonti che qui si utilizzeranno. E’ inutile negare che le persone che in Italia hanno scritto e parlato, al di fuori di sedi processuali, di intrecci documentati tra cosche e logge sono principalmente due: Nicola Gratteri, sostituto procuratore di Reggio Calabria che a lungo ha indagato le cosche, saggista e autore di testi d’inchiesta e mediaticamente protagonista di interviste contenute in un documentario intitolato “La Santa”; e Vicenzo Macrì, sostituto procuratore direzione nazionale antimafia, autore di un libro celebre che tratta parzialmente l’argomento, “Australian Andrangheta”, anch’egli presente nelle vesti di intervistato nel documentario “La Santa”. Utilizzeremo principalmente queste due fonti. 2) STORIOGRAFIA IN PILLOLE “Ciò che avvenne in quegli anni fu un cambiamento epocale. E’ stato Mommo Piromalli [Capobastone della ‘ndrangheta calabrese e capo dell’omonima cosca, ha controllato la zona di Gioia Tauro e le zone circostanti dagli anni cinquanta agli anni settanta; N.d.A.] assieme ai De Stefano a definire le nuove strategie della ‘ndrangheta,cioè l’idea di andare oltre “la società dello sgarro” e di entare in quella zona grigia, rappresentata dalla massoneria, nella quale era possibile incontrare magistrati, poliziotti, politici, avvocati e commercialisti; venne così creata un’anclave all’interno della ‘ndrangheta, detta Santa, composta da 33persone, alle quali era permesso affiliarsi a logge coperte della massoneria” [1]. “La santa è lo spartiacque tra la vecchia e La nuova ndrangheta, perché la santa consentiva due novità: ogni locale di ndrangheta poteva avere un santista [veniva riconosciuto da una croce di pochi millimetri incisa con lama su spalla destra; l’andrangheta ha avuto quindi la possibilità di entrare nei quadri del potere, di sedersi a questo tavolo, e non di accontentarsi di stare all’esterno, accontentarsi dell’appalto, ma, si è seduta al tavolo decisionale, cioè, discutere se l’opera dovesse essere fatta o meno, chi doveva vincere l’appalto, era entrata nella stanza dei bottoni” [2]. “Attraverso la santa la mafia e l’andrangheta entrano in rapporto con la massoneria, entra nelle logge e quindi partecipa al potere, questo serve per aggiustare i processi, per avere gli appalti, per avere rapporti politici di tipo alto, questo serve anche per entrare nelle amministrazioni comunali. E’ il primo fenomeno criminale italiano che veramente ha realizzato la globalizzazione, è presente su tutti e cinque i continenti, è una potenza politica economica e militare che supera quella di ogni altra consorteria criminale, la santa trasforma l’ndrangheta da fenomeno criminale locale a holding finanziaria internazionale i cui uomini girano il mondo ma pur sempre mantenendo le tradizioni, i linguaggi e i codici; l’appartenenza alla santa consentiva per espressa previsione statutaria di entrare in contatto con l’esterno: con gli imprenditori, i politici, rappresentanti di istituzioni, ma soprattutto consentiva di entrare nelle logge massoniche, se andiamo a vedere infatti le formule di giuramento, lo statuto della santa, ci rendiamo conto che è molto simile a quello della massoneria ” [3]. Qui di seguito propongo la visione del documentario “La Santa: viaggio nella ‘ndrangheta nascosta”, nel quale sono presenti due illuminanti interviste di Nicola Gratteri e Vincenzo Macrì in merito ai rapporti tra massoneria e ‘ndrangheta calabrese:
3) RITUALITA’, MASSONERIA E SENTENZE Cambiarono anche i riti d’iniziazione: ai mitici cavalieri Osso, Mastrosso e Carcagnosso, i vecchi antenati, subentrarono eroiche figure massoniche come Garibaldi Mazzini e La Marmora. Cito dal testo del codice di ‘ndrangheta sequestrato dalla squadra mobile di Reggio Calabria e dalla Criminalpol calabrese nel giugno del 1987 nel covo del super latitante Giuseppe Chilà, quello che segue è parte del rito iniziatico, molto simile a quello filmato recentemente dalla procura milanese in quel di Lecco: “A nome di Garibaldi, Mazzini, La Marmora formo la società Santa che è presieduta da tre persone: Garibaldi al centro, Mazzini a destra e La Marmora a sinistra fanno entrare il nuovo affiliato, gli chiedono di cosa va in cerca, gli risponde che va in cerca di onore, fedeltà e sangue, gli dicono che sei un cannibale, gli risponde no, sono un raccoglitore di sangue, una vena da un fratello esce e entra nella mia. Gli pungono tre dita con un ago, il pollice l’indice e il medio e li racchiudono tra essi, gli dicono che suo padre è il sole, la madre la luna; Se prima lo conoscevo come un saggio fratello fatto e non fidelizzato, da questo momento lo conosco per un mio saggio fratello. Sotto la luce delle stelle e lo splendore della luna, sformo la santa catena, nel nome di Garibaldi, Mazzini e La Marmora, con parole d’umiltà, sformo la santa società” [4]. Quello appena citato è parte del rito iniziatico alla Santa, nonostante si tratti di documenti dell’87 si evince la quasi totale coincidenza con il rito filmato dalla procura milanese. Ora van fatte delle precisazioni fondamentali per capire per donde questo rito sia giunto nelle cosche calabresi. Il passaggio fondamentale è il seguente: “gli dicono che suo padre è il sole, la madre la luna; Se prima lo conoscevo come un saggio fratello fatto e non fidelizzato, da questo momento lo conosco per un mio saggio fratello. Sotto la luce delle stelle e lo splendore della luna, formo la santa catena, nel nome di Garibaldi, Mazzini e La Marmora, con parole d’umiltà, formo la santa società” Bene, qui vi son contenuti dei passaggi rituali esclusivamente tipici e identici alla ritualità iniziatica massonica. “suo padre è il sole e sua madre è la luna” Questo passaggio è letteralmente databile, almeno, a mille anni or sono. Queste precise parole sono una delle cifre fondamentali dell’ermetismo medievale e rinascimentale, il quale considera la mascolinità solare e il femminio lunare, tale formula si trova, unicamente, così letteralmente scritta nell’arcinota [per gli esoteristi massoni] “Tavola Smeraldina”, una tavola sapienziale che secondo i cabalisti ed ermetisti rinascimentali fu ritrovata in Egitto prima dell’era cristiana, fu tradotta dall’arabo al latino nel 1250. E’ unanimemente riconosciuto come il più celebre degli scritti imputati ad Ermete Trimegisto, in quanto contiene la cifra epistemologica con cui le filosofie occulte d’ogni tempo si sono confrontate: “Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso”. La tavola smeraldina apparve per la prima volta su carta stampata proprio in un testo di un noto alchimista rinascimentale, tal Johannes Patricius in De Alchemia (1541). Giungendo ai tempi moderni non è un caso se la tavola smeraldina è uno dei punti di riferimento degli ermetisti massoni novecenteschi, basti ricordare che uno dei maggiori apologeti moderni della tavola smeraldina fu l’ermetista super massone Kremmerz, tant’è che sulla sua rivista barese “Commentarium”, nel 1910, apparve il più approfondito studio italiano a commento di tale tavola, commento ad opera di un altro super massone nostrano il conte Luciano Galleani [5]. Citiamo anche lo studio apparso nel 1950 sulla rivista Ibis, foglio propagandistico della Scuola Ermetica della Fratellanza di Miriam, [6]. In tempi recentissimi son diversi i contributi massonici mirati all’approfondimento dei segreti della tavola smeraldina, viene citata praticamente in ogni testo che tratta di ritualità massonica ed esoterismo [7]. Passiamo ora ad uno dei passaggi successivi del rito iniziatico della Santa calabrese citato sopra: “Sotto la luce delle stelle e lo splendore della luna, formo la santa catena, nel nome di Garibaldi, Mazzini e La Marmora, con parole d’umiltà, formo la santa società” Queste poche parole contengono un gran numero di riferimenti alla ritualità e alla storiografia massonica, spenderemo qualche riga per spiegarci. Qualsiasi rito massonico, che sia iniziatico, che sia d’apertura o chiusura dei lavori massonici, avvenendo all’interno del tempio proprio dei massoni, avviene “sotto la luce delle stelle e della luna” in quanto la volta dei templi massonici è regolarmente e necessariamente affrescata a modo di rappresentare le costellazioni e gli astri. Durante la celebrazione dei riti massonici la dicitura più o meno letterale del: “sotto la luce delle stelle e della luna” compare diverse volte indipendentemente dalla differenza di obbedienza massonica. Passiamo oltre. Cito dal rito santista: “formo la santa catena” Anche qui, uno dei riti più celebri della fratellanza massonica è proprio la “catena d’unione”, un micro rito aggregativo e d’affratellamento piuttosto semplice nella sua rappresentazione fisica ma complesso nella sua concezione metaforica e simbolica: la loggia è una catena, i suoi fratelli sono gli anelli della catena, uniti e coesi ermeticamente, basta una sola frattura e la catena si spezza interrompendo l’armonia fraterna della loggia, la quale perde la sua impermeabilità verso l’esterno profano. Il segreto che chiude ermeticamente la loggia fu argomento di uno studio che pubblicammo tempo addietro, per leggerlo cliccare QUI. Per chi volesse approfondire la questione del rituale detto “catena d’unione massonica” veda nelle note i numerosi rimandi [8]. Cito di seguito: “nel nome di Garibaldi, Mazzini e La Marmora, con parole d’umiltà, formo la santa società” Qui è fin troppo evidente il richiamo alla storiografia massonica [e carbonara]. Il Mazzini ideologo e militante carbonaro, lo stesso che intrattenne documentati rapporti con la loggia inglese “Philadelphes”, fucina rivoluzionaria composta da massoni radicali francesi ed inglesi [9]. Mazzini è una figura mitica per la cosmologia massonica italiana e non, esistono una decina di logge massoniche italiche intitolate al Mazzini, perfino l’associazione mazziniana italiana non fa mistero di essere una propaggine del fratellanza massonica. Per quanto riguarda il ruolo del Gran Maestro massone Garibaldi, capo della setta massonica italica è tutto arcinoto e documentatissimo, ne scrivemmo diffusamente in diversi articoli, per leggerli vedere i rimandi nelle note a piè pagina [10]. La Marmora, invece, è meno noto rispetto ai primi due sciacalli del Risorgimento; meno noto nonostante ebbe un ruolo determinante, prima come ministro della guerra sotto Gioberti, poi sotto D’Azeglio e infine sotto Cavour. A 55 anni, nel 1859, è per la prima volta presidente del Consiglio per un anno. Dal 1864 il Re lo chiama nuovamente a presiedere il governo con il triplice incarico di presidente del Consiglio, ministro della Marina e degli Affari Esteri ed è proprio sotto il mandato di La Marmora che la capitale del nuovo Regno viene trasferita a Roma. Da notare la coincidenza che vede impegnati due dei tre fratelli La Marmora nella presa di Roma (Breccia di Porta Pia 20 settembre 1870) con i bersaglieri, fondati dal fratello Alessandro Ferrero della Marmora. Sembra unanime il fatto che fosse divenuto massone, c’è chi dice addirittura maestro di una loggia, quel che è certo è che i massoni nostrani lo annoverano tra i loro confratelli più celebri [11].
Quindi, riassumendo e ricapitolando ciò che stiamo qui argomentando: è possibile e lecito ipotizzare che con la nascita della Santa [anni 1960 -70] e l’inizio dei rapporti iniziatici tra ‘Ndranghetisti e logge calabresi parte della cosmologia massonica si sia traslata all’interno della gerarchia verticistica della Santa, la quale è una cupola gerarchicamente indipendente e autonoma, è composita da 33 membri secondo alcune dichiarazioni o da 7 membri secondo altre, i riferimenti son talmente palesi ed evidenti anche solo analizzando l’aspetto di un singolo rituale iniziatico, che sembra assurdo sostenere, come fanno le eminenze del Grande Oriente d’Italia, che in tale rito non si scorga nulla di esotericamente massonico. Bisogna considerare che dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia e di conseguenza nelle indagini di diverse procure risulta oggettivo che la Santa calabrese concesse e permise in maniera dichiarata la possibilità di affiliazione massonica per i suoi membri. Cito una dichiarazione che Filippo Barreca, capozona del quartiere di Pellaro, rilasciò ai giudici: “nel ’79 entrai a far parte dell’elite della ‘ndrangheta, acquisendo un grado segreto [quello di santista, n.d.a] che mi permetteva di avere rapporti con la massoneria”. [12] Anche Giacomo Lauro, altro collaboratore di giustizia, evidenza come la nascita della Santa all’interno della ‘ndrangheta fu una svolta storica: “fino agli anni ’70, la ‘ndrangheta era subalterna alla massoneria, per la loro mediazione con le istituzioni percepivano una percentuale sugli utili. Noi delegavamo a loro i nostri interessi. Il nostro ingresso in massoneria cambiò i rapporti di forza, cominciammo a dialogare direttamente con le istituzioni, senza più bisogno di mediatori. Fu così che Paolo De Stefano, Santo Araniti, Antonio, Giuseppe e FrancescoNirta,Antonio Mammoliti, Natale Iamonte e altri entrarono in massoneria.” [13] Per comprendere e inquadrare il ruolo elitario che la Santa svolse e svolge all’interno delle cosche calabresi sono state essenziali le rivelazioni di Francesco Forni, ex affiliato alla cosca di Siderno, che dichiarò ai giudici quanto segue: “Sette affiliati col grado si santista possono costituire nell’ambito del locale [zona controllata n. d. a.],la società maggiore, chiamata anche “Santa”. La Santa non da alcun conto delle sue decisioni , delle sue attività, al locale di appartenenza. Nessun affiliato col grado di affiliato inferiore al santista può partecipare alle riunioni della Santa che si può quindi definire un’elite della ‘ndrangheta. Solo in pochi locali si riesce a costituire una Santa…[…]…iIl tutto ha un evidenze radice massonica e un profondo legame storico. I personaggi di riferimento dei santisti sono il Generale Alfonso La Marmora come stratega di Battaglia e il generale Giuseppe Garibaldi come combattente per la libertà e la giustizia. Il compito dei santisti non è d’azione ma di pensiero e organizzazione.” [14] “Quando si forma la Santa la formano tre persone [Mazzini, Garibaldi e La Marmora, n.d.a.] e ci partecipano tutti i santisti di zona o città. Sul tavolo si sta un fucile o una pistola un bicchiere d’acqua e un po’ di veleno, un limone, un ago d’oro e un pugnale. I santisti hanno la facoltà di eleggere il capo santista e capo crimine. Ogni santista potrà essere leetto capo, anche se generalmente questa carica viene assegnata tenendo conto delle gerarchie. Il capo crimine ha il potere decisionale su tutti i capi santisti e su tutte le famiglie cosche santiste in Italia ed estere. In caso di diverbi e guerre il capo crimine svolge le funzioni di giudice d’omertà. Tutte lecoscherispondoal crimine. Garibaldi comanda un gruppo di 15 persone, Mazzini, il gruppo di 10, La Marmora un gruppo di 15 persone. Il santista fratellizzato ha giurato fedeltà alla Santa e ai fratelli. Il santista non potrà essere giudicato. Se sbaglia deve giudicarsi da solo. In caso di tradimento si dovrà avvelenare o suicidare. Diversamente verrà ucciso dai santisti che nel loro gruppo annoverano anche un nucleo speciale, quello degli incappucciati [si riferisce al doppio ruolo dei santisti che posso affiliarsi alla massoneria, nota di Gratteri], sicari pronti a tutto. Costoro non sempre sono santisti ma rispondono al capo Santa. Poi c’è il Vangelo, i cosiddetti vangelisti che gestiscono il crimine in tutte le loro forme. Rappresentano il sindacato di tutta l’organizzazione e hanno il controllo di tutte le ramificazioni della società segreta che opera nella vita sociale del paese e viene presieduta dal capo vangelista. Capo santista è capo incappucciato e ai vangelisti gli viene incisa una crocetta sulla spalla non sempre gli rimane la cicatrice o il segno. Come segno di riconoscimento si toccano la spalla con la mano oppure incrociano le braccia sulla fronte in segni di croce di Sant’Andrea, e come numero di riconoscimento hanno il 25, comunemente si dicono: “ho la croce d’oro”. La formano Giuseppe Giusti, Carlo Magno, Giuseppe Forma. Cognomi convenzionali e storici. I santisti si riconoscono da loro stessi con altri stringendosi il mento, come dire mi accarezzo la barba di Garibaldi. Se tra i presenti ci sta un altro santista fa lo stesso segno per far capire che non è da solo, se poi quello non è convinto gli chiede il nome dle padre, se quello gli risponde il vero nome del padre vuol dire che non è niente, diversamente deve rispondere che il padre è “il sole”. Per quanto concerne l’affiliazione di un nuovo santista si effettua attraverso un rituale diverso dal precedente, in quanto nel corso della cerimonia del giuramento di sangue si aggiunge anche il giuramento del veleno. […] Giuro sulla punta di questo pugnale di essere fedele alla società di Santa, di salvaguardarla anche a costo di tradire tutta la società criminale dame sino a ieri conosciuta, al fin di salvare i miei saggi compagni della fratellanza santista e di disconoscere tutta la settima generazione se può recare danno alla società da me oggi riconosciuta. Mentre recita questa formula al santista vengono consegnate una pastiglia di veleno e un bicchiere d’acqua che servono per suicidarsi in caso in cui dovesse yradire la Santa, in quanto pe regola sociale un santista non può essere ucciso da un altro santista. Il rito prosegue chiedendo “conoscete la famiglia dei muratori? No, all’occorrenza ce l’abbracciamo in pelle, carne e ossa giurandole fedeltà che ci verrà chiesta alla famiglia del sacro ordine dei Muratori” [15] Citiamo ora, direttamente da una relazione ad opera del Dott. Boemi procuratore aggiunto della repubblica al tribunale di Reggio Calabria, diversi passaggi in cui l’evidenza oggettiva delle interconnessioni masso-mafiose risulta ancor più evidente; qui di seguito una dichiarazione del Dal Costa Gaetano, mafioso messinese che intrattenne fruttuosi contatti con i masso-mafiosi calabresi: “Fino alla metà degli anni settanta nel reggino, la carica di “santista” non veniva riconosciuta e il grado massimo all’epoca raggiungibile era quello di “sgarrisa”. Fu Mommo PIROMALLI che, attesi gli enormi interessi che all’epoca sussistevano nella zona di Reggio Calabria (il roncone ferroviario, la centrale siderurgica e il porto di Gioia Tauro, etc.), al fine di imporre una sua maggiore autorità, e quindi di gestire direttamente la realizzazione delle opere pubbliche, si fregiò del grado di “santista” che, a suo dire, gli era stato conferito direttamente a Toronto, dove esisteva una importantissima ’ndrina. Il grado di “santa” poteva essere conferito solo a 33 persone e si poteva attribuire a nuovi soggetti solo in caso di morte di un altro “santista”.’Ntoni MACRÌ da Siderno, che era uno “sgarrista” puro e un capo ’ndrina, insieme a Mico TRIPODO (poi ucciso al carcere di Napoli) non volle riconoscere l’esistenza della “società di santa”, che definiva bastarda, anche perché tra le regole di questa nuova società era prevista quella che consentiva di tradire ed effettuare delazioni pur di tutelare un santista. Ciò portò a dei contrasti anche sanguinosi che si conclusero con l’affermazione del PIROMALLI e del suo strettissimo alleato, PaoloDE STEFANO che fu, peraltro tra i primi, unitamente a Santo ARANITI, a raggiungere il grado di santista. Poiché Mommo PIROMALLI era notoriamente massone, per qualificare e differenziare ulteriormente la società della Santa da quelle minori, lo stesso introdusse, o comunque fece conoscere, la regola secondo cui ogni componente la società di santa poteva entrare a far parte della massoneria. Quest’ultima circostanza mi venne rivelata da Peppino PIROMALLI, nel 1989, al Carcere di Palmi” [16] Leggiamo ora le dichiarazioni Gullà Giovanni, ennesimo collaboratore di giustizia che imputa alla massoneria la rivoluzione avvenuta internamente alle cosche calabresi: “Il grado della Santa” – dichiarò GULLÀ Giovanni – presenta una fondamentale peculiarità: è conosciuto solo ed esclusivamente alle persone che l’acquisiscono.Si creò una sorta di gruppo di mutua assistenza, nel senso che ogni situazione riguardante i santisti doveva essere risolta Il tutto venne confermato dalle incredibili dichiarazioni del super pentito Giacomo Ubaldo Lauro: “È vero che al termine della prima guerra di mafia (1973-1977) molti capi della ’Ndrangheta decisero di entrare in massoneria. La storia criminale della provincia reggina si può articolare in due diversi periodi in cui si atteggiò diversamente il rapporto tra la ’Ndrangheta e la massoneria.Sino all’inizio dello scontro della metà degli anni settanta le due entità erano vicine ma la nostra organizzazione era subalterna Molto più specifiche ed allarmanti suonarono le rivelazioni date ai magistrati da Barreca Filippo, capo zona del quartiere Pellaro: “Con il grado di “santista” entrati a far parte dell’élite della ’Ndrangheta, acquisendo un grado segreto che mi dava la possibilità di avere rapporti con esponenti della massoneria.Devo a questo punto specificare che molti “santisti” sono massoni, tra essi certamente quelli che hanno costituito la “copiata” della mia investitura. Ritornando alla richiesta delle SS.LL.sull’esistenza o meno di una loggia segreta a ReggioCalabria intendo dichiarare quanto segue: Quando parlo di “santisti” massoni, intendo riferirmi a personaggi che costituiscono logge coperte; nella specie inCalabria esisteva, sin dal1979, una loggia massonica coperta a cui appartenevano professionisti, rappresentanti delle Istituzioni, politici e, come detto, ’ndranghetisti. Questa loggia aveva legami strettissimi con la mafia di Palermo, a cui doveva render conto. La loggia si costituì quasi contemporaneamente alla mia investitura a “santista”, in occasione della latitanza a Reggio Calabria di Franco FREDA, e cioè nei primi mesi dell’anno1979; anzi, fu proprio Franco FREDA a formare questa loggia, uno dei cui principali fini istituzionali era l’eversione dell’ordine democratico.FREDAmi disse che altra loggia analoga era stata costituita nella Città diCatania.Va comunque sottolineato come una struttura di fatto costituita da personaggi eccellenti con la salda intesa di una mutua assistenza esisteva già da prima, e FREDA si limitò a formalizzarla nel contesto di quel più ampio progetto nazionale che alla realtà reggina improvvisamente attribuì un ruolo di ben più ampio significato e spessore.Non bisogna dimenticare che già da tempo esisteva la “Santa”. Le mie conoscenze discendono direttamente da FrancoFREDA, l’organizzatore della loggia, il quale, come ho avuto modo più volte di dichiarare, ha trascorso alcuni mesi di latitanza presso la mia abitazione.Al proposito sono prontissimo a sostenere in qualunque momento un confronto conFrancoFREDA se dovesse fare dichiarazioni difformi alle mie.Devo, peraltro, far presente che le mie conoscenze sul punto discendono anche da altri personaggi della ’Ndrangheta già citati come santisti-massoni. Tra essi Santo ARANITI e da Paolo DESTEFANO. Le competenze della loggia, come detto, si fondavano su di una base eversiva.Ma, prevalentemente, la loggia mirava: ad assicurarsi il controllo di tutte le principali attività economiche – compresi gli appalti – della Provincia di ReggioCalabria; il controllo delle istituzioni a cui capo venivano collocati persone di gradimento e facilmente avvicinabili; L’inquietante realtà descritta dal Barreca ha trovato poi puntuali conferme nelle dichiarazioni di Lauro Giacomo e del Marrapodi Pietro, notaio massone, iscritto alla loggia Bovio e Logoteta, loggia ufficialissima del Grande Oriente d’Italia, e soprattutto decisive convergenze dalle analogie emergenti dal “caso Mandalari” istruito dai magistrati della D.D.A. di Palermo. Secondo Calderone Antonino proprio nel settembre del 1977 nel corso di una riunione della Commissione regionale di “Cosa Nostra” si era proposto di far entrare in logge riservate due esponenti dell’organizzazione per provincia. Accadde poi, riferì ancora Calderone, che si sciolse la famiglia di Catania, e quando il fratello Giuseppe chiese a Bontade quale fosse stato l’esito di quel progetto, ottenne una risposta evasiva.Giuseppe Calderone confidò però al fratello di essere convinto che il progetto fosse stato attuato e che Stefano Bontade e Michele Greco fossero ormai entrati a far parte della massoneria. Peraltro, ha aggiunto Calderone, era notorio all’interno di “Cosa Nostra” che Giacomo Vitale, cognato di Stefano Bontade, fosse massone (v. interrogatorio di Calderone del 25 agosto 1987 reso alG.I. di Palermo e altresì trascrizione, in atti, dell’audizione dello stesso dinanzi la Commissione Parlamentare Antimafia dell’11 novembre 1992 – pagg.294 e segg.) Ancor più analitico è il contributo offerto sul tema da Leonardo Messina, secondo il quale: “…molti degli uomini di “Cosa Nostra”, cioè quelli che riuscivano a diventare capi, appartenevano alla massoneria… è nella massoneria che si possono avere i contatti con gli imprenditori, con le istituzioni, con gli uomini che amministrano il potere…” e poi, più esplicitamente: “La massoneria è un punto di incontro per tutti” [20] Particolarmente significative sono al riguardo le dichiarazioni che Spatola Rosario rilasciò al P.M.di Palermo: “Per quanto mi risulta, esiste un’organizzazione massonica segreta, la quale ha il nome “Iside 1” per Palermo, “Iside 2” per Trapani, “Iside 3” per Agrigento. Venendo ora più in concreto sull’organizzazione delle logge voglio precisare che le logge hanno regole estremamente simili a Cosa Nostra e pertanto tra le due organizzazioni si crea un notevole vincolo e una reciproca disponibilità, cioè una comune fratellanza. Per ciò che concerne “Iside 1”, sono in grado di riferire che Gran Maestro della loggia è MANDALARI, da quel che si dice il commercialista di RIINA.Anche il RIINA fa parte di quella loggia.Anche Stefano BONTADEe Giovanni erano massoni, anche se non so se facevano parte di quella loggia. Per ciò che io so tale “Iside” ha avuto inizio alla fine degli anni ’70” [21]. In definitiva, è ormai dato probatoriamente acquisito che collaboratori calabresi e siciliani, ciascuno con riferimento al rispettivo sodalizio criminale, abbiano delineato in modo esauriente l’esistenza di precisi legami e costanti collegamenti con la fratellanza massonica riservata, finalizzati ad una strategia di progressiva “infiltrazione” del baronato mafioso negli ambienti politici imprenditoriali ed istituzionali del paese. Chiara, limpida, esauriente è questa dichiarazione di Giacomo Lauro: “non ci sarebbe mai stata una ’Ndrangheta così forte senza la complicità dei politici corrotti e dei professionisti della massoneria” [22].
4) MASSONERIA, ‘NDRANGHETA E FATTI DI CRONACA Qui di seguito procediamo a fornire un elenco di numerosi articoli di quotidiani nazionali, regionali, provinciali e locali in cui si rendiconta più o meno celermente il documentato rapporto tra massonerie e ‘ndrangheta calabrese. Buona lettura ai più coraggiosi. – L’alleanza tra ’ndrangheta e massoneria per avvicinarsi al potere: http://www.linkiesta.it/ndrangheta-massoneria-calabria-locri – Massoneria al voto, con lo spettro della ‘ndrangheta: http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02/17/massoneria-al-voto-con-lo-spettro-della-ndrangheta/884301/ -‘Ndrangheta e soldi sporchi, il ruolo di Macrì. Il Grande Oriente lo sospende dalla massoneria: http://www.umbria24.it/ndrangheta-e-soldi-sporchi-il-ruolo-di-macri-il-grande-oriente-lo-sospende-dalla-massoneria/53311.html – Pentito nel processo ai clan, accusa la rete di Scajola: legami tra servizi, ’ndrangheta e massoneria:http://www.ilsecoloxix.it/p/imperia/2014/05/15/ARBcb4G-ndrangheta_massoneria_processo.shtml – Boss, politici e manager massoni Gli Invisibili che comandano a Reggio: http://www.corriere.it/cronache/14_aprile_14/boss-politici-manager-massoni-invisibili-che-comandano-reggio-8d1034b8-c3d6-11e3-a057-b6a9966718ba.shtml -‘Ndrangheta, Massoneria & Politica: http://www.youreporter.it/video_Ndrangheta_Massoneria_e_Politica_1 – Inchiesta Saggezza : spunta informativa su presunti legami ‘ndrangheta – massoneria – See more at: http://www.larivieraonline.com/inchiesta-saggezza-spunta-informativa-su-presunti-legami-ndrangheta-massoneria#sthash.DXH9TIwB.dpuf – CALABRIA: ‘NDRANGHETA E MASSONERIA: http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2013/08/calabria-ndrangheta-e-massoneria.html -Sospesa per mafia la loggia massonica di Gerace. I “fratelli” si riunivano al tempio di Siderno: http://www.ilquotidianoweb.it/news/cronache/719299/Sospesa-per-mafia-la-loggia-massonica.html -Affari della loggia in enti pubblici e Questure Gli impegni della massoneria legata alle ‘ndrine: http://www.ilquotidianoweb.it/news/Il%20Quotidiano%20della%20Calabria/353611/Affari-della-loggia-in-enti-pubblici-e-Questure–Gli-impegni-della-massoneria-legata-alle–ndrine.html -Appalti, massoneria, ‘ndrine: blitz in 5 regioni contro affari e legami del clan Mancuso: http://www.ilquotidianoweb.it/news/Il%20Quotidiano%20della%20Calabria/353219/Appalti-massoneria–ndrine-blitz-in-5-regioni–contro-affari-e-legami-del-clan-Mancuso-.html -Patto massoneria – ‘ndrangheta: la cosca spingeva per le nomine negli enti: http://www.huffingtonpost.it/2012/10/31/massoneria-ndrangheta-nomine_n_2050040.html -Il boss Mancuso: “La ‘ndrangheta non esiste più. E’ massoneria”: http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/boss-mancuso-ndrangheta-non-esiste-massoneria-1496464/ -Forgione: massoneria e ‘ndrangheta nella politica calabrese: http://archivio.panorama.it/italia/Forgione-massoneria-e-ndrangheta-nella-politica-calabrese
CONCLUSIONI Innanzi tutto chiediamo umilmente perdono allo sventurato lettore che, imbattutosi in codesto scritto, si sia voluto sorbire tutto questo noioso e prolisso rendiconto di alcuni dei pochi rapporti, documentati, intercorsi tra massoneria italica e ‘ndrine calabresi. Va chiarito, però, che per motivi di tempo e per questioni tecniche, alcuni interessanti argomenti inerenti al tema non sono potuti esser qui trattati. Mi riferisco in particolare alle scandalose vicende vissute dal massone notaio pentito Marrapodi, oppure alla loggia di Gerace sciolta dal Grande Oriente d’Italia per infiltrazioni mafiose. Forse tali questioni verranno affrontate in futuri scritti pubblicati dai magnanimi tipi di Radio Spada. Veniamo a concludere tirando le dovute somme. Questo scritto è stato principalmente pubblicato per un motivo: certificare in modo oggettivo l’esistenza probatoria di fecondi e fruttuosi rapporti tra massoni e ‘ndranghetisti. Tali rapporti sono documentati incontrovertibilmente, sono certi, sono continuativi e acclarati. Altresì tale scritto si proponeva di comprendere e spiegare la dimostrabile presenza di sincretistici segmenti rituali acquisiti dalla cosche calabresi per mezzo della strutturazione del grado di santista, gerarchicamente superiore e indipendente, al quale era concesso affiliarsi alla massoneria. Tale oggettività cozza profondamente con le dichiarazioni rilasciate, per esempio, da Claudio Bonvecchio, Grande Oratore del Grande Oriente d’Italia e uomo di spicco dell’establishment culturale e propagandistico della maggior setta massonica italica [23]. Costui affermò che “il GOI non ha nulla a che fare con nessuna organizzazione criminale… […]…può darsi che ci siano state collusioni ma non con il GOI, bensì con altre massonerie…”. Tutto ciò dichiarato dal Bonvecchio è palesemente falso e contro argomentabile per filo e per segno. Tutti i massoni di cui s’è trattato sopra erano iniziati a logge ufficiali del Grande Oriente d’Italia, nessuna loggia “deviata” ma tutte regolarmente riconosciute dal Goi. Ciò non toglie che alcune inchieste hanno riguardato anche altre obbedienze massoniche. Il Bonvecchio nega l’evidenza rispettando il giuramento settario di segreto di cui ogni massone è protagonista durante il rito d’iniziazione alla fratellanza. Tutti i signori sopra citati, sia che si tratti di magistrati sia che si tratti di collaboratori di giustizia, sono concordi nell’affermare una questione certa: la ‘ndrangheta che conosciamo oggi, quella presente in 5 continenti, quella infiltrata in ogni grado delle gerarchie istituzionali, quella “legalizzata”, non sarebbe tale se non per il supporto di logge massoniche. La setta ammorba nel peggior modo: internazionalizza, globalizza, depenalizza, tutto infetta e nulla risparmia: quello scritto qui è una goccia del mare, un granello della spiaggia, una sola cellula dell’intero tumore che attacca la Civiltà Cristiana. CONCLUDO DEFINITIVAMENTE RIPORTANDO LA CONDANNA CHE PAPA CLEMENTE XII POSE ALLA SETTA DEI MASSONI NELL’ENCICLICA “IN EMINENTI” NEL 1738: “…decretiamo doversi condannare e proibire, come con la presente Nostra Costituzione, da valere in perpetuo, condanniamo e proibiamo le predette Società, Unioni, Riunioni, Adunanze, Aggregazioni o Conventicole dei Liberi Muratori o des Francs Maçons, o con qualunque altro nome chiamate…”
Preso da: http://www.weebly.com/weebly/main.php
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Come per molti della mia generezione appassionati di vera “ricera di confine”, Nikola Tesla ha sempre rappresentato il modello di “genio” ideale. Il papà che tutti quanti avremmo voluto avere: creativo, risolutore, visionario, poliedrico, capace di cambiare il mondo attraverso l’uso di una scienza ‘mistica’… ma soprattutto “umana”. Un individuo dipinto dalla stampa alternativa mondiale come lo “scienziato stregone” o lo “scienziato mistico”, il quale avrebbe potuto liberare il mondo dai suoi aguzzini “banchieri”, attraverso la diffusione gratuita di energia elettrica in tutto il globo.
Indice: Tesla L'umanitario - Tesla il Genio - Tesla la Vittima - Testa totalirario ? In altri precedenti lavori mi sono spesso interessato a lui non tanto per il suo aspetto da potenziale “scienziato eroe”, da un certo punto di vista è assolutamente irrilevante, ma più che altro per i suoi processi mentali e cognitivi che lo portavano a creare nella sua mente le immagini visive necessarie allo sviluppo delle sue invenzioni, prima ancora che queste fossero realizzate materialmente. Evento che è accaduto molte volte al sottoscritto durante i miei ritiri in DARKROOM e che posso confermare nel modo più assoluto il suo funzionamento. Ciò che però non mi sono mai soffermato di analizzare in profondità è sicuramente lo svolgimento di alcuni fatti ed eventi che lo coinvolsero in maniera diretta. Fatti che raccontano una storia di quest’uomo ben diversa dal folclore mistico dal quale è stato circondato in questi anni dalla stampa “new age”. Pertanto in questo lavoro non analizzerò le sue invenzioni o il suo genio, questi sono aspetti assolutamente indiscutibili, ma la sua insospettabile ed oscura personalità. E se è vero che ognuno di noi porta dentro di se, per dirla alla junghiana, “uno molto cattivo” al quale prima o poi bisogna arrendersi in un certo qualmodo, qual’era il lato oscuro di Nikola Tesla? Era davvero un’inguaribile romantico “umanitario”, oppure reggeva le sue fondamenta ideologiche nel più profondo “totalitarismo”? A quanto pare, dalle dichiarazioni rilasciate alla stampa di suo pugno e da alcuni fatti che lo vedono coinvolto, i quali non sono mai stati presi in considerazione più di quel tanto dai suoi numerosi ammiratori, emerge un lato della sua personalità che in realtà ben pochi si aspetterebbero. “Il più grande genio di tutti i tempi è stato sicuramente Nikola Tesla, la cui nascita, assieme a quella di Einstein, rappresenta un evento che accade solamente una volta ogni cinquant’anni. Tesla era un grande idealista umanitario consumato dalla passione di voler salvare il mondo dalla povertà e dalla guerra. Un extraterrestre venuto da Venere, Tesla fu un inventore super-uomo il quale possedeva l’incredibile capacità di visualizzare nella mente il funzionamento delle sue macchine prima ancora di inventarle. Tesla, il genio prodiogioso, il genio dimenticato da tutti, lo stregone, l’uomo fuori dal tempo, il mago con il fulmine nelle sue mani. La sua astrusa, esoterica tecnologia elettrica viene meglio interpretata dagli esperti di fisica quantistica e dall’elettromagnetica scalare.” “In tarda età, impoverito e dimenticato e da tutti, Tesla è stato ucciso dagli agenti governativi americani in una squallida stanza di un’albergo di Manhattan, e tutti i suoi documenti confiscati e soppressi dall’FBI. La tecnologia di Tesla persiste a rimanere segreta al pubblico e utilizzata in maniera criminale nei cosiddetti ‘black projects’, come il Philadelphia Experiment e HAARP.” “L’antigravità degli UFO è una tecnologia di Tesla, così come il ‘vuoto quantistico’ e i generatori di energia del punto zero. La tecnologia di Tesla ci ha regalato il ‘Tesla Scaler Potentizer’, gli orologi Teslar e la Tesla’s Electric Sportcar. Ed è stato il trasmettitore di Tesla che ha causato la devastante esplosione nella Tunguska del 1908.” Tutto quanto appena riportato passerebbe in un qualsiasi talk-show radiofonico notturno come un’insieme di dichiarazioni intelligenti ed intellettuali. Ma queste sono solo alcune di quelle estrapolate dalla stampa generalizzata e generalizzante che contribuisce a mantenere elevato e privo di contrdditorio il folclore mistico creato attorno a Nikola Tesla, atto a sentimentalizzare, romanticizzare e mistificare la sua memoria, rendendolo un personaggio fantastico e totalmente al di fuori di ogni umana comprensione. Il cosiddetto “mystique” è un movimento intelletuale che distorce biografie, storia e scienza; è una piaga, una moda per riviste come Vogue abbracciata dai ‘media di confine’, la cui risonanza è stata successivamente amplificata dai mass-media mondiali. Il movimento “mystique” sta impiantando le sue radici nella nostra cultura come una ‘verità ufficiale’ oltre a quella ufficializzata, priva del benché minimo senso critico. Vediamo quindi di analizzare ogni aspetto mistificato del personaggio Tesla, che un sano senso critico dovrebbe prendere in considerazione prima di generare scalpori e sensazionalismi infondati attorno alla sua figura. TESLA “L’UMANITARIO” La figura sentimentalizzata di Nikola Tesla proviene da quel fantomatico idealismo umanitario insito in ognuno di noi, sempre pronto a combattere l’establishment governativo per il beneficio di tutta la società umana. Ciò non toglie che, contrariamente a quanto vorrebbe far apparire il movimento “mystique”, Tesla era innanzitutto un ingegniere. L’ignegneria fu la sua educazione e la sua “consumante passione” l’ossessiva pratica odierna nello studio e nello sviluppo delle sue invenzioni, e solo incidentalmente, Tesla, poteva in cuor suo aver sperato che le sue invenzioni avrebbero potuto un giorno far compiere all’umanità un balzo verso la pace, l’abbondanza e il comfort, e ad un uso più efficiente dell’energia. Ma perché ho scritto incidentalmente? Tesla era indubbiamente un idealista, ma ‘idealismo’ non è affatto sinonimo di ‘filantropia’, come spesso i teorici del complotto e il movimento “mystique” tendono ad associare. Anche Hitler era un ‘idealista’ e un grande ‘filantropo’, a modo suo ovviamente, e ciò è espresso molto chiaramente nel suo testo di propaganda Mein Kampf, ciò non toglie che il suo mondo ‘ideale’ avrebbe dovuto fare a meno di coloro che considerava “ratti”. La passione idealistica di Tesla era molto poco orientata all’altruismo e tutta concentrata assolutamente nei confronti dell’ingegneria. Egli infatti sosteneva che solamente le infinite possibilità offerte dalle macchine potevano condurci alla nostra ultima e logica conclusione evoluzionaria. Tesla aveva un incorreggibile rispetto per i suoi istinti intuitivi, perciò rispettiamo Tesla innanzitutto per il suo personaggio. Ma non è sufficiente. La “mystique” necessita per forza di cose dei paragoni con la santità. Lo spirito inventivo di Tesla lo spingeva senza tregua, spesso inconsapevolmente, verso gli interessi di quel sistema ‘elitario’ che oggi viene scrupolosamente additato e denunciato da un’altra grande Multinazionale: la Cospirazionismo Spa. Un movimento di burattini e burattinai volto allo sconvolgimento e al sovvertimento delle regole imponendo, guardacaso, altre regole. Il sogno di Tesla, come ultima realizzazione del suo sistema wireless, era quello di un “Unico Sistema Mondiale” centralizzato. Infatti, la Torre costruita a Wardencliff (vicino a Shoreham, Long Island) doveva essere il prototipo di un trasmettitore-amplificatore che assieme ad altri sparsi per il mondo avrebbe di fatto costituito la base di un network di comunicazione globale, creato appositamente per incentivare i collegamenti telefonici, il telegrafo, le comunicazioni di borsa e persino il FAX, così come voce e musica su scala globale… In altri termini, un sogno dal carattere prettamente monopolista e assai poco rivolto al liberalismo nel bene della collettività. Il trasmettitore-amplificatore di Wardencliff avrebbe anche avuto il potenziale di propagare l’energia elettrica sul pianeta senza l’utilizzo dei cavi, ma questo potenziale non venne mai esposto nella sua brochure che promozionava il suo progetto di un “Sistema Mondiale”: brochure che fu messa nelle mani di ricchi imprenditori e banchieri, e non nelle mani di normali cittadini coscienziosi, i quali avrebbero potuto benissimo unire gli sforzi e aiutare “l’umanitario” Tesla a realizzare i loro sogni. Ma il mondo, come ben sappiamo, non è in mano al popolo e questo non perché esistono i banchieri e i potenti, ma perché il popolo, come un’onda di pensiero disordinata e subordinata ai bisogni e ai desideri materiali immediati, non è assolutamente consapevole del suo potere organizzativo. E quando cerca di organizzarsi per cambiare le cose, finisce che non cambia un bel nulla e s’affloscia come un palloncino sgonfio. Tesla quindi, pubblicizzò il suo sistema wireless di distribuzione dell’energia elettrica al suo finanziatore J.P. Morgan? Di questo non si trova alcuna traccia storica in nessun dialogo, lettera o articolo di giornale. Perciò la domanda fulcro potrebbe essere: è davvero plausibile che Tesla minacciò il capitalismo attraverso la distribuzione dell’energia elettrica gratuita, fino a spingere Morgan ad insabbiare il progetto come il movimento “mystique” vuole farci credere? Non necessariamente. Solamente il formidabile progetto in se avrebbe potuto spingere Morgan ad abbandonare Wardencliff. Infatti il più grande sogno di Tesla avrebbe condotto il futuro sistema radiofonico a una centralizzazione globale difficilmente ottenibile persino ai giorni nostri, e a quel tempo non esisteva alcuna struttura istituzionale multinazionale, corporativa o governativa sulla quale fondare questo tipo di sistema. Al volgere del secolo, la JP Morgan avrebbe potuto certamente sognare globalisticamente ma sarebbero occorsi almeno trent’anni di sviluppo prima di vedere stabilita una rete radiofonica su scala nazionale. Figuriamoci su scala mondiale. La realtà, come dico sempre, supera di certo qualsiasi immaginazione, in particolar modo quando una certa immaginazione sembra essere divenuta, grazie alla propaganda, una realtà comune ed accetata. Il movimento “mystique” vorrebbe quindi donarci l’immagine di un Tesla liberale e umanitario, paladino dei diritti umani e politicamente corretto, ovviamente secondo la moderna etichetta. Sfortunatamente Tesla non corrisponde esattamente a questo modello di personalità. I tecnologici puristi, come Tesla, posseggono una visione drasticamente tendente al meccanicismo sociale. Per lui la società intera era una grande “macchina”, un sistema integrato e come tale necessitava di venire “perfezionato”. Così, vedeva il suo Sistema Mondiale come una forza civilizzatrice e senza mezzi termini lo espresse di suo pugno: “Sarà un sistema altamente efficente di illuminazione delle masse, in particolar modo per quelle nazioni scarsamente civilizzate e poco raggiungibili”. “[...] le leggi generali che governano il movimento nei reami della meccanica sono applicabili anche all’umanità. Vi sono tre modi nei quali l’energia del progesso umano può venire potenziata: Primo, dobbiamo aumentare la massa. Questo concetto meccanico applicato all’umanità significa migliorare le proprie condizioni di vita, attraverso la salute e l’eugenetica. Secondo, dobbiamo ridurre la forza di frizione che impedisce il progresso, come l’ignoranza, l’insanità e il fanatismo religioso. Terzo potremmo arrivare a moltiplicare l’energia della massa umana incatenando le forze dell’universo, come quelle del Sole, dell’Oceano, dei Venti e delle Onde.” In questo contesto, quando Tesla parlò di “illuminazione”, non fece riferimento alla corrente elettrica ma bensì all’indottrinamento educativo (illuminazione), soprattutto per quelle “nazioni scarsamente civilizzate”. Una visione assolutamente poco ‘ribelle’ e ‘liberale’, ma molto compiacente al sistema imperante. Cosa significa per Tesla il termine “civilizzazione”? Leggimolo dalle sue stesse parole: “Nessuna comunità può esistere e prosperare senza una rigida e drastica disciplina. [...] La legge e l’ordine necessitano assolutamente del mantenimento di una forza organizzata e preparata, pronta a schiacciare qualsiasi tentativo di sovvertire l’ordine”. Capito l’antifona? E’ divertente osservare il fanatismo di coloro che oggi sono “contro questo” e “contro quello” e che difendono il nome di Tesla senza nemmeno aver letto un tubo di ciò che egli abbia detto o scritto. Se il suo progetto fosse stato attuato nei termini da egli stesso descritti questi non sarebbero nemmeno venuti al mondo! Tesla, un assoluto credente nelle forze organizzate militari, inventò armi da guerra (navi robotizzate e sottomarini, raggi della morte ecc.) che provò a vendere alla Marina Militare e al Dipartimento della Guerra. Il movimento “mystique” vorrebbe fare quindi di Tesla un “pacifista” perché idealizzò un sistema robotico, meccanizzato e completamente automatizzato, il quale avrebbe dovuto rimpiazzare gli esseri umani con delle macchine durante le battaglie. Un concetto assolutamente speculativo dal momento che di fatto la “guerra” pone le sue fondamenta sul predominio di una razza sopra l’altra, attraverso la morte e la distruzione. Se non vi sono morti come si fa a conquistare un popolo o una terra? Con l’economia direte voi, e di certo la Cina ha ben compreso questo meccanismo. Ma non è l’economia nient’altro che un’altro sistema robotico, meccanicizzato e centralizzato che di fatto schiavizza intere popolazioni? Secondo i beoni della “mystique” potremmo dunque mandare in guerra le macchine, oppure magari giocarci l’esito di una battaglia con una partita di calcio. Sono la stessa cosa no? Tesla in realtà previde un insieme di armi di distruzione di massa e la possibilità che queste fungessero da deterrente per qualsiasi tentativo di sovvertire la pace. In altre parole lo stesso sistema di pacifismo preventivato da Kissinger. Tesla, l’inventore del sistema di controllo remoto wireless, previde l’attuale sistema bellico “teleautomatico” dove dei velivoli Predator, controllati da un bunker localizzato in Nevada, spediscono bombe e missili sull’Afganistan. Tesla, l’ingegnere ‘purista’, confidò nella realizzazione di un’altro spauracchio: “l’ingegneria sociale”, la quale includeva una raffinata selezione razziale attraverso l’eugenetica: “Nell’anno 2100 vedremo finalmente l’eugenetica ben affermata. In passato, la legge che disciplinava la sopravvivenza del più forte è stata soppressa. Il nuovo senso di compassione dell’uomo cominciò ad interferire con lo spietato funzionamento della natura. Di conseguenza, oggi continuiamo a mantenere vivi e ad allevare degli individui che sono inadatti.” “Da qui a un secolo non accadrà mai più che una persona normale possa accoppiarsi con una persona che sia geneticamente inadatta, o che possa sposare un criminale abituale.” “I governi” disse, “dovrebbero prevenire la riproduzione di individui non idonei al sistemaattraverso la sterilizzazione e alla guida deliberata dell’istinto di accoppiamento”. Dall’ultimo lavoro pubblico di Nikola Tesla scritto pochi mesi prima della sua morte: ‘A Machine to End War’ [link] Queste sue parole mi fanno venire in mente la scena iniziale di Minority Report, dove la Precog aprendo gli occhi grida:“omicidioooooooo”. Vi immaginate dunque un sistema di “guida deliberata dell’istinto di accoppiamento” con un Precog rinchiuso dentro una piscina che aprendo gli occhi dice: “scopata non autorizzataaaaaaaaa”… Fermi tutti! Siamo della PRE-CRIMINE SESSUALE, siete in arresto per il futuro tentativo di mescolare i vostri effluvi attraverso un amplesso non autorizzato! Non avete richiesto il modulo 432000 barra bis! Arrestateli! Scherzi a parte, credo possiate constare voi stessi l’entità di ciò che Tesla espresse con le sue parole. Umanitario quindi, oppure totalitario? Decidete voi. TESLA “IL GENIO” E’ garantito. Se il termine genio possiede un qualche significato questo è senza dubbio attribuibile a Nikola Tesla. Il problema semmai è: quanto del significato di una parola può essere espresso se questa diviene un cliché? In una qualsiasi conversazione, quando viene citato il nome di Tesla, se non vi sentirete rispondere un “Chi?”, riceverete entro cinque secondi “Ah, sì! Il grande GENIO!” Provateci. Fatelo e vedrete quanto mi sbaglio. Esiste una biografia di Tesla nel cui titolo non sia presente la parola “genio” oppure una sua variante? Un giornalista di riviste del 1940, John O’Neill, scrisse un panegirico intitolato Prodigal Genius (1946) il quale divenne immediatamente uno standard istituzionalizzato. L’entusiasmo espresso da O’Neill nei confronti di Tesla potrebbe senz’altro essere stato genuino, eloquente e ben ricercato, ma la sua spinta non era altro che un’eco di una vasta campagna pubblicitaria, tutta concentrata nel massimo splendore e apogeo di Nikola Tesla. La biografia di O’Neill, pubblicata ancora oggi, costituisce un precedente promozionale obbligatorio che permea tutte le successive biografie su Tesla, così come tutte le discussioni che trattano l’uomo che rappresentava e il suo lavoro. “Tesla, il grande genio della matematica e della fisica, inventò il concetto di ‘energia del punto zero’.” asserisce Michio Kaku, il teorico delle stringhe, il quale ha autoproclamato se stesso un “genio”. Avrebbe potuto esistere l’era elettrica senza Nikola Tesla? Il movimento “mystique” dice: puoi scommetterci anche le ossa. Ma vi è una ragione ben precisa. Al suo culmine Tesla fu promosso come l’uomo copertina dell’emergente industria elettrica, la quale traeva tutto il suo vantaggio dalla corrente alternata da lui inventata. Non è per nulla un segreto che attorno al 1900 Tesla era famoso quanto Thomas Alva Edison, il quale fu romanticizzato al pubblico (nonché romanzato) da tutta la stampa con il preciso intento di promozionare questa nuova industria, la quale si sarebbe presto sviluppata all’interno di un pacchetto degli onnipotenti monopoli di Samuel Insull ed Enron (!!!). Ovviamente, solo più tardi, i media avrebbero trasformato il loro geniale “cucciolo” in un uomo invisibile, dimenticato da tutti, la cui esposizione venne limitata a qualche conferenza stampa annuale in occasione dei suoi compleanni. La ragione primaria di tutta questa propaganda sulla corrente alternata di Tesla, si mescolava ai bisogni di un sistema industriale che non avrebbe potuto espandersi utilizzando il sistema di Edison della corrente diretta. Ma è discutibile che gli alternatori, i motori e i trasformatori che il sistema necessitava per il suo progresso, avrebbero potuto essere inventati da uno o altri “geni”. Chiunque difenda Tesla o il movimento “mystique” che lo circonda, rabbrividiscono a questo pensiero, poiché ciò viene visto come un evento “impossibile”. Certi sostenitori dell’impossibile, spesso agiscono proprio come degli scettici al contrario, e il tanto bistrattato senso critico va a farsi benedire. Il marchio di fabbrica “Tesla” quindi fu utilizzato dal sistema e di colpo cancellato. Ma questo marchio, a quanto pare, sta vivendo un vero e proprio revival in moltissimi prodotti, inclusa la famosa Tesla Roadster, la quale, con il suo costo di ben oltre i 100.000 dollari non si può di certo definire una “utilitaria”. Che dire poi degli “orologi” di Tesla, i quali promettono senza alcun fondamento l’armonizzazione del campo magnetico umano, ed altre deliranti proposte? Ciò che Tesla ereditò fu una fisica pre-modernista che lo spinse ad esplorare con eccezzionale apertura tutte le possibilità tecnologiche, e potrebbe essere la ragione per la quale molti modernisti, nella loro profonda invidia, sentirono di dover ostacolare le sue conoscenze all’umanità. Altri, ritengono Tesla così assolutamente eccezzionale da dover per forza di cose provenire da un’altro pianeta. Ad enfatizzare ulteriormente questo cliché dello ‘scienziato pazzo’, è un’altra istanza che differenzia il caso speciale Nikola Tesla da tutti gli altri: era strano e possibilimente assolutamente fuori di testa. Così, i biografi, spesso intrattennero i lettori inzuppando i loro testi con ogni genere di eccentricità maniacale: l’eccessivo lavaggio delle mani durante la giornata, la pila di tovaglioli al ristorante Delmonico, il suo rifiuto di stringere le mani ecc. ecc. Tutto questo non fece altro che inscatolare il personaggio di Tesla in un cliché paradossale, in modo che nessuno poté più vedere l’uomo ma le sue manie. A parte il cliché del genio, possiamo responsabilmente descrivere Tesla come il possessore di un intuito eccezzionale, che fosse un sensitivo, uno che nel tempo avesse mantenuto originale l’intuito proprio della natura di bambino? Tutto questo è certamente supportabile se discusso in modo intelligente ed equilibrato. Ad esempio, uno dei lavori che senz’altro gli offre sollievo da questo cliché del genio pervasivo, è il libro Enigma Fantastique di W. Gordon Allen (Health Research). Il libro rivive il parallelismo tra la vita di Nikola Tesla e quella di Rudolf Steiner. Secondo Allen, fu la sua distintiva educazione a renderlo speciale. Alcuni istruttori gesuiti fecero la loro parte così come varie scuole mistiche e misteriche che circolavano nell’Europa orientale nel periodo in cui Tesla studiava a Gruz. Di fatto, cosa che nessuno riporta, Tesla fu un I-NI-ZIA-TO. Tutto ciò gli impose una disciplina “del se” alquanto inusuale la quale spingeva sia il corpo che la mente allo sviluppo di una rigorosa auto-applicazione quotidiana. Ecco le forze distintive di Nikola Tesla. Il cliché del “genio sentimentale” gioca del tutto a suo sfavore e al concetto stesso di “potenziale umano” in generale. Se ci pensiamo bene, il “genio” fine a se stesso, propagandato dai mass-media come “unico al mondo”, è quasi un monito per qualsiasi individuo: “lui era un genio, io sono solo un pirla”, oppure “ciò che lui ha fatto per me sarà impossibile da realizzare, perché lo sanno tutti che lui era un genio e io non lo sarò mai”. In questo modo si ridurrà ulteriormente la possibilità che in futuro il mondo possa partorire altri Tesla, Einstein, Freud e Jung, attraverso l’auto-miglioramento e l’auto-esplorazione delle proprie qualità potenziali, le quali ripeto, sono il frutto di una rigorosa applicazione delle regole che governano la nostra psiche. “CONOSCI TE STESSO”. TESLA “LA VITTIMA” Il cliché della “vittima” attribuito al genio, si adatta perfettamente al ruolo dell’inventore (così come agli scrittori, ai musicisti e agli artisti). Perciò, il movimento “mystique”, vuole il nostro geniale Tesla morto in povertà, dimenticato da tutti in una squallida topaia. Il suo presunto assassinio, di tanto in tanto fa capolino in qualche copione, e il mito vuole che tutto il suo lavoro sia stato soppresso e rubato da quei sobdoli “agenti governativi” dell’FBI. E’ assolutamente vero che, dopo essere stato mollato da J.P. Morgan, Tesla soffrì diverse umiliazioni economiche. Ad esempio, vi sono forti evidenze che fu costretto ad impegnare al Waldorf Hotel gli interessi maturati a Wardencliff, nel tentativo di coprire i suoi debiti. Ma il movimento “mystique” manca di esaltare il fatto che Tesla morì alla veneranda età di 87 anni, non certo un’età troppo prematura per passare a miglior vita, e non era nemmeno in povertà, ma viveva in una stanza d’albergo al New Yorker: un hotel di semi-lusso, il quale non era esattamente il Waldorf ma una degna abitazione per un anziano signore che viveva in una piccola cittadina ricca di ristoranti, negozi e servizi di ogni genere. Il New Yorker era un posto assolutamente decente per un venerabile inventore in arrivo al capolinea della vita. In più potremmo discutere la ragione perché mai non si comprò un’abitazione come tutti quanti, ma viveva in un Hotel di semi-lusso. Questo tratto è assolutamente giustificato per quei tempi, in quanto molte celebrità preferivano vivere in Hotel, poiché questo stile di vita forniva loro una certa esclusività sociale: noi possiamo, tu non puoi; noi siamo i ricchi tu sei la plebe. E Tesla, non era assolutamente incline ad intrattenere dialoghi e conversazioni con persone di poco conto, ma si trovava invece perfettamente a suo agio nella cerchia delle persone che contano. Sulla questione del suo “assassinio”, permettemi di disquisire. Uccidere infatti a sangue freddo un’esile ometto di 87 anni, non si addice di certo ai metodi utilizzati dai cosiddetti “agenti governativi”. Al termine della sua vita Tesla non godeva più della credibilità di qualche decennio prima, e lui stesso contribuì a questo triste successo, soprattutto quando incominciò a dichiarare di aver parlato con i marziani e con le persone morte. Pertanto la sua presunta uccisione a scopo di confisca dei suoi documenti, non è assolutamente giustificata e nessun record storico fornisce anche una sola testimonianza in favore di queste affermazioni. Dopo la sua morte, i documenti di Tesla furono effettivamente confiscati, ma non dall’FBI così come vuole il rabbioso cospirazionista di turno, ma da una divisione operante all’interno dell’Immigrazione definita Division of Alien Property(Divisione delle Proprietà degli Immigrati). Potrebbe essere vero che molte note presenti all’Hotel New Yorker siano sparite, e ci piacerebbe molto poterle studiare, ma posta in questi termini è una distorsione che conduce irrimediabilmente il lettore a porsi lugubri dubbi, mentre invece abbiamo così tante informazioni sulla sua tecnologia, descritta e dettagliata in centinaia di brevetti oggi facilmente accessibili a tutti attraverso Internet. Inoltre esistono centinaia di volumi scritti, i quali collezionano un vasto numero di sue conferenze, brevetti, articoli e ricchi documenti sulla tecnologia Radio intitolati “Colorado Springs Notes”. Vittima? Chiunque abbia investito tempo e danaro nell’incerta arte dell’INVENZIONE, vorrebbe anche solo per qualche istante aver avuto la “sfortuna” di quest’uomo. Sfortuna stimata in decine di milioni di dollari: una cifra che a quei tempi lo rendeva certamente uno degli uomini più ricchi del pianeta. No, Tesla, comparato a quei milioni di creativi che giornalmente rischiano su delle idee che non verranno mai prese in considerazione, quando addirittura queste non finisco depredate all’ufficio brevetti, non può assolutamente portare sulle sue spalle l’appellattivo di “vittima”. Tesla fu un uomo estremamente ricco e che visse il 90% della sua esistenza nell’agio più sfrenato. Sulla questione economica e dei contratti stipulati, Tesla non fu fregato solo da J.P. Morgan, ma anche da George Westinghouse. E’ vero che Westinghouse firmò quel contratto “un dollaro per ogni motore elettrico”, dal quale potrebbe senz’altro aver incassato milioni di royalties su gli alternatori, i motori e i trasformatori da lui costruiti. Ma è generalmente sottostimato il fatto che J.P. Morgan aveva puntato una pistola alla schiena di Westinghouse, il quale era stato precedentemente finanziato, così come Morgan aveva finanziato Tesla, Edison ed altri pionieri dell’industria statunitense. J.P. Morgan era di fatto il link bancario tra la città di New York e quella di Londra, e tali condotti di capitali dall’Europa guidarono l’intera rivoluzione industriale degli Stati Uniti. Se possiamo definire Tesla “una vittima”, lo è stato senza dubbio nei confronti delle scelte che ha compiuto. E’ vero che gli ultimi lavori di Tesla ricevettero una soppressione, ma moltissime delle sue invenzioni finirono sullo scaffale dei brevetti e realizzate nel mercato. Successivamente, è altrettanto evidente che l’intero sistema ha fatto di tutto pur di cancellarne la fama, ma non vi è mai riuscito sino in fondo perché di fatto il nome di Tesla, per paradosso, ha sempre resistito in maniera persistente proprio grazie a quella fama “eccentrica” costruita intorno alla sua figura nei decenni precedenti. Questo almeno fino agli anni ’80, i quali hanno assistito impassibili alla sua “resurrezione”. TESLA: L’ESPERIMENTO PHILADELPHIA E ALTRO FOLCLORE Così come spesso sostenuto dal movimento “mystique”, Tesla ha mai avuto niente a che vedere con il folclore creato attorno al famoso Esperimento Philadelphia? Come tutti sanno la storia dell’Esperimento Philadelphia narra delle possibilità tecnologiche di rendere invisibile alla vista un grosso oggetto (in questo caso un’intera portaerei) per scopi militari. L’esperimento però finì male, racconta la storia, dematerializzando il vascello a Philadelphia per vederlo rimaterializzato, equipaggio compreso (fuso con la nave), alle Norfolk. L’Esperimento Philadelphia è divenuto il baluardo del movimento “mystique” che circonda Nikola Tesla. Infatti la sua tecnologia, anche se non vi sia assolutamente alcun documento che ne comprovi la veridicità, sarebbe vagamente imputata al fenomeno della sparizione avvenuto durante l’esperimento e, ovviamente, lui fu presente a bordo a presiedere a tutte le operazioni tecniche. La cosa divertente è che asserendo queste speculazioni senza fondamento, il movimento “mystique” non si accorge di commettere uno dei più improbabili errori temporali che possano esistere: la storia dell’Esperimento Philadelphia è datata 1944, mentre Tesla morì nel Gennaio del 1943. La tecnologia radio di Tesla ha davvero qualcosa a che vedere con un’altro esperimento governativo definito HAARP? Questo famoso black-project di fatto esiste e come tutti sanno è operativo in Alaska, e si tratta di un progetto basato interamente su un lavoro di Tesla, ma quest’ultimo accennava all’utilizzo di un’emissione a onde lunghe, mentre HAARP è ad onde corte, ossia si sviluppa su una banda di frequenze (3-30 megacicli) che Tesla potrebbe non aver mai esplorato. Anzi, egli stesso assunse persino che queste erano relativamente inefficaci se comparate all’utilizzo di una banda a bassa frequenza (sotto i 500 kilocicli). Un’altro fatto per cui è famigerato l’esperimento HAARP riguarda la stimolazione e il riscaldamento della ionosfera, ma Tesla insisté sino allo stremo sulla sua totale inesistenza, e che se fosse mai esistita non avrebbe avuto assolutamente alcun effetto sulla propagazione radio (dal suo libro “The True Wireless”). Come la mettiamo dunque con le affermazioni fatte da certi gruppi “cospirazionisti”? Ne sanno davvero qualcosa su cosa sia HAARP, oppure sono tutte congetture fine a se stesse pur di gettare fiumi di bit nella rete? Altre voci incontrollate asseriscono che il disastro avvenuto nella foresta Siberiana della Tunguska, rasa al suolo nel 1908 da una grande esplosione, fu provocato dal trasmettitore-amplificatore di Tesla situato dall’altra parte della Terra. Queste voci sono un fenomeno davvero curioso che non cesseranno mai di esistere. Infatti, al movimento “mystique” poco importa se a quel tempo Tesla non avesse alcun trasmettitore-amplificatore con cui giocare, senza calcolare quanto sia difficile immaginare che questo dispositivo fosse dotato di una potenza tale da scatenare esplosioni da ben 15 kilotoni!!! Che dire poi degli UFO e dell’antigravità? Entrambi sono soggetti di discus sione associati a Tesla. Eppure esistono solamente alcune note scritte dall’ingegnere serbo di carattere prettamente speculativo. Infatti, se avesse potuto davvero creare questo tipo di soluzioni, non si spiega come mai alcuni dei suoi velivoli brevettati utilizzano un sistema assolutamente convenzionale per il flusso dell’aria. Alcuni esperimenti di antigravità impiegano alcune bobine di Tesla come alimentatori ad alta tensione, così, alcuni ufologi hanno speculato che i dischi volanti utilizzerebbero una doppia uscita-in-fase fornita da queste bobine. Ovviamente, speculazioni a parte, non vi è nulla di concreto. Tesla viene anche celebrato per il famoso progetto del raggio elettrico che presentò alla stampa come il “Raggio della Morte”. Egli esplorò questa geniale invenzione basata sul “vuoto” con l’ausilio di alcuni prototipi da laboratorio, e i disegni di questo progetto sono presenti nella letteratura contemporanea, ma Tesla non li mise mai al vaglio dell’ufficio brevetti. A una conferenza stampa organizzata in occasione di uno dei suoi compleanni, il raggio della morte venne sensazionalizzato dai media che gli attribuirono un risalto eccessivo e sproporzionato se comparato ad altre invenzioni che invece avevano già trovato posto nell’archivio brevetti. C’è così tanta fantasia, folclore e disinformazione gravitano attorno a questo geniale inventore, che uno scrittore che si avventuri nei meandri della sua intricata storia, difficilmente riesce a trovare una base solida sulla quale appoggiarsi. Pertanto, è idea saggia, buona e giusta entrare in contatto con il background di Tesla gettandosi a capofitto nella sperimentazione diretta, costruendo di prima mano i suoi circuiti, come ad esempio la famosa “bobina”, prima di affermare certe sensazionalistiche conclusioni. Questo tipo di approccio potrebbe aiutare enormemente lo scrittore dal venire consumato dalla propaganda mistificatrice del movimento “mystique”. Infatti, focalizzandoci esclusivamente sulla sua vita e suelle sue presunte manie, non facciamo altro che aprire le porte a questa degradante sofisticazione, speculando ulteriormente sul mito che Tesla rappresenta nel nostro immaginario, mentre invece è richiesta una certa obbiettività e disciplina, poiché praticamente quasi tutta la letteratura presente è stata purtroppo infettata da speculazioni di ogni sorta e prive di fondamento. CIO’ CHE TESLA HA DAVVERO FATTO La seguente lista presenta finalmente in modo dettagliato e senza fronzoli, l’apporto della tecnologia di Tesla alla nostra civilizzazione, secondo l’archivio brevetti: Tesla ha inventato il sistema di alimentazione di 60-cicli a corrente alternata che sfruttiamo ancora oggi; le dinamo, i trasformatori, i motori, i regolatori e le lampade ad arco. Un punto di svolta nel suo lavoro lo si ebbe nel 1891, quando Tesla brevettò il suo Method and Apparatus for Electrical Conversion and Distribution (US Patent n° 462,418), il quale fu il suo primo dispositivo di illuminazione ad alta-frequenza alimentato da un’oscillatore a spinterometro come quello che guida la sua famosa bobina. Nel 1891 incominciò un periodo di grande inventiva che lo condusse a produrre appunto la “bobina di Tesla”, dispositivi radicali di illuminazione privi di filamento, l’elettroterapia, l’alimentazione wireless e, ovviamente, la radio. Anche se molto della lavoro ad alta-frequenza di Nikola Tesla è stato depositato in brevetti, molti di essi non furono mai prodotti mentre altri invece si, come ad esempio la Radio. Infatti, dopo decenni di litigi e contenziosi con l’inventore italiano Guglielmo Marconi, la priorità nella sua invenzione fu decisa dalla Corte Suprema degli Stati Uniti nel 1944 e attribuita totalmente all’inventore serbo. Arriviamo alla cosiddetta “free energy”. Tesla brevettò il concetto di ricevitore di spazio-energia fondamentale nel 1901 (US Patent n° 685,957), la cui funzione sarebbe quella di collezionare l’energia dell’ambiente e convertirla in una pratica trasmissione elettrica. Un esempio tipico dell’applicazione di questa energia sono i pannelli solari elettrici, ma che Tesla avesse progettato con successo qualche simile prototipo realmente funzionante è difficilmente documentabile. Uno dei suoi nipoti scrisse in un documento del 1931 di aver guidato un veicolo personalizzato dallo zio a Pierce Arrow, il quale veniva alimentato da un motore elettrico di 80 cavalli, e che a sua volta non veniva alimentato da un grosso pacchetto di batterie ma da un ricevitore di spazio-energia fondamentale. Questo dispositivo consisteva in un circuito composto da 12 tubi rettificatori a vuoto operativi a catodo freddo, assemblato in una scatola radio-ricevente che misurava 24 x 12 x 6 pollici. Secondo il resoconto, il dispositivo alimentò il pesante veicolo per oltre 50 miglia (circa 80 km) alla velocità di 90 miglia orarie (circa 144 km orari). Durante il tragitto, Tesla avrebbe detto al nipote che il dispositivo “free energy” avrebbe potuto fornire tutta l’energia necessaria ai bisogni di una qualsiasi abitazione, e che l’energia prodotta in eccesso si sarebbe potuta distribuire in più abitazioni diverse. Forse questa storia è vera, o forse no, ma questo è il solo resoconto che abbiamo su questo fantomatico dispositivo, il quale fa parte di un periodo della vita di Tesla del quale si sa molto poco. Concentrandoci sulle note confiscate di Tesla circa le sue centrali di alimentazione spazio-energia, altri successivi inventori hanno potuto dimostrare con successo altri dispositivi similari (Morey, Plauson, Coler, Hendershot, Stubblefield) ma questi hanno ricevuto più punizioni che ringraziamenti per il loro sforzi. Tesla disse: “L’energia elettrica è ovunque, presente in quantità illimitata, e potrebbe alimentare i macchinari di tutto il mondo senza l’utilizzo di carbone, olio, gas o qualsiasi altro combustibile”. Questa sua verità è senza’altro il più grande di tutti i tabù, e l’evidenza più determinante è data certamente dal fenomeno dei fulmini, in particolarmodo di quelli che hanno luogo ad alta quota (sopra le nubi). Quanto riportato è assolutamente affascinante, com’è affascinante affermare che la tecnologia richiesta per mettere in pratica la “free energy” sia ancora immatura e spartana, oppure che essa sia ancora chiusa a chiave nei files segreti del governo in attesa di venire rilasciata. Sì, tutto questo è certamente affascinante, ma solo se ignoriamo i brevetti archiviati e il resto della letteratura disponibile, la quale, se esaminata con cura e dovizia potrebbe rilasciare la conoscenza necessaria a procedere ad uno sviluppo pratico. Se è vero come Tesla disse che l’energia elettrica è presente ovunque e che può essere sottomessa all’uso pratico, allora la scarsità di energia potrebbe diventare un mito… nel frattempo però, occorrerebbe prima liberarsi del mito e del folclore che circonda il suo prezioso lavoro. RISORSE: [1] “Prodigal Genius” by John O’Neal, 1946 (Doubleday). [2] “The Philadelphia Experiment Reconsidered” si tratta di una vera inchiesta critica da parte di uno storico militare. Electric Spacecraft Journal, No. 8 (electricspacecraft.com); il rapporto della Marina si trova su http://www.history.navy.mil/faqs/faq21-2.htm [3] “The Problem of Increasing Human Energy” (Wilder) è uno dei rari discorsi sull’ignegneria sociale di Nikola Tesla. [4] “Tesla’s Pierce Arrow” and his New Yorker Hotel days. L’articolo può essere trovato in Extraordinary Technology, Vol. 1, No. 2. (teslatech.info) [5] “2003 Blackouts”: The American Free Press of 10/20/03 (americanfreepress.com) [6] “Windmills of Light, A Short History of the Radiometer” di Franklin Ellsworth Clarke, Borderlands Journal, 1st Qtr. 1996 [7] “The Life of Sir William Crookes” di Gerry Vassilatos, 1st Qtr. 1998; incluso il Vassilito’s Vril Compendium IV, Electric Ray Technology [8] “The True Wireless” di Nikola Tesla, High Voltage Press (teslapress.com) [9] “The Anti-Gravity Handbook” di David Hatcher Childress [link] Fonte: https://web.archive.org/web/20101220130653/http://www.automiribelli.org/?p=698 FBI shock: Hitler non morì ma fuggì in Argentina http://stranemavere.com/fbi-shock-hitler-non-mori-ma-fuggi-argentina/ È forse l’unico storico al mondo ad aver visitato e filmato l’Estancia San Ramon, una grande fattoria della Patagonia argentina, ai piedi delle Ande, dove Adolf Hitler sarebbe vissuto negli anni Cinquanta. Alessandro De Felice ne è persuaso: «Il Führer non si suicidò affatto il 30 aprile 1945 nel bunker della Cancelleria del Reich, a Berlino, insieme a Eva Braun. Riuscì invece a fuggire in Sudamerica. Visse con l’amante divenuta moglie in questa località impervia, raggiungibile solo in fuoristrada, a una quarantina di chilometri da San Carlos de Bariloche, la città soprannominata “la Svizzera argentina” in cui aveva trovato rifugio anche Erich Priebke, il capitano delle Ss condannato per l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Da lì si spostò dopo qualche anno a Villa La Angostura, a Inalco, 85 chilometri da Bariloche. Morì per un’emorragia cerebrale il 13 febbraio 1962 o nel 1959, come sostiene il mio amico italo-scozzese Patrick Burnside, il maggiore esperto sulla permanenza di Hitler in Patagonia dopo il 1945».
Questo catanese di 47 anni non è uno storico qualsiasi. Il professor Renzo De Felice, considerato il massimo studioso del fascismo, era cugino di suo padre. «Mi considerava un nipote. L’ho frequentato dal 1982 fino alla morte, avvenuta nel 1996. Era in cura da anni per un’epatite C che aveva contratto in Israele. Andavo a trovarlo a Roma, nella sua casa di via Antonio Cesari, al Gianicolo, dove viveva con Attila, un boxer al quale era molto affezionato. Mi ha guidato nei miei studi». De Felice junior s’è laureato in storia contemporanea alla Cattolica di Milano, «con una tesi sulla scissione del Psi avvenuta a Palazzo Barberini nel 1947 per iniziativa di Giuseppe Saragat e sul ruolo dei servizi segreti americani nel finanziare la nascita del Partito socialista dei lavoratori italiani, poi divenuto Psdi, che portò all’estromissione del Pci dal governo e all’adesione dell’Italia alla Nato». Era il 1990 e De Felice sognava una cattedra universitaria. Ma già l’anno seguente capì che non avrebbe mai potuto aspirare alla stessa carriera accademica dell’illustre parente: «Mi misi in contatto col professor Mauro Canali, allievo di Renzo De Felice e docente all’Università di Camerino. Stava indagando sul vero motivo che portò all’uccisione di Giacomo Matteotti. Il deputato socialista aveva scoperto le prove dello scandalo Sinclair oil, una storiaccia di tangenti che coinvolgeva il fascismo e Casa Savoia. Io sono amico del barone Marco Carnazza, nipote di Gabriello Carnazza, originario di Catania, che fu ministro dei Lavori pubblici dal 1922 al 1924 nel primo governo Mussolini. Fornii a Canali i documenti conservati nell’archivio del politico etneo. Carnazza era infatti un imprenditore legatissimo alla holding statunitense Rockefeller-Morgan, collegata alla Sinclair oil. Nel giugno 1925, un anno dopo il delitto Matteotti, la Morgan concesse all’Italia fascista l’apertura di una linea di credito da 50 milioni di dollari che fu fondamentale per la stabilizzazione della lira. Ebbene, consegnai al professor Canali il fascicolo originale dei Carnazza sull’affare Matteotti, pregandolo solo di citarmi. Ma lui nel volume edito dal Mulino si guardò bene dal farlo. Lì tutto mi fu chiaro. Come ci si fa strada negli atenei, intendo. Quando ambivo al dottorato di ricerca, mi fu obiettato: “Lei legge troppi libri”. In Italia non hanno mai indagato sulla tangentopoli della cultura, su come si assegnano le cattedre». Per campare, De Felice ha conseguito nel 2008 all’Università di Siena una seconda laurea, in medicina, ed è diventato un imprenditore nel ramo sanitario. Un vero peccato, perché il gene di famiglia per gli studi storici l’ha ereditato tutto intero, unitamente a una spiccata propensione investigativa. «Quando studiavo alla Cattolica a Milano, frequentavo la biblioteca della Fondazione Feltrinelli, dove spesso incontravo il senatore a vita Leo Valiani. Un giorno non resistetti, mi avvicinai e gli chiesi a bruciapelo: mi perdoni, lei che è stato nel Comitato di liberazione nazionale Alta Italia, mi sa dire come fu ucciso il Duce? Valiani mi scrutò e poi rispose: “La morte di Mussolini è un segreto che è meglio lasciar stare”. Siccome insistevo per saperne di più, aggiunse una frase lapidaria: “Gli inglesi hanno suonato la musica e il Pci è andato a tempo”, con ciò confermando implicitamente che nella fucilazione del dittatore a Dongo giocò un ruolo fondamentale la preoccupazione britannica di non far trapelare nulla circa il famoso carteggio Churchill-Mussolini, che il capo del fascismo portava con sé quando fu catturato dai partigiani e che sparì senza lasciare traccia. Valiani mi raccomandò: “Se lo tenga per sé”. Alla prima occasione lo riferii invece a Renzo De Felice, che scosse la testa: “Non posso scriverlo, perché non mi crederebbe nessuno”. Ma io non mi sono arreso e sono partito da lì per un’indagine sul carteggio Churchill-Mussolini che getta nuova luce anche sulla famosa querela sporta da Alcide De Gasperi contro Giovannino Guareschi, direttore del Candido, quella costata all’inventore di don Camillo e Peppone 409 giorni di prigione. Ci lavoro da otto anni, presto pubblicherò un libro di 600 pagine». Che cosa le fa credere che Hitler sia scappato in Patagonia? «Io non delineo certezze. Pongo dubbi, che sono terreno fertile per coltivare il pensiero. Prima di andare a San Carlos de Bariloche, ero scettico sull’ipotesi della fuga del dittatore e di Eva Braun, sebbene il libro di sir Hugh Trevor-Roper, Gli ultimi giorni di Hitler, non mi avesse affatto convinto. È questo testo il piedistallo storiografico su cui è stata fondata la tesi del duplice suicidio nel bunker di Berlino. Trevor-Roper lavorava per il Military Intelligence britannico e prendeva ordini dal primo ministro Winston Churchill, che voleva dare a tutti i costi all’opinione pubblica mondiale il cadavere del mostro. Per dire della sua attendibilità, è lo stesso storico che nel 1983 autenticò i falsi diari attribuiti al Führer e pubblicati dal settimanale Stern. Trevor-Roper all’epoca dirigeva la casa editrice del Times di Londra». Il cadavere non era di Hitler? «Improbabile. La perizia necroscopica, effettuata dai medici sovietici tra l’8 e l’11 maggio 1945 nella clinica di Buch, alla periferia di Berlino, è un colossale falso storico-scientifico. Nella relazione finale il tenente colonnello Faust Chkaravski e i suoi tre assistenti annotarono, di proposito, alcuni errori grossolani, forse per salvarsi la faccia davanti alla storia. Due le particolarità anatomiche del tutto fasulle attribuite alla salma del dittatore: un dente in sovrannumero e un testicolo mancante». Soffriva di monorchidismo? «Questo hanno voluto far credere. Ma i referti di tre medici tedeschi che avevano visitato Hitler completamente nudo negli ultimi 12 anni attestavano che i suoi organi genitali erano normali. Quanto alla presenza di un quindicesimo dente nella mascella inferiore, essa contrasta con la precisa testimonianza del dentista personale del Führer, il dottor Hugo Blaschke, arrestato dagli americani il 28 maggio 1945. E non poteva trattarsi di un errore di traduzione, perché il numero 15 figurava in caratteri latini». Come si arrivò a quella che lei ritiene una messinscena? «Non solo io. Il 15 giugno 1945 il generale Dwight Eisenhower, nel corso di una conferenza stampa presso l’hotel Raphael a Parigi, dichiarò: “Le ricerche sovietiche non hanno trovato tracce di resti di Hitler, né la prova positiva della sua morte”. Quando alla Conferenza di Potsdam, sempre nel 1945, il presidente americano Harry Truman chiese a Stalin se Hitler fosse morto, il dittatore sovietico rispose senza mezzi termini: “No”. E aggiunse che i gerarchi nazisti erano fuggiti in sommergibile in Spagna o in Argentina. Il segretario di Stato, James Byrnes, per accertarsi che Truman non avesse capito male, dopo il brindisi ufficiale prese in disparte Stalin, il quale gli confermò la risposta. La circostanza venne riferita da Truman in una lettera alla moglie e da Byrnes nel suo libro di memorie Speaking Frankly. Anche il capo del collegio difensivo degli Stati Uniti al processo di Norimberga, Thomas Dodd, ammise: “Nessuno può dire che Hitler sia morto”». Diamo per scontata la messinscena. «Fra i cadaveri trovati nella Cancelleria del Reich i medici russi scelsero i due più carbonizzati, li contrassegnarono con i numeri 12 e 13 e dissero che erano quelli di Hitler e della Braun. Il primo misurava 1,65 metri e il secondo 1,50. Ma Hitler da vivo era alto 1,73 e la sua amante 1,63. Difficile ipotizzare che il fuoco li avesse accorciati in modo così considerevole. Inoltre le radiografie eseguite su Hitler nel 1944 dal dottor Erwin Giesing non collimano con le immagini ai raggi X mostrate dai sovietici. Non basta: i cadaveri, pur rinvenuti nello stesso luogo, risultavano bruciati in modo estremamente diverso e accanto a essi c’erano le carcasse di due cani che però avevano conservato integra la loro pelliccia. Com’è possibile?». Tutte qui le prove del falso storico? «I testimoni tedeschi presenti nel bunker furono trattenuti chi per 10 anni, chi per 15 anni e in questo lasso di tempo furono ripetutamente interrogati. Perché? Se la tesi di Trevor-Roper fosse stata vera, i russi non avrebbero continuato a cercare prove sulla morte di Hitler». Che fine fecero i cadaveri dopo l’autopsia? «Cremati. Le ceneri furono disperse, come riportato a Mosca il 3 giugno 1945 da un rapporto del controspionaggio dell’Armata rossa. Resta una porzione di calotta cranica attribuita a Hitler e conservata presso l’Archivio di Stato della Federazione russa. L’analisi effettuata dal professor Nick Bellantoni, archeologo dell’Università del Connecticut specializzato in ossa umane, ha dimostrato con l’esame del Dna come il reperto appartenga in realtà a un cranio femminile, che però non c’entra nulla neppure con Eva Braun. Rimarrebbe la dentatura, custodita nell’archivio della Lubianka. Ma le autorità russe hanno posto il veto sull’analisi genetica. Il mio amico Patrick Burnside, invitato a Mosca due anni orsono, chiese in diretta tv di poter confrontare il Dna mitocondriale della presunta mandibola di Hitler col Dna dei resti di Paula Hitler, sorella di Adolf, morta il 1° giugno 1960 e sepolta a Berchtesgaden, e di Klara Pölzl, la madre del dittatore, deceduta a Linz il 21 dicembre 1907. Burnside si disse pronto a pagare lui stesso il test per l’analisi comparativa dei vari Dna. Il governo russo non gli ha mai risposto». Mi parli di questo Burnside e di come siete diventati amici. «È un imprenditore e un saggista investigativo, nato nel 1948 a Genova, che da giovane ha vissuto nel Sud Tirolo. Oggi abita a San Carlos de Bariloche, dove c’è ancora il Club Andino, un ritrovo di tedeschi. L’ho conosciuto durante il mio viaggio in Argentina. A presentarmelo è stato Jörg-Dieter Priebke, proprietario di una clinica veterinaria». Parente del novantottenne Erich, agli arresti domiciliari a Roma per il massacro delle Ardeatine? «Figlio. Ma io col padre ho avuto solo un contatto telefonico piuttosto freddo». Continui. «Burnside in Alto Adige conobbe padre Cornelius Sicher, fino al 1970 parroco di Monclassico, vicino al Passo della Mendola. Durante la prima guerra mondiale, questo prete aveva stretto amicizia con l’ammiraglio Wilhelm Canaris, allora comandante di un sommergibile U-boot di stanza a Cattaro, provincia dalmata dell’Impero austro-ungarico. Canaris, che aveva salvato la vita a padre Sicher, con l’avvento del nazismo era stato nominato capo dell’Abwehr, il servizio segreto militare tedesco. Fu strangolato dalla Gestapo per il suo coinvolgimento nel fallito attentato del 1944 a Hitler. I due continuarono a vedersi fino al 1943. E durante uno dei loro incontri Canaris confidò al sacerdote: “Mi ero preparato una via di fuga verso la Patagonia. Ma penso che ne usufruirà qualcun altro”. Si riferiva a Hitler». Che ne sapeva Canaris della Patagonia? «Nel 1914 aveva combattuto nella battaglia delle Falkland contro la Royal Navy britannica. Catturato dagli inglesi, era riuscito a evadere da un campo di prigionia in Cile e aveva attraversato a piedi le Ande, raggiungendo l’Argentina, da dove s’imbarcò per tornare in Germania. Fu durante quella fuga che s’imbatté nell’Estancia San Ramon, di proprietà del barone tedesco Ludwig von Bülow. E decise che poteva diventare il covo ideale in cui sparire dal mondo». Lei l’ha visitata. «Sì, spacciandomi per un agente immobiliare. È un’oasi solitaria, ancora gestita da una fondazione svizzero-tedesca con gli stessi criteri autarchici degli anni Venti, quando Christian Lahusen ne fece una fiorente azienda per la produzione di lana, pellami, frutta, legname, cereali e tannino». Erich Priebke sapeva che il Führer aveva trovato rifugio a una quarantina di chilometri da San Carlos de Bariloche? «Secondo me, no. E neppure Adolf Eichmann lo sapeva. Ogni criminale nazista poteva contare su coperture a compartimenti stagni. Il figlio di Priebke mi ha raccontato d’aver lavorato alla Mercedes Benz di Buenos Aires, dove aveva come capo proprio Eichmann. Ma lui scoprì la sua vera identità solo dopo che gli agenti del Mossad rapirono l’ex comandante delle Ss, trasferendolo in Israele, dove fu processato e impiccato. Senz’altro erano a conoscenza della presenza di Hitler a Bariloche altri due criminali nazisti fuggiti dal bunker berlinese e cioè Heinrich Müller, comandante della Gestapo, e Martin Bormann, segretario personale del Führer, il quale, stando a un rapporto della Cia, era diventato fin dal 1943 una spia del Kgb sovietico». Addirittura. «Ha mai sentito parlare dell’Operazione James Bond?». Vagamente. «Fu un commando dell’intelligence navale britannica agli ordini di Ian Fleming, che nel 1952 diventerà famoso come autore dei romanzi dell’agente 007, a trarre in salvo Bormann dalle macerie fumanti di Berlino. L’operazione venne alla luce solo nel 1996 e finora nessuna autorità del Regno Unito l’ha mai smentita. Bormann sarebbe stato protetto in quanto detentore dei conti bancari cifrati delle vittime del nazismo in Europa nonché delle informazioni sull’avanzatissima tecnologia missilistica del Terzo Reich. I rapporti di Cia e Fbi in mio possesso dimostrano che John Edgar Hoover, il potente capo del Federal bureau of investigation, sguinzagliò i suoi agenti in Sudamerica perché non aveva creduto alla farsa del suicidio di Hitler e del falò wagneriano della salma nel cortile della Cancelleria». (Mi mostra un’informativa dell’Fbi, datata 21 settembre 1945, che parla dell’aiuto fornito da funzionari argentini a Hitler, sbarcato da un sottomarino e nascostosi ai piedi delle Ande). «In una nota “secret classification” della Cia, inviata dalla Colombia il 3 ottobre 1955, un agente scriveva: “Aldoph Hitler is still alive”, è ancora vivo». Hitler arrivò fin laggiù in aereo? «No. E posso dirlo perché il mio amico Burnside è figlio di uno degli ufficiali piloti inglobati nella Luftwaffe che dal 28 al 30 aprile 1945 assicurarono un corridoio aereo libero fra Berlino e la Danimarca per la fuga di Hitler. Il 28 aprile 1945 non vi fu alcun matrimonio nel bunker tra Adolf ed Eva, bensì la partenza su uno Junkers Ju 52, oppure un Arado 234 B, dalla pista di Hohenzollerndamm, con atterraggio nella German imperial Zeppelin base di Tønder, in territorio danese. Da quel punto in avanti si fanno due ipotesi: la partenza in sommergibile verso il Sudamerica oppure un volo verso Reus, base militare spagnola nei pressi di Barcellona, e poi da Reus alla volta delle Isole Canarie, con sosta a Morón de la Frontera, vicino a Siviglia, per rifornirsi di carburante. È il 29 aprile 1945. Con Hitler vi sono la sua amante e il cognato Hermann Fegelein, che aveva sposato Gretl Braun, sorella di Eva, sebbene la storiografia ufficiale lo dia per fucilato su ordine del Führer. E persino la fedele cagna Blondi. All’arrivo nella base nazista di Villa Winter, a Fuerteventura, vi era ad attenderli un U-boot per il trasferimento in Patagonia. Il sommergibile, anzi l’elettrosommergibile, su cui si sarebbe imbarcato Hitler apparteneva alla classe XXI, dotato di attrezzature straordinarie. La presenza in Sudamerica di almeno tre sommergibili tedeschi è avvalorata dal fatto che il 10 luglio 1945 un sommergibile U-530 si consegnò in una base navale di Mar del Plata». Ma quali prove ha per supportare questa rocambolesca ricostruzione? «Le mie fonti sono varie. Tra esse vi è Jeff Kristenssen, alias capitano Manuel Monasterio, che cita Heinrich Bethe, alias Pablo Glocknick, alias Juan Paulovsky, un ufficiale dell’intelligence tedesca di stanza in Argentina sin dal 1939, il quale insieme col medico personale del Führer, il dottor Otto Lehmann, fu accanto al dittatore fino all’ultimo. Secondo Bethe, Hitler sarebbe morto alle ore 15 del 13 febbraio 1962 in una località imprecisata della Patagonia argentina. Era entrato in coma tre ore prima. Burnside non è di questo avviso. A Bariloche ho interrogato anche Abel Basti, giornalista-investigativo, il quale mi ha confermato che nel 1945, tra luglio e agosto, Hitler, accompagnato da non più di sette persone, inclusa Eva Braun, giunse a bordo di un sommergibile tedesco, scortato da altri due, nella baia di Caleta de Los Loros. Infine Burnside mi ha rivelato che a Buenos Aires riuscì ad avvicinare il portavoce di Goebbels nel periodo d’oro del Terzo Reich, Wilfred von Owen, deceduto nella capitale argentina a 96 anni, nel 2008, il quale gli confermò l’approdo in Argentina di cinque sommergibili tedeschi dopo la fine della guerra». Del matrimonio di Hitler che si sa? «Hitler ed Eva Braun si sarebbero sposati con rito cattolico nella cappella dell’Estancia San Ramon dopo l’agosto del 1945. Il matrimonio nel bunker di Berlino, avvenuto il 29 aprile 1945, avrebbe invece riguardato i sosia di Hitler e della Braun: Gustav Weber, una delle due controfigure delle quali il dittatore disponeva, e una donna sconosciuta». Il Führer ebbe figli? «Il primo fu Helmut, nato nel 1935, ufficialmente da Joseph Goebbels e Magda Rietschel, moglie del ministro della Propaganda nazista. In realtà Helmut sarebbe stato il frutto di un tradimento coniugale consumato da Magda con Hitler durante una vacanza sul Baltico. Prima di suicidarsi, i coniugi Goebbels lo avvelenarono insieme con le sorelline Helga, 12 anni, Hilde, 11, Holde, 8, Hedde, 6, e Heidi, 4. Poi ci sarebbe Gisela Hoser, o Heuser, nata nel 1937 dall’atleta tedesca Ottilie Fleischer, detta Tilly: Hitler mise incinta la Fleischer dopo le Olimpiadi berlinesi del 1936. La fonte di questa notizia è Bethe. Il dittatore avrebbe avuto anche una seconda figlia, Ursula, detta Uschi, nata ufficialmente a Capodanno del 1939 in Italia, a Sanremo, da Eva Braun. La gravidanza fu occultata perché Hitler riteneva che il suo ascendente sul popolo tedesco sarebbe scemato qualora non si fosse mostrato totalmente dedito ai destini della Germania. Uschi arrivò all’Estancia San Ramon nel settembre 1945, proveniente dalla Spagna, via Buenos Aires, tramite Hermann Fegelein. Una terza figlia di Hitler e della Braun sarebbe nata morta nel 1943. August Schullten, ginecologo di Monaco di Baviera che aveva seguito la gravidanza, perì in un incidente d’auto quello stesso anno. Nel marzo 1945 l’amante di Hitler concepì un altro figlio. Era già incinta durante la fuga verso la Patagonia. Burnside mi ha confermato che in Argentina sarebbero vissute due figlie di Hitler. Una di loro durante gli anni della dittatura del generale Jorge Videla si presentò al consolato tedesco di Buenos Aires per chiedere d’essere aiutata a espatriare in Sudafrica. Al funzionario che le aveva spiegato di non poter fare nulla per lei, disse: “Ma io sono la figlia di Hitler”». Eva Braun che fine fece? «Dalla fine degli anni Sessanta se ne perdono le tracce». Perché i suoi studi si sono concentrati proprio sulla figura del Führer? «Perché la ritengo centrale nella geopolitica mondiale. La Germania aveva una visione di grande respiro, basta visitare Berlino per rendersene conto. Il lascito peggiore della Resistenza è stato quello d’aver irrimediabilmente condannato l’Italia a una dimensione provinciale della storia. Siamo ancora fermi alle categorie fascismo e antifascismo, mentre nella seconda guerra mondiale erano in gioco interessi che travalicavano l’aspetto ideologico. Crediamo che la Gran Bretagna sia intervenuta nel conflitto per ridare la libertà all’Europa, senza renderci conto che per tre secoli l’unica preoccupazione del Regno Unito è stata la salvaguardia delle rotte marittime verso le colonie da cui importava le merci che venivano rivendute al mondo intero a prezzi quadruplicati». Ma lei è un nostalgico? «No. Destra e sinistra dal mio punto di vista non hanno alcun significato, le considero categorie vuote. Per me il fascismo fu un fenomeno di sinistra, totalitario, un’eresia comunista. L’unico Pci che abbiamo avuto in Italia è stato il Partito fascista repubblicano durante la Rsi. Vedo un filo rosso che lega il giacobinismo della rivoluzione francese sia al comunismo che al fascismo e al nazionalsocialismo». Allora come si definirebbe? «Uno studioso solitario chiuso nella sua utopia incomunicabile. Dal greco ou tópos, nonluogo. Quindi uno storico fuori luogo». Da dove parte uno storico? «Dai documenti. Che però, da soli, non parlano mai. Bisogna essere capaci di farli parlare. E dalle testimonianze orali. Io sono andato a cercarle a spese mie. La rivoluzione culturale in Italia comincerà quando i professori universitari apriranno una partita Iva per rilasciare le fatture e i loro studi storici se li pubblicheranno e se li venderanno da soli, online o su carta, come faccio io. Purtroppo la civiltà dell’immagine ha affossato la ricerca delle fonti: tu puoi scrivere chilometri di fatti, come accadde durante la prima guerra del Golfo, poi arriva il filmato di un cormorano incatramato di petrolio e li spazza via in un baleno. La Tv è una gomma: cancella tutto. Stimola l’emotività, non la razionalità». Ma che importanza ha stabilire se Hitler si suicidò oppure no? A quest’ora è comunque morto. «Non saprei. Però attesterebbe ciò che è sotto gli occhi di tutti, credo: sulla seconda guerra mondiale, più andiamo avanti e meno ne sappiamo». (596. Continua) [email protected] Preso da:http://www.ilgiornale.it/news/hitler-scapp-patagonia-su-sommergibile-ho-visto-dove-s-era.html L’ingegnere italiano Lorenzo Errico rifacendosi ai progetti di Stanley Meyer ha costruito un’auto eccezionale ibrida che dopo l’avvio riesce a fare UN KILOMETRO per UN MILLILITRO d’acqua usata. Ecco il comunicato stampa dell’ingegnere che annuncia l’imminente uscita sul mercato e i risultati straordinari:
Per approfondire la tecnologia ed essere informati per l’istallazione sul proprio veicolo vedi http://www.hydromoving.com/ Biografia di Lorenzo Errico Lorenzo Errico, nato nel 1950, mostra sin da giovane una profonda passione per le materie scientifiche ed in particolar modo per l’Elettronica. A dodici anni , da autodidatta, comincia ad applicare le proprie conoscenze pratiche di elettronica, lavorando attivamente alla realizzazione di un sistema salvavita , molto artigianale. Nel 1974/75 , terminato il ciclo naturale degli studi, sviluppando in maniera esponenziale la sua passione e le sue conoscenze cominciò a metterle in pratica, ottenendo riconoscimenti molto importanti, relativi alle sue sperimentazioni nell’ambito dell’Elettronica e della Meccanica. Nel 1975, comincia a progettare e costruire impianti e apparecchiature per trasmissioni via radio ad Alta frequenza, riuscendo a divenire in breve un riferimento per qualità e affidabilità in tutta Europa, che in maniera molto silenziosa iniziava il suo cammino verso la liberalizzazione delle frequenze radio e televisive, già avvenuta in Italia. Seguono in maniera cronologica , impianti radio e televisivi all’avanguardia, apparecchiature ricetrasmittenti per il servizio radiomobile sulle frequenze indicate dalla legge, per le grosse aziende con grandi flotte di automezzi, telefoni a largo raggio ed impianti satellitari, i primi in Italia con parabole da 4,5 metri di diametro . Nel 1981 realizza il primo impianto a controllo elettronico d’Iniezione d’acqua su una vettura Saab 9000 Turbo Sport , incrementando notevolmente potenza e fluidità al motore della stessa vettura, dando inizio ad una distribuzione capillare di una centralina modificata per vetture Saab Turbo che rimodulava la potenza da 185 cv a circa 250 cv, senza alcun effetto collaterale per la vettura. Dal 1984 fino all’anno 2001, una bellissima fabbrica di UPS, ha coronato la passione di progettista elettronico a 360 Gradi. Il progetto , allo stato embrionale a partire dall’anno 2005 ” matura ” nel 2007 ,dopo avere approfondito , sperimentato e replicato tutto ciò che di Elettrolisi era stato sperimentato in tutto il mondo , in primis, seguendo e imparando a memoria tutti i Patent ( Brevetti) del grande Stanley Meyer, e di tutti gli americani che si erano cimentati in questa bellissima branca della Chimica / Fisica. Nell’anno 2009 , fu interpellato dalla Marangoni, in persona del suo referente per i progetti di Tuning il sig. Simone Neri della TRC ITALIA, che credendo fortemente , in questa innovazione, si adoperò tantissimo per l’installazione di un Kit HH-O su una vettura Nissan 370 Z, fino ad allora a Lorenzo sconosciuta. Il successo a livello internazionale è stato acquisito con un nuovo sistema poi denominato ” HYDROMOVING “, e realizzato per Nissan Europe su una vettura Ufficiale Nissan 370 Z -Hydromoving system. Lorenzo Errico è lo Stan Meyer italiano, l’inventore del motore ad acqua morto in circostanze misteriose L’elettrolisi avviene a bordo dell’auto, senza la necessità di accumulare l’idrogeno in bomboloni, quindi evitare di avere una bomba sotto il sedere. La macchina percorre 184 Km circa con 4 litri d’acqua. Stan, riceveva delle minacce…inoltre, non voleva vendere la sua invenzione all’Arab Oil Corp.s. I militari volevano usare la sua invenzione per i loro mezzi. Fu avvelenato nel marzo del 1998: fu ritrovato in un parcheggio, nei pressi di un ristorante, nella sua città natale, di Grove City, Ohio. Preso da www.dionidream.comI Funzionari Di Alto Livello Degli Stati Uniti Sono Solo Dei Vassalli Servili al Vaticano Qui sotto trovate un articolo del 2006 di Greg Szymanski che parla del controllo del Vaticano e dei gesuiti sui governi statunitensi di George W. Bush e Ronald Reagan, per arrivare, in seguito, fino alla vera e propria fondazione vaticana degli Stati Uniti. Di Greg Szymanski 9 novembre 2006 traduzione: http://nwo-truthresearch.blogspot.it George W. Bush, Skull and Bonesman Luciferino e occupante illegale della Casa Bianca, ha sempre conferito nomine a cattolici romani fedeli al Nuovo Ordine Mondiale diretto dal Vaticano e dai gesuiti. [nota di nwo-truthresearch: sulla Skull and Bones del papa e dei gesuiti si veda questo nostro post.] Anche se gli americani sperano che le recenti elezioni di medio termine forniscano un barlume di speranza, dobbiamo capire che gli Stati Uniti sono in realtà dei vassalli servitori sotto l'immenso controllo del potere e della stregoneria vaticana. Ad esempio, cinque degli otto giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti sono cattolici con la loro prima fedeltà al Papa e alla sua agenda fascista, non all'America. Oltre al corrotto potere giudiziario, gli Stati Uniti vengono utilizzati per sottomettere e distruggere il Medio Oriente per conto del Vaticano, perché molti dei principali leader militari americani sono cattolici romani con la loro prima fedeltà rivolta a Roma, non all'America. Infatti, ognuna delle principali nomine fatta dall'occupante illegale della Casa Bianca e Bonesman Luciferino George W. Bush è stata sempre cattolica romana. Ascoltiamo un ricercatore del Vaticano, che collega i punti tra gli Illuminati, l'amministrazione Bush e il Vaticano, che insieme cercano silenziosamente di distruggere l'America dal suo interno, con menzogne ed inganni: "Esempi includono gli Opus Dei John Robertse Samuel Alito, nominati alla Rota Romana dell'Impero USA, la Corte Suprema degli Stati Uniti; il generale Peter Pace(Vice Presidente dei Capi di Stato Maggiore); Michael Peter Jacksonalle SS del Reich americano, il Dipartimento di Sicurezza Nazionale (in inglese è Department of Homeland Security, l'autore fa il gioco di parole Homeland-Romeland); Alberto Gonzalesnella carica di Procuratore Generale e molti, molti altri." "L'amministrazione dell'ex Presidente Ronald Reagan, membro onorario Shriner e Cavaliere di Malta, fu la più cattolica di tutte, ma credo che l'amministrazione Bush ora detenga il record. L'ex direttore della Cia, il Cavaliere di Malta George J. Tenet, addestrato dai gesuiti alla Walsh School of Foreign Service, per il suo audace atto di tradimento, è stato premiato con una cattedra nella sua università. L'ex direttore della Cia e Bonesman Porter Gossverrà anch'egli premiato per le sue azioni segrete. Non mi stupirò se la Georgetown o la Fordham gli daranno subito una cattedra."[nota dinwo-truthresearch: Porter Goss, capo della Cia dal 24/09/2004 al 21/04/2005, non è stato addestrato dai Gesuiti, ma fa parte di altre due società segrete, la Book and Snakee la Psi Upsilon] "Il dato che l'amministrazione Bush sia prevalentemente cattolica potrebbe essere un'indicazione del fatto che sia stato firmato segretamente un concordato con la Malvagia Sede durante una delle udienze di Bush con l'Anticristo Papale Giovanni Paolo II. Io non lo so per certo." "Recentemente il luciferino Imperatore Bush ha detto che suo fratello Jebè diventato un Cavaliere di Colombo di Terzo Grado. [nota di nwo-truthresearch: da wikipedia: Jeb Bushè un Cavaliere di Colombo di Terzo Grado, a detta di un discorso di George W. Bush tenuto alla 122esima Convention dei Cavalieri di Colombo il 3 agosto 2004 a Dallas, in Texas. Di seguito c'è un estratto del discorso: “Sono orgoglioso di affermare che la mia famiglia abbia contribuito alle vostre file. Alcuni anni fa il governatore Jeb diventò un Cavaliere. Ed egli, sì, di recente ha preso il suo Terzo Grado....”[17]] Anche Al Gore, il massone del 33° grado, Battista del Sud e devoto della dea pagana Gaia, è uno di loro." [nota di nwo-truthresearch: alla pagina 1632 del libro di Phelps Vatican Assassins III ci sono due foto interessanti con relative didascalie: #736: L'Arcivescovo di New York, il Cardinale Edward Egan, New York, 2000 – I candidati presidenziali George W. Bush e Al Gore con il proprio padrone. #737: George W. Bush; il Cardinale Edward Egan e Al Gore, 2000. Come avvenne nel 1963 con il Cardinale Francis Spellman che controllava entrambi i candidati alla presidenza, John F. Kennedy e Richard M. Nixon, così avviene oggi. Scattata al Waldorf-Astoria Hotel di New York durante l'annuale Cena alla Memoria di Alfred E. Smith (Cavaliere di Colombo), possiamo vedere la reverenza dei candidati del partito democratico e repubblicano verso il loro padrone politico, e il potere assoluto esercitato dall'”Arcivescovo della capitale del mondo”. Questo campione del potere temporale del papa, il Cardinale Edward Egan, fu l'agente di fiducia di Giovanni Paolo II che orchestrò gli eventi terroristici dell'11-9 utilizzando i suoi Cavalieri di Malta nel dirigere ogni dettaglio della “black operation” NSA/CIA/FBI.”] "Non importa chi sia scelto come Arcivescovo di New York, la stessa agenda degli empi gesuiti sarà servita dal suo burattino alla Casa Bianca, che non è altro che uno schiavo dei gesuiti della Georgetown University; del loro boss locale, il Cardinale Theodore McCarrick, addestrato dai gesuiti alla Fordham e ordinato sacerdote cattolico dal Cardinale Francis Spellman nel 1958, e del loro boss politico nazionale, il Cardinale Edward Egan addestrato dai gesuiti.” “Naturalmente non avremmo alcun problema con i cattolici impegnati nel governo, se la storia non avesse già dimostrato che le intenzioni del Vaticano e dei gesuiti sono sempre state quelle di distruggere la libertà, non di farla avanzare.“ Qui ascoltiamo ancora un ricercatore dei gesuiti e del Vaticano che collega i punti tra gli alti capi militari, i quali sono stati addestrati presso la gesuita Georgetown e sono connessi ai Cavalieri di Malta, una potente organizzazione che in America è una facciata del potere e del dominio Vaticano sulla politica estera e interna statunitense. “Secondo un discorso del febbraio 2006 del presidente della Georgetown, il Cavaliere di Malta addestrato dai gesuiti e membro del CFR John “Jack” DeGioia, il generale dell'United States Marine CorpsPeter Pace, vice Presidente dei Capi di Stato Maggiore, successore del membro del CFR Richard Meyers, è un alunno della Georgetown, essendo stato “14 anni fa un membro del Seminario di Leadership della School of Foreign Service.”
“Egli è anche ritornato più volte per parlare ai seminari correnti come alunno e ha lodato pubblicamente il programma per il modo in cui esso garantiva agganci e amicizie in tutto il mondo,” ed è stato premiato con la Medaglia di Presidente (gli altri destinatari di questo premio della Georgetown University includono, secondo DeGioia :'Essa è stata donata ai capi di Stato durante le loro visite ai campus, nonchéai tre ospiti di questa sera: il PresidenteAznar, il Segretario Nicholson[SMOM] nel suo precedente ruolo di Ambasciatore presso la Santa Sede, e il senatore Leahy[addestrato dai gesuiti]. Sono molto orgoglioso di aggiungere il GeneralePeter Pace, Presidente dei Capi di Stato Maggiore, a questa lista illustre. Generale Pace, per favore faccia un passo in avanti.') “Lo SMOM DeGioia disse:
'Il nostro motto qui alla Georgetown è “Utraque Unum” o “Entrambe e Una”. E' spesso usato per assicurarci di osservare i due lati delle cose, quindi esso a volte può fare riferimento all'arte e alla scienza, a volte all'anima e al corpo, a volte alla mente e allo spirito. Il motto del Corpo dei Marines è “Semper Fidelis” o “Sempre Fedele.”' 'Posso pregarvi tutti di unirvi a me in un augurio in due parti? In primo luogo al Presidente dei Capi di Stato Maggiore, il generale Peter Pace. Il suo servizio, la sua integrità e lealtà “sempre fedele” come ufficiale congiunto e Marine, come studioso e guerriero, e come ufficiale e gentiluomo, sono dappertutto fonte di ispirazione per i leader. E, in secondo luogo, alla sua splendida moglie Lynne; la sua cura e la sua assistenza verso gli altri all'USO, a favore degli Americani con Disabilità, presso gli orfanotrofi all'estero, e in così tanti altri luoghi di bisogno, mostra che i suoi valori fondamentali sono semplicemente alla pari di qualsiasi marine, e di ogni gesuita.'” Secondo un altro recente articolo, il Generale Pace, nel suo discorso alla John Carroll Society, ha detto: “Mi rivolgo a voi come a chi apprezza...che questo premio sia veramente in previsione di futuri comportamenti”, ha detto Pace E, dopo aver sentito questo discorso, il ricercatore Vaticano chiese: “Potrebbe essere che il vero significato di questa citazione sia che il futuro tradimento delle truppe USA in Medio Oriente venne anticipato dall'addestrato dai gesuiti Pace e dai suoi maestri gesuiti della Georgetown? Penso di si. Egli è stato premiato per la sua obbedienza all'Ordine e per la sua futura complicità nella distruzione delle forze armate statunitensi, la maggior parte delle quali servono inconsapevolmente il Papato.” “Sinceramente credo che l'istruito dai gesuiti Pace, il comandante supremo della NATO James L. Jones, George Casey Jr., Donald Rumsfeld (che abbandonò la Georgetown) e il membro del CFR John Abizaid, saranno molto presto sotto il comando dei loro padroni gesuiti e del loro Council on Foreign Relations tradendo le truppe statunitensi in Medio Oriente. E' inequivocabile la connessione dei gesuiti a questa guerra di annientamento contro i popoli musulmani e, allo stesso tempo, contro i soldati americani, la maggior parte dei quali sono inconsapevoli di essere carne da cannone di una crociata papale guidata dai gesuiti. Non è una coincidenza che questi siano collegati alla Georgetown University, all'Opus Dei e al Council on Foreign Relations.” “Ho il sospetto che Pace sia anche un membro dell'Opus Dei, dato il suo collegamento al sacerdote cattolico istruito dai gesuiti Peter Vaghi, della Chiesa di Little Flower e cappellano della John Carroll Society, della quale sono membri Peter Pace, il giudice capo della Corte Suprema John Roberts (che ha legami con la gesuita Georgetown essendo stato un professore aggiunto a Londra) e il giudice della Corte Suprema Antonin Scalia, istruito dai gesuiti e membro dell'Opus Dei.”http://www.johncarrollsociety.org/new_page_7.htm [nota di nwo-truthresearch: il precedente link non funziona più, in compenso a questo link possiamo trovare Peter Vaghi, Peter Pace e Antonin Scalia nella pagina dedicata ai destinatari della Medaglia della John Carroll Society] Per illustrare come il Presidente Reagan abbia venduto il suo paese ristabilendo le relazioni diplomatiche con il Vaticano, leggiamo questa parte del capitolo 1- Subliminal Rome, dal libro di Tupper Saussy Ruler of Evil: “Quando un giornalista vincitore del Premio Pulitzer annunciò, nella sua storia di copertina di Time Magazine nel 1992, che una “cospirazione” aveva legato Ronald Reagan e Papa Giovanni Paolo II in una “segreta santa alleanza” che aveva portato alla caduta del comunismo, almeno un lettore vide attraverso il filtro della campagna propagandistica. Il Professor Carol A. Brown dell'Università del Massachusetts sparò una lettera ai redattori del Time dicendo: 'La settimana scorsa ho insegnato ai miei studenti la separazione di Stato e Chiesa. Questa settimana ho imparato che il Papa gestisce la politica estera degli Stati Uniti. Nessuna meraviglia che i nostri giovani siano così cinici di fronte agli ideali americani.' Ciò che Brown aveva imparato da Carl Bernstein io l'avevo scoperto da me stesso nell'arco di diversi anni di indagine privata: il papato ha veramente gestito la politica estera degli Stati Uniti, e lo ha sempre fatto. Sì, Bernstein osservò che i principali attori americani dietro al complotto Reagan/Vaticano, erano, uno per uno, dei “devoti cattolici romani” - vale a dire William Casey (Direttore della CIA), Richard Allen (Consigliere della Sicurezza Nazionale), il giudice William Clark (Consigliere della Sicurezza Nazionale), Alexander Haig (Segretario di Stato), Vernon Walters (Ambasciatore Straordinario), e William Wilson (Ambasciatore dello Stato del Vaticano). Ma il giornalista trascurò di dire che pure l'intera Commissione per gli Affari Esteri del Senato era governata da cattolici. In particolare i senatori Joseph Biden (Sottocommissione per gli Affari Europei), Paul Sarbanes (Politica Economica Internazionale, Commercio, Oceani e Ambiente), Daniel P. Moynihan (Affari dell'Asia Meridionale e del Vicino Oriente), John Kerry (Terrorismo, Narcotici e Comunicazioni Internazionali ) e ... Christopher Dodd (Emisfero Occidentale e Affari dei Corpi di Pace). Bernstein fu lontano dall'indicare la lista dei leader cattolici della politica interna americana, come il leader della maggioranza al Senato George Mitchell e il Presidente della Camera Tom Foley. Infatti, quando la storia della santa alleanza raggiunse il successo, non c'era praticamente alcuna arena dell'attività legislativa federale, secondo L'Almanacco Mondiale 1992 della Politica degli Stati Uniti, che non era direttamente controllata da un senatore o un rappresentante cattolico. I comitati e i sottocomitati del Senato degli Stati Uniti e della Camera dei Rappresentanti che disciplinano il commercio, le comunicazioni e le telecomunicazioni, l'energia, la medicina, la salute, l'istruzione e il benessere, i servizi alla persona, la tutela dei consumatori, la finanza e le istituzioni finanziarie, i trasporti, il lavoro e la disoccupazione, i materiali pericolosi, la tassazione, la regolamentazione bancaria, la moneta e la politica monetaria, la supervisione del Sistema della Federal Reserve, i prezzi delle materie prime, i servizi di affitto, l'amministrazione delle piccole imprese, gli affari urbani, gli affari europei, gli affari del Vicino Oriente e dell'Asia del Sud, il terrorismo/narcotici/comunicazioni internazionali, l'economia internazionale/commercio/oceani/politica ambientale, le assicurazioni, gli alloggi, lo sviluppo delle comunità, le garanzie sui prestiti federali, le misure economiche di stabilizzazione (compreso il controllo dei prezzi e dei salari), le transazioni in oro e metalli preziosi, l'industria agricola, animale e forestale, le questioni rurali, la nutrizione, il sostegno dei prezzi, Food for Peace, le esportazioni agricole, la conservazione del suolo, l'irrigazione, il flusso di canalizzazione, il controllo delle inondazioni, le imprese minoritarie, l'ambiente e l'inquinamento, gli stanziamenti, la difesa, le operazioni all'estero, i vaccini, l'etichettatura e il confezionamento dei farmaci, le droghe e l'alcol, l'ispezione e la certificazione del pesce e dei prodotti alimentari trasformati, l'uso di vitamine e saccarina, le proposte nazionali di assicurazione sulla malattia, i servizi alla persona, i servizi legali, le relazioni familiari, le arti e gli studi umanistici, i portatori di handicap e l'invecchiamento – in altre parole, praticamente ogni aspetto della vita secolare in America – passò sotto la presidenza di uno di questi cattolici laici: “La guerra ambientale non è più solo una ipotesi: è già in atto. Ma guai a dirlo, si passa per pazzi.” “Negare l’informazione è già un atto di guerra. Non c’è solo la disinformazione ma c’è una pratica militare che si chiama ‘denial of service’ ovvero si stabilisce che è necessario non solo negare la realtà o l’evidenza, ma negare l’informazione. E questo è già un vero e proprio atto di guerra. Determinate persone o paesi non devono venire a conoscenza delle informazioni e questo può causare catastrofi di proporzioni bibliche, come il devastante tsunami dell’Indonesia. L’informazione sul suo arrivo era disponibile, ma interruzioni nella trasmissione, a causa di anelli mal funzionanti o volutamente non funzionanti, ne ha impedito la comunicazione.” “La bomba climatica è la nuova arma di distruzione di massa a cui si sta lavorando in gran segreto per acquisire vantaggi inimmaginabili su scala planetaria. Alluvioni, terremoti, tsunami, siccità, cataclismi. Uno scenario che purtroppo non è più fantascienza.” “La maggior parte delle persone ritiene inconcepibili certi scenari, in quanto non è al corrente delle progettazioni in materia di tecnologie militari e quindi delle conseguenti implicazioni.” L’INTERVISTA DEL GENERALE http://bestvideoitalia.newsbella.it/video/il-generale-fabio-mini-parla-delle-scie-chimiche/ Il Generale racconta che nel lontano 1946, lo scienziato neozelandese Thomas Leech, lavorò in Australia per conto dell’Università dell’Auckland, con fondi americani e inglesi, per provocare piccoli tsunami. Il “Progetto Seal” ebbe successo, spaventò lo scienziato che interruppe gli esperimenti, e che poi sicuramente sono stati ripresi e perfezionati. “I militari hanno già la capacità di condizionare l’ambiente: tornado, uragani, terremoti e tsunami alterati o addirittura provocati dall’uomo sono una possibilità concreta.” “Nell’ambito militare non esiste una moralità che possa impedire di oltrepassare un certo punto. Basti pensare allo sviluppo e le applicazioni degli ordigni atomici. Non esiste vincolo morale, ciò che si può fare si fa.” Non è solo un problema di mancanza di moralità, ma secondo il Generale si va anche oltre: “La voglia di conseguire un vantaggio spinge ad usare le tecnologie senza fare test a sufficienza. Una possibilità viene messa in atto per verificarne il funzionamento, sperimentandone direttamente sul campo gli effetti.” Con l’articolo su Limes, il Generale aveva già divulgato il progetto dell’Aereonautica Militare Statunitense del 1995. In “Weather as a Force Multiplier: Owning the Weather in 2025” si delineavano i piani non “di possedere il clima”, ma di controllare il meteo, lo spazio atmosferico e condurre operazioni belliche in sicurezza, dice sempre il Generale. “Per esempio, irrorando le nubi con ioduro di argento, altre sostanze chimiche o polimeri, per dissolverle o spostarle. Oggi siamo piuttosto vicini al traguardo del 2025.” Fonte : http://www.nogeoingegneria.com/ Redatto da: http://www.veritaoltreilsistema.com/2014/02/clima-impazzito-no-da-sette-anni-e.html (Visited 16.646 time, 16.588 visit today) L’albero di Graviola viene dal profondo della foresta amazzonica. Ricerche e test di laboratorio hanno dimostrato che con estratti di questa pianta miracolosa è possibile combattere il cancro con una terapia tutta naturale che non causa nausea, perdita di peso e perdita di capelli, proteggere il sistema immunitario ed evitare infezioni mortali, sentirsi più forti e sani durante tutto il corso del trattamento, aumentare l’ energia e migliorare la visione della vita.
In rete basta digitare “natural antibiotics” e si trovano immediatamente valanghe di testi: la Graviola fa miracoli, è una pianta che potrebbe salvarci dal cancro, si legge. La graviola è un alberello tipico delle calde aree tropicali caratterizzato dalle grandi foglie verdi e dai frutti commestibili giallo-verdi, venduti nei mercatini sud americani con il nome di Guanabana ed utilizzati nella preparazione di bevande dissetanti. Tuttavia l’importante utilità della Graviola non è da ricondurre alle proprietà organolettiche dei suoi frutti bensì a quelle terapeutiche del suo tronco, delle sue foglie, delle sue radici e dei suoi semi note alle popolazioni autoctone e utilizzate da secoli per le proprietà astringenti, antibatteriche, analgesiche ed ipotensive. I risultati puramente empirici ottenuti per secoli dalla medicina etnica sono stati già dal 1940affiancati ai primi dati scientifici ottenuti dalla medicina convenzionale, con l’individuazione di particolari principi attivi noti come annonacee acetogenine, protagoniste delle proprietà biologiche di questa pianta. Gli incoraggianti risultati osservati hanno portato in breve tempo ad una florida sperimentazione che conta ad oggi più di 600 studi con ottimi risultati e che purtroppo non è stata affiancata da un altrettanto valido utilizzo in ambito clinico. Il frutto sembra un fragolone verde e il suo sapore è gradevole. E’ un prodotto completamente naturale e non ha alcun effetto collaterale. Questa pianta ha molti benefici anti-cancro. E’ anche un agente antimicrobico ad ampio spettro per le infezioni, sia batteriche e fungine, è efficace contro parassiti interni e vermi, abbassa la pressione sanguigna alta e viene utilizzato per i disturbi della depressione, stress e nervoso. Dal 1976, la Graviola ha dimostrato di essere un killer del cancro immensamente potente in 20 test di laboratorio indipendenti, ma nessuno studio randomizzato e’ mai stato avviato. Uno studio pubblicato sul Journal of Natural Products, a seguito di analoga ricerca condotta dall’Università Cattolica della Corea del Sud ha dichiarato che la Graviola è in grado di uccidere selettivamente le cellule tumorali del colon con una potenza 10.000 superiore al farmaco chemioterapico comunemente usato come la Adriamicina. La relazione dell’Università Cattolica della Corea del Sud afferma che la Graviola ha dimostrato di mirare selettivamente le cellule tumorali, lasciando intatte le cellule sane, a differenza della chemioterapia, che mira indiscriminatamente a tutte le cellule che attivamente si riproducono e che causa gli effetti collaterali spesso devastanti di nausea e perdita dei capelli nei pazienti oncologici. Uno studio della Purdue University di Lafayette (negli Stati Uniti) ha recentemente provato che le foglie della Graviola uccidono le cellule cancerogene tra sei linee di cellule umane e sono particolarmente efficaci contro i tumori della prostata, del pancreas e del polmone. Il Sour Sop (questo il suo nome in inglese) noto in Italia come il frutto della Graviola è dunque un rimedio miracoloso (e naturale) per debellare le cellule del cancro, 10.000 volte più forte rispetto alla chemioterapia. Test di laboratorio effettuati fin dal 1970 hanno evidenziato la sua efficacia nel colpire e uccidere le cellule maligne in 12 tipi di cancro, tra cui quello del colon, del seno, della prostata, del polmone e del pancreas, ed è fino a 10.000 volte più forte nel rallentare la crescita delle cellule tumorali rispetto all’ Adriamicina, un farmaco chemioterapico comunemente usato nella cura del cancro. A differenza della chemioterapia, il composto estratto dall’ albero di Graviola uccide solo le cellule tumorali senza danneggiare le cellule sane. Una major farmaceutica americana ha investito quindi quasi sette anni a cercare di sintetizzare due ingredienti della Graviola anti cancro. Ma non è stato possibile sintetizzare in alcun modo i principi attivi della Graviola contro il cancro. L’originale semplicemente non poteva essere replicato. Non c’era modo con cui la società farmaceutica in questione avesse potuto proteggere i propri interessi, e riavere il denaro investito nella ricerca. Questa società farmaceutica abbandonò quindi il progetto e decise di non pubblicare i risultati della sua ricerca. Ma uno scienziato del team portò alla luce quanto scoperto. Rischiando la sua carriera, contattò una società dedita alla raccolta delle piante medicinali della foresta pluviale amazzonica e denunciò la cosa scatenando roventi polemiche. Il National Cancer Institute ha eseguito la prima ricerca scientifica nel 1976. I risultati hanno dimostrato che le foglie e gli steli della Graviola sono stati trovati efficaci per attaccare e distruggere le cellule maligne. Inspiegabilmente, i risultati sono stati pubblicati in un rapporto interno, ma mai rilasciato al pubblico. Preso da: http://donnemanagerdinapoli.com/2013/01/25/la-pianta-che-combatte-il-cancro-e-di-cui-nessuno-ne-parla/ Lo sfogo di un chirurgo italiano: “La medicina ufficiale non cura… lenisce i sintomi generando nuove malattie”. 2 dicembre 2013 – «La medicina “ufficiale” è falsa ed è solo uno strumento di potere delle Multinazionali della Salute. Essa è incapace di curare le malattie, al massimo lenisce i sintomi apparenti spostandoli su altri organi e generando nuove malattie, che portano il paziente a un circolo vizioso di dipendenza dal sistema sanitario.» La denuncia arriva nientemeno che da un chirurgo ortopedico con vent’anni d’esperienza, di cui quindici in ospedale. Lui è il dottor Giuseppe De Pace e la sua voce è uno sfogo, pubblicato in una lettera aperta sul web, nato da situazioni vissute in prima persona, durante l’esercizio della sua professione, e che lo hanno portato a riflettere sulla metodologia della medicina così come oggi noi la viviamo (e la subiamo). De Pace ha visto morire un bambino di undici anni, affetto da linfoma non-Hogkin, in seguito a una terapia che prevedeva la chemio. «La letteratura internazionale parla di sopravvivenza dell’80% con i nuovi protocolli chemioterapici. Notizia molto confortante anche per me che vivevo per la prima volta da vicino questa esperienza», racconta il dottore. Che poi aggiunge: «L’equivoco nasce dal fatto che se il paziente muore dopo un mese per insufficienza renale o epatica, superinfezioni, etc provocate chiaramente dalla chemio, per la statistica non è morto di linfoma!» Questo perché la visione della malattia “ufficiale” (che poi è più giovane di quella “alternativa”, come l’agopuntura, ad esempio, che ha oltre 5000 anni di storia) tratta il corpo come sistema biochimico, dove a ogni causa segue una conseguenza (il sintomo). Il farmaco serve quindi ad eliminare il sintomo, senza tuttavia risalire alla causa. Come dice il dottor De Pace: «Il concetto di salute non è la non-malattia, come ritiene la medicina ufficiale, ma è un perfetto equilibrio tra mente e corpo.» In sostanza, il corpo rimane malato, ma la malattia si sposta altrove. Prendiamo il caso della chemio, ad esempio. La chemioterapia distrugge il DNA di tutte le cellule che si dividono velocemente. Le cellule cancerogene si dividono rapidamente. Ma anche le cellule del sistema immunitario si dividono rapidamente! La chemio, in sostanza, distrugge anche l’unica cosa che può salvarci la vita! Altro dato interessante: la chemio non distruggerà mai il 100% delle cellule cancerogene. Al massimo potrà eliminare dal 60% all’80% (nel più ottimistico dei casi!) delle cellule cancerogene. Il “resto” del lavoro è svolto dal nostro sistema immunitario. Il bambino affetto da linfoma non-Hogkin morì. Egli è una delle tante vittime della medicina “ufficiale”. Infatti, secondo il Journal of the American Medical Association, le malattie iatrogene (le malattie dovute a terapie mediche) sono al terzo posto tra le cause di morte negli Stati Uniti. Più di 120.000 persone muoiono ogni anno a causa dei famosi “effetti collaterali” dei medicinali. Lo scienziato e ricercatore Bruce Lipton spiega ancora meglio cosa siano questi effetti “collaterali”. «Ogni sostanza che immettiamo nel nostro corpo interagisce con determinate proteine “funzionali”, le quali possono determinare le funzioni di organi o distretti completamente diversi tra loro. Se prendiamo ad esempio una pastiglia per il cuore, i suoi principi attivi possono interagire anche con il sistema nervoso centrale.» Se quindi la nostra pastiglia potrà alleviare i “sintomi” cardiaci, allo stesso tempo rischierà di inficiare determinate funzioni nervose. Questo accade proprio perché la medicina “ufficiale” agisce a livello biochimico e non a livello biofisico. Grazie alla fisica quantistica (ma i cinesi ce lo avevano insegnato già 5000 anni fa!) oggi sappiamo che tutto è energia e – di conseguenza – la nostra salute dipende da un corretto equilibrio energetico. Questa è la visione olistica (e non allopatica), che vede l’uomo e ogni essere vivente nella sua totalità. Così come l’acqua può presentarsi allo stato liquido o gassoso (vapore) o solido (ghiaccio), a secondo della quantità di “energia” presente nelle sue molecole, allo stesso l’uomo è visto come un soggetto costituito di materia, energia e spirito. La medicina “ufficiale” tratta l’uomo solo come qualcosa di materiale, di chimico, tra l’altro con un’attenzione sempre troppo miope: se hai un problema agli occhi, vai dall’oculista; se hai un problema al ginocchio, vai dall’ortopedico. È la stessa conclusione a cui è giunto il dottore Giuseppe De Pace, che abbandonando la medicina “ufficiale” e testando su se stesso un approccio olistico, è guarito da alcune patologie croniche semplicemente riequilibrando il proprio sistema energetico: «Sono stato operato un anno fa di lobectomia tiroidea per ipertiroidismo (!) e condannato, come d’altronde è la regola, a prendere l’Eutirox a vita. Nonostante seguissi scrupolosamente le indicazioni datemi, continuavo a soffrire di dolori muscolari agli arti e di astenia. Ho deciso di cambiare completamente la mia alimentazione (eliminando la carne e gran parte delle proteine animali, immettendo sostanze essenziali e non raffinate, combinando bene gli alimenti), ho eliminato completamente l’Eutirox e gli altri medicinali, rivolgendomi alle sostanze naturali. Il risultato è stato la scomparsa dei dolori muscolari e la normalizzazione dei valori ematici non solo tiroidei.» Una cosa ci piace sottolinearla sempre: il corpo è una macchina perfetta, e dentro di sé è già programmato per auto-guarirsi. A noi è sufficiente solo metterlo nelle condizioni di farlo. Intossicarlo con farmaci chimici che rischiano di squilibrarlo ulteriormente non è l’unica soluzione e nemmeno la più economica o efficace. (Tratto da Terrarealtime)
Il Sour Sop (nome in inglese) o il frutto della Graviola è naturale rimedio miracoloso per debellare le cellule del cancro, rimedio 10.000 volte più forte rispetto alla chemioterapia.
Perché non siamo a conoscenza di questo? Perché alcune grande società volevano recuperare i soldi investiti in anni di ricerca, cercando di fare una versione “chimica” di questo rimedio per la vendita. Molte persone sono morte invano, mentre queste case farmaceutiche tenevano nascosto il segreto della Graviola, incassando milioni di dollari. E’ giusto quindi passare le informazioni corrette ad amici e conoscenti, in modo che al momento del bisogno possano usufruirne, anche come prevenzione. Il sapore è gradevole, è completamente naturale e non ha alcun effetto collaterale. Questa pianta ha molti benefici, ma è rinomata i suoi ottimi effetti anti cancro. Essa è un rimedio provato contro il cancro di ogni tipo. Oltre ad essere un rimedio cancro, la Graviola è un agente antimicrobico ad ampio spettro per le infezioni, sia batteriche e fungine, è efficace contro parassiti interni e vermi, abbassa la pressione sanguigna alta e viene utilizzato per i disturbi della depressione, stress e nervoso. Ecco la storia incredibile dell’albero di Graviola: La verità è incredibilmente semplice: Nel profondo della foresta amazzonica cresce un albero che potrebbe letteralmente rivoluzionare quello che, il medico, e il resto del mondo pensa rispetto al possibile trattamento del cancro e le possibilità di sopravvivenza. Il futuro non è mai stato più promettente. La ricerca mostra che, con estratti di questa pianta miracolosa ora può essere possibile:
Ciò che questi test hanno rivelato era incredibile! Ecco che cosa i test hanno evidenziato:
La Graviola ha dimostrato di essere un uccisore del cancro. Ma è qui che purtroppo ha termine la storia Graviola. La società ricercatrice, ha un problema enorme con la Graviola. Questo albero è del tutto naturale, e quindi, ai sensi del diritto federale, non brevettabile. Non c'è modo di fare profitti con la Graviola. La stessa casa farmaceutica ha investito quindi quasi sette anni a cercare di sintetizzare due ingredienti della Graviola anti cancro. Ma non è stato possibile sintetizzare in alcun modo i principi attivi della Graviola contro il cancro. L'originale semplicemente non poteva essere replicato. Non c'era modo con cui la società farmaceutica in questione avesse potuto proteggere i propri interessi, e riavere il denaro investito nella ricerca. Questa società farmaceutica abbandonò quindi il progetto e decise di non pubblicare i risultati della sua ricerca! Per fortuna, però, uno scienziato del team della ricerca sui benefici contro il cancro della Graviola portò alla luce quanto scoperto. Rischiando la sua carriera, contattò una società dedita alla raccolta delle piante medicinali della foresta pluviale amazzonica e denunciò la cosa. Miracolo! Quando la notizia venne alla luce, scatenò diverse turbolente polemiche. Il National Cancer Institute ha eseguito la prima ricerca scientifica nel 1976. I risultati hanno dimostrato che le foglie e gli steli della Graviola sono stati trovati efficaci per attaccare e distruggere le cellule maligne. Inspiegabilmente, i risultati sono stati pubblicati in un rapporto interno e mai rilasciato al pubblico. Dal 1976, la Graviola ha dimostrato di essere un killer del cancro immensamente potente in 20 test di laboratorio indipendenti, ma nessuno studio randomizzato doppio cieco è mai stato avviato. Uno studio pubblicato sul Journal of Natural Products, a seguito di un recente studio condotto presso l'Università Cattolica della Corea del Sud ha dichiarato che una sostanza della Graviola è in grado di uccidere selettivamente le cellule tumorali del colon con una potenza 10.000 superiore al farmaco chemioterapico comunemente usato come la Adriamicina. La relazione dell'Università Cattolica della Corea del Sud è che la Graviola ha dimostrato di mirare selettivamente le cellule tumorali, lasciando intatte le cellule sane, a differenza della chemioterapia, che mira indiscriminatamente a tutte le cellule che attivamente si riproducono e che causa gli effetti collaterali spesso devastanti di nausea e perdita dei capelli nei pazienti oncologici. Uno studio della Purdue University ha recentemente provato che le foglie della Graviola uccidono le cellule cancerogene tra sei linee di cellule umane e sono particolarmente efficaci contro i tumori della prostata, del pancreas e del polmone. Tratto da un articolo di Juicing Vegetables e Rawforbeauty - Silvia Pepe, Smile Therapy / Fonte: inmodonaturale.blogspot.co.uk Preso da http://www.ecplanet.com/node/3860 Spesso le scoperte più inaspettate nascono dalle curiosità più ingenue. Questa volta la curiosità è stata quella di una studentessa dell’Università di Pavia, laureanda in medicina, che decise di svolgere un’indagine nanopatologica sui vaccini, per ricercare in essi eventuali agenti inquinanti. La scoperta – o meglio: la sorpresa – è stata quella del professor Stefano Montanari (1), laureato in Farmacia, specializzato in Microchimica e considerato tra i massimi esperti europei in nanopatologie, che ha dapprima avvallato la ricerca della studentessa e in seguito, stupito dai risultati che stava conseguendo, ha continuato a svilupparla autonomamente, arrivando a conclusioni inaspettate. «Tutto ciò che si inietta tramite siringa dovrebbe essere prodotto in maniera assolutamente sterile, in un ambiente privo di polvere – spiega il professor Montanari – Inoltre, ogni prodotto realizzato per tale scopo, dovrebbe essere ricontrollato in modo maniacale prima di arrivare sui banchi delle farmacie». Eppure, non va sempre così. Anzi. Va SEMPRE in modo diverso. Continua Montanari: «Abbiamo analizzato 24 vaccini diversi, di diverse case farmaceutiche e con diversa collocazione terapeutica o preventiva. E abbiamo riscontrato che in ciascuno di essi erano presenti microparticelle fatte di sostanze inorganiche non biodegradabili e non biocompatibili, che non dovrebbero assolutamente esserci». Il professore afferma che si tratta di particelle minuscole, grandi da pochi millesimi di millimetro fino a un milionesimo di millimetro appena, che non provocherebbero “reazioni visibili dal punto di vista clinico” ma che, proprio perché minuscole, vengono trasportate dal sangue in ogni distretto del corpo. «E allora è questione di fortuna o di sfortuna – spiega ancora il dottor Montanari – perché, a seconda di dove le microparticelle si depositano, poiché non sono né biodegradabili né biocompatibili, possono provocare conseguenze da non sottovalutare. Se, ad esempio, finiscono nel cervello, possono provocare malattie quali l’autismo». Il professore, sensibile alle conseguenze della sua scoperta, ha provato a informare i produttori di vaccini, ma la sua premura non è stata accolta – per dirla con un eufemismo – con grande entusiasmo. «Nel vaccino Gardasil, oggi molto utilizzato contro il papilloma virus, responsabile del cancro al collo dell’utero, ho rintracciato del piombo. Sono stato a Roma, presso la sede dell’azienda che lo produce, e ho girato anche un servizio televisivo, che però non è mai andato in onda, a seguito delle minacce ricevute dallo stesso produttore televisivo. Nei mesi successivi, sono stato interrogato per ben due volte dai carabinieri, i quali ora hanno tutta la documentazione con i dati delle mie ricerche, ma a tutt’oggi non hanno ancora fatto nulla». Forse la scoperta del professor Montanari è scomoda per qualcuno? La dottoressa Rima Laibow (2), direttrice medica della Natural Solutions Foundation e da sempre impegnata nella lotta contro gli OGM e nella denuncia dei danni creati dalle lobbies farmaceutiche, afferma: «I vaccini sono tremendamente pericolosi e non hanno un background scientifico. Sono nati della frode e perpetrati in essa. Agiscono contro il sistema immunitario. Il loro scopo è fare denaro e creano infertilità, diabete… solo per citare alcuni “effetti collaterali”. Per esempio, la vaccinazione della polio. Ma poi si vede che c’era la polio post vaccino. La polio si è diffusa con la vaccinazione della polio.» La conclusione è che l’industria farmaceutica non fa denaro se noi siamo sani (3). E allora, dove trovare le soluzioni? La dottoressa Laibow propone un approccio olistico e il più naturale possibile alle cure, affermando che una buona alimentazione, quando assicura il giusto apporto di vitamine, minerali e bioflavonoidi, è la migliore arma per mitigare gli effetti delle sostanze tossiche, guarire le cellule malate e rafforzare il corpo. Fonti: (1) http://www.youtube.com/watch?v=cZyt1nm7aSU (2) http://drrimatruthreports.com/ (3) http://saluteolistica.blogspot.it/2013/07/dr-rath-foundation-e-i-150-della-bayern.html Fonte: http://terrarealtime.blogspot.it/2013/12/piombo-nei-vaccini-la-ricerca-censurata.html Preso da: http://www.nocensura.com/2013/12/piombo-nei-vaccini-la-ricerca-censurata.html |
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