Una sorta di protocollo metodologico ormai acquisito a tutti i livelli per affrontare le problematiche dell’organizzazione delle risposte di protezione civile, ovvero la gestione dell’emergenza, l’informazione in situazioni di crisi e l’assistenza alloggiativa in emergenza.
Si tratta di percorsi collaudati per la prima volta in occasione dell’alluvione della Versilia nel 1996, durante la crisi sismica in Umbria e Marche del 1997, e a Sarno nel 1998. Sulla base del Metodo Augustus, un Piano di emergenza viene schematizzato essenzialmente in tre parti: la prima e’ quella della raccolta di informazioni(Dati da Base), la seconda quella dell’individuazione degli obiettivi di salvaguardia da conseguire (Lineamenti della Pianificazione) e finalmente, la terza, quella della realizzazione di un modello vero e proprio di intervento operativo.
Ma il Metodo Augustus ci dice anche come siamo “visti” e “psicologicamente condizionati e manipolati”durante una fase di emergenza. Un manuale da leggere, per essere più consapevoli. Da condividere, e che i rappresentanti politici locali dovrebbero conoscere, nel momento in cui dovrebbero essere i primi difensori dei cittadini che rappresentano.
Dal Metodo Augustus abbiamo estrapolato alcune frasi, che riteniamo meritevoli di maggiore attenzione:
“COMUNICARE COSA DEVE FARE LA POPOLAZIONE:
La popolazione e’ comunque sempre coinvolta nelle situazioni di crisi, sia emotivamente (teme di essere toccata dagli eventi, partecipa ai problemi di chi e’ coinvolto), sia fisicamente (se non ha subito danni, comunque e’ costretta a sopportare disagi).
Questa sua obbligata “partecipazione” si associa prevalentemente a sensazioni di smarrimento e di impotenza. Pochi sono in grado di elaborare autonomamente strategie di risposta all’emergenza e la maggior parte si dibatte tra il rischio di un panico isterico ed irrazionale ed una ricerca ansiosa di aiuto, di riscontri e di punti certi di riferimento. Se la sua controparte istituzionale sara’ sufficientemente autorevole edeterminata, la maggior parte dei cittadini sara’ disponibile ad abdicare alle proprie autonomie decisionali, a sottoporsi a privazioni e limitazioni, ad “ubbidire” alle direttive impartite.”
E ancora:
“L’aver conquistato la fiducia della popolazione portandola ad assumere un atteggiamento di collaborazione e di disciplina, non può essere considerato un risultato finale ed acquisito definitivamente. Quanto può essere accettato nell’immediato manifestarsi della crisi, può essere rifiutato un momento dopo se non si chiariscono le funzionalita’ e le finalita’ delle direttive, se non si diffonde la sensazione che i sacrifici e le privazioni richieste portano a risultati concreti e contribuiscono a migliorare lo stato delle cose… Non solo: qualora il precipitare degli eventi lo rendesse necessario, sara’ più facile imporre una disciplina più ferrea echiedere sacrifici più duri”.
“e’ inutile perdersi in dettagli poco importanti, per esempio parlare della reazione incontrollata di una piccola parte della popolazione (N.d.R. i comitati cittadini, siti/gruppi su web…), quando la comunita’ si e’ comportata, in generale, in maniera corretta”
Sono queste solo alcune delle frasi riportate nel (Metodo Augustus, scaricabile in formato PDF) .
A L’Aquila, lo abbiamo visto in pratica, lo abbiamo “subito”, lo abbiamo denunciato più volte, quando vedevamo, oltre che in molti cittadini e stampa locale, una certa rassegnazione nei nostri rappresentanti politici. Questo articolo non fa altro che riprendere e diffondere nuovamente, per le popolazioni colpite dal sisma in Emilia Romagna, quella strategia che a L’Aquila abbiamo impiegato alcuni mesi a conoscere, e comprendere meglio.
Ma il metodo Augustus in se presenta anche dei capitoli che ci hanno colpito positivamente, frasi importanti, e purtroppo poco applicate nella gestione del post-terremoto dell’Aquila. Eccole:
“Le esigenze connesse alle realta’ socio-economiche ed alle complesse situazioni morfologiche del territorio nazionale, hanno determinato la necessita’ di sviluppare un “sistema di assistenza abitativa” finalizzato adevitare, soprattutto nella provincia, nei centri minori e nelle numerose frazioni ed insediamenti abitativi disseminati sul territorio, lo spostamento delle famiglie interessate da un evento calamitoso dai luoghi di abituale residenza.”
“In particolare e’ da sottolineare il vantaggio di considerare le popolazioni interessate come “soggetti attivi”, in grado di partecipare produttivamente alla ripresa della propria attivita’ commerciale, industriale, agricola ecc., e quindi alla ricostruzione, contribuendo così ad una più rapida ripresa sociale ed economica dell’area interessata da un evento.
E’ da tener presente, inoltre, il problema dello spopolamento delle campagne e dei piccoli agglomerati urbani,soprattutto nelle zone montane, spesso favorito proprio dall’avversita’ degli eventi naturali. La possibilita’ dimantenere le popolazioni, nei limiti del possibile, nei propri territori, rappresenta vantaggi significativirispetto a persone psicologicamente colpite dalla perdita della “Casa” intesa come luogo della memoria e della vita famigliare ma anche come valore fondamentale in termini economici.”
La realta’ aquilana sappiamo quale sia stata, con decine di migliaia di persone trasferite inizialmente sulla costa, e a migliaia allontanate dalla loro residenza. Una realtà, e una strategia, di cui ancora oggi stiamo subendo le conseguenze.
fonte: 6aprile.it