Anche nel caso del Sole si ripete un concetto con il quale abbiamo ormai preso familiarità: l'energia da esso emanata non è sempre la stessa. Il Sole vive cicli regolari di tempeste magnetiche (le macchie solari), che possono essere accompagnati da potenti emissioni di materia e che sono seguiti da periodi calcolabili di quiete. Una macchia solare è una regione più scura sulla superficie dell'astro perché in essa la concentrazione di un forte campo magnetico inibisce il trasporto di energia. Questo significa che una macchia solare è una regione più fredda rispetto ai suoi immediati dintorni; per esattezza, più fredda di circa 1500 gradi Celsius.
Il numero medio di macchie solari presenti sul Sole non è costante ma varia tra periodi di minimo e periodi di massimo. Si definisce ciclo solare la porzione temporale, ampia in media 11 anni, contenuta tra un periodo di minimo e il successivo periodo di minimo.
Ogni ciclo solare attivo ha momenti in cui i flare, violente eruzioni di materia che liberano radiazioni e potenti corrente elettriche nello spazio, sono più forti. La maggior parte delle volte i flare, dopo l'esplosione, ricadono sulla superficie stessa del Sole. Ma questo non si verifica sempre: ci sono casi di flare estremamente violenti, chiamati CME, Coronal Mass Ejection, che vengono sparati via dal Sole come proiettili verso i pianeti. E' facile immaginare le conseguenze della caduta di un CME sulla Terra.
Le macchie solari, osservabili a occhio nudo, sono state studiate fin dall'antichità. Nel 1610, per la prima volta, gli astronomi Johannes e David Fabricius le hanno esaminate utilizzando un telescopio. Dalla metà degli anni Settanta del Novecento sono tenute sotto controllo dai satelliti.
Da quando li si studia sistematicamente, si sono succeduti 23 cicli di attività solare, della durata media di 11 anni ognuno, l'ultimo dei quali è iniziato nel maggio del 1996 ed è cessato il 10 marzo del 2006.
Nel centro di un ciclo solare, fra un minimo e il successivo, le macchie solari raggiungono il periodo di massimo: ne consegue che il periodo di tempo fra un minimo e un massimo solare è solitamente variabile dai cinque ai sei anni.
Il fisico David Hathaway del Marshall Space Flight Center, durante un incontro dell'American Geophysical Union a San Francisco, ha affermato che il ciclo solare numero 24
"ha tutte le carte in regola per essere il più intenso ciclo solare degli ultimi 400 anni".
Ha calcolato che, nel momento di massimo, le macchie solari saranno pari a 160, dandosi un margine di errore di 25 macchie in eccesso o in difetto.
Il ciclo numero 24 potrebbe raggiungere il suo picco proprio nel 2012.
L'analisi di Hathaway è stata confermata anche dal professor Mausumi Dikpati del National Center for Atmospheric Research di Boulder, in Colorado.
Nel 1958 si è registrata una tempesta geomagnetica così forte che le aurore boreali hanno illuminato i cieli a latitudini meridionali come quelle del Messico. A quel tempo, però, non esisteva ancora l'attuale tecnologia nelle telecomunicazioni e la sua diffusione capillare sul pianeta; e a quel tempo non erano in orbita satelliti che le tempeste elettromagnetiche potessero mettere fuori uso: se accadesse oggi quello che è accaduto nel 1958, gli effetti sarebbero sicuramente molto più gravi.
La nostra tecnologia potrebbe tradirci.
Una buona dimostrazione ce l'ha fornita un flare che nel 1989 ha colpito il continente nordamericano bruciando le linee elettriche, facendo saltare le power grid negli Stati Uniti e in Canada e provocando pertanto lunghi blackout di corrente. E si è trattato solo di un episodio.
Che cosa succederebbe se gli episodi fossero molti e ripetuti in breve tempo?
Un assaggio ci è stato dato nell'anno 2005, caratterizzato dall'arrivo sulla Terra di flare estremamente potenti; e il 2005 è stato un anno di minimo solare eppure a settembre si è raggiunta una fase culminante delle tempeste, in una delle settimane più turbolente della storia dell'attività solare documentata.
E' pur vero che il campo magnetico terrestre ci protegge: ma il campo magnetico terrestre si sta indebolendo e potrebbe cessare di essere una valida protezione (per maggiori info sull'argomento leggi questo post).
Se in un periodo di minimo solare si sono verificate tempeste tanto potenti, che cosa accadrà nel prossimo periodo di massimo che potrebbe coincidere proprio con il 2012?
Che cosa accadrà se il campo magnetico terrestre, come sembra, continuerà a indebolirsi?
Quella che si prospetta è una situazione davvero preoccupante ma questo non è ancora tutto.
Secondo i calcoli del fisico quantistico Thomas Burgess il prossimo picco della forza di marea planetaria, quindi sostanzialmente la somma delle attrazioni gravitazionali esercitate dai pianeti sul Sole, si avrà verso la fine del 2012.
La fine del 2012.
Il massimo delle macchie solari, che per un'inquietante coincidenza è previsto anch'esso per quell'anno, aggraverà la situazione, sottoponendo la stella a una sollecitazione estrema. La sinergia della pressione gravitazionale e di quella elettromagnetica che agiscono sul Sole inevitabilmente ne distorcerà e ne tenderà la superficie, scatenando megaeruzioni di radiazione imprigionata. Megaeruzioni che potrebbero anche ricadere su una Terra con un campo magnetico indebolito a tal punto tale da non arginarle.
Sami Solanki, dell'Istituto Max Planck per la ricerca sul sistema solare di Katlenburg-Lindau, in Germania, ha dichiarato che
"attualmente il Sole è più attivo che in qualsiasi altro momento degli ultimi 11.000 anni, con l'eccezione, forse, di alcuni brevi periodi".
Un numero crescente di paleoclimatologi, gli studiosi della storia del clima terrestre del lontano passato, sta giungendo alla conclusione che sistemi complessi come l'atmosfera saltano da uno stato stazionario al successivo con brevi periodi di transizione. Questo significa che il clima potrebbe cambiare radicalmente anche in breve tempo.
Richard Alley, professore dell'Università della Pennsylvania specializzato nello studio dei mutamenti climatici repentini, attraverso l'analisi di carote prelevate dal ghiaccio in Groenlandia ha mostrato che l'ultima era glaciale, conclusasi 10.000 anni fa, ha avuto termine non nella
"lenta deriva del tempo geologico ma al passo rapido del tempo reale, e che l'intero pianeta si riscaldò improvvisamente in soli tre anni".
Se un mutamento climatico altrettanto drammatico dovesse ripetersi oggi, con un pianeta popolato da quasi sette miliardi di abitanti, legati in un'economia globale interdipendente, le conseguenze sarebbero catastrofiche, ben al di là di qualsiasi altro evento catastrofico che la storia umana abbia vissuto.
Il glaciologo dell'Università dell'Ohio Lonnie Thompson da anni sta raccogliendo una massiccia documentazione e riprova del fatto che 5200 anni fa la Terra abbia subito una catastrofe climatica. Attraverso l'analisi di molti elementi, che vanno dagli anelli di crescita degli alberi ai cadaveri umani, dal polline delle piante agli isotopi dell'ossigeno, lo scienziato è giunto alla conclusione che 5200 anni fa un'improvvisa caduta, seguita da un'impennata dell'attività solare, ha trasformato il Sahara da una zona verdeggiante in deserto, ha ridotto le calotte glaciali ai poli e ha alterato l'ecologia globale: 5200 anni fa ci riporta all'incirca al 3100 a.C., un periodo che abbiamo già incontrato nel nostro viaggio. Allora è nata l'antica civiltà del grande Egitto; allora Krishna è morto e ha avuto inizio l'era attuale, il Kali yuga; da allora parte il calendario maya.
Lonnie Thompson è convinto che le condizioni che hanno condotto allo stravolgimento di 5200 anni fa fossero simili a quelle che stiamo sperimentando oggi.
Questo lasso di tempo, 5200 anni, ci ricorda qualcosa... La lunghezza del Lungo Computo maya, al termine del quale ci sarà la fine del mondo o, almeno, la fine di un mondo; quello in cui viviamo.