L'espressione ‛riflesso condizionale' (in russo uslovnyj refleks) è stata proposta dall'insigne fisiologo russo Ivan Petrovič Pavlov (1849-1936) per indicare un tipo di risposte animali simili a un riflesso che non sono innate come tutti i riflessi di cui si occupa la fisiologia del sistema nervoso centrale, ma sono acquisite in seguito a particolari esperienze del soggetto.
Quando questa espressione fu tradotta in inglese, l'aggettivo ‛condizionale' fu sostituito dal participio passato ‛condizionato'; tale termine è apparso appropriato, dal momento che sono stati anche introdotti il verbo ‛condizionare' e il sostantivo ‛condizionamento' per indicare la formazione di un riflesso condizionato. Dal momento che attualmente, nella letteratura americana di psicologia, l'espressione riflesso condizionato si è stabilmente affermata, essa viene usata in questo articolo per facilitare il lettore, sebbene l'antica voce ‛condizionale' sia stata recentemente ripristinata in alcuni ambienti fedeli alla vecchia tradizione pavloviana. In generale, in questo settore di studi, l'esigenza di una terminologia uniforme è fondamentale.
Pavlov concepì l'idea di riflesso condizionato nel 1904, sulla base del suo precedente lavoro sul problema della secrezione delle ghiandole della digestione. Per mezzo di ingegnose operazioni eseguite sul tratto digerente di cani, Pavlov riuscì con successo a descrivere dettagliatamente l'attività di queste ghiandole, in condizioni naturali, in risposta alla digestione di vari tipi di cibo e poté così spiegare i meccanismi nervosi che controllano tale attività. Per le sue ricerche venne insignito del premio Nobel nel 1903.
Nel corso di questi studi Pavlov si dedicò all'esame della secrezione salivare per mezzo di fistole croniche dei dotti delle ghiandole salivari. Egli registrò le risposte salivatorie a vari sapori di cibo o ad altre sostanze introdotte nella bocca del cane. Si trovò presto di fronte a un fenomeno di ‛secrezione psichica', che consisteva nella salivazione del cane non solo al gusto vero e proprio del cibo, ma anche alla sua vista e al suo odore e perfino ai rumori che usualmente precedono i pasti quotidiani.
Pavlov avrebbe potuto facilmente decidere di trascurare tali risposte, considerandole dominio della psicologia anziché della fisiologia. Tuttavia egli agì diversamente, tentando di accostarsi al problema della salivazione psichica da un punto di vista fisiologico e cercando di comprendere da quale meccanismo nervoso centrale tale fenomeno fosse controllato. Poiché Pavlov poté dimostrare facilmente, per mezzo di un particolare tipo di esperimenti, che la salivazione psichica è il risultato di un apprendimento, egli coniò l'espressione ‛riflesso condizionale' per indicare tale fenomeno. Per contrasto, definì ‛riflessi non condizionali' i comuni riflessi innati fino ad allora studiati dai fisiologi.
L'idea di estendere il termine ‛riflesso' alle risposte acquisite fu suggerita a Pavlov dalle seguenti osservazioni: 1) tali risposte, come i riflessi comuni, venivano provocate da stimoli definiti e netti, chiamati da Pavlov stimoli condizionali; 2) in determinate condizioni interne ed esterne dell'organismo la loro manifestazione era regolare e prevedibile come quella dei riflessi comuni; 3) essi erano mediati dal sistema nervoso centrale e in particolare dal cervello. Così, chiamando riflessi tali fenomeni, Pavlov sottolineò il fatto che essi possono essere, e dovrebbero essere, considerati come processi fisiologici, esaminati con metodi fisiologici e interpretati con meccanismi fisiologici. Di conseguenza, egli definì quella parte della scienza che riguarda lo studio dei riflessi condizionati come fisiologia dell'attività nervosa superiore.
La definizione ‛riflesso condizionale' fu spesso criticata e considerata priva di significato da altri scienziati russi che all'inizio del secolo si erano dedicati a studi simili. Così, V. M. Bechterev (1857-1927), uno scienziato russo contemporaneo di Pavlov, propose l'espressione ‛riflesso associativo', per sottolineare che il fenomeno è legato alla formazione di associazioni nell'interno del cervello. I. S. Beritov, un neurofisiologo georgiano, che si dedicò egualmente ad ampie ricerche sui riflessi condizionati, li definì ‛acquisiti individualmente', o brevemente ‛riflessi individuali'. Tale disputa di carattere terminologico è stata ora completamente abbandonata e la definizione ‛riflesso condizionato' ha ottenuto l'approvazione generale.
L'estensione del termine ‛riflesso' alle risposte acquisite o apprese, quali per esempio la salivazione psichica, suscitò inizialmente aspra opposizione da parte di fisiologi e psicologi. I fisiologi affermavano che i fenomeni denotati come riflessi condizionati non avrebbero dovuto riguardare la sfera della fisiologia, dal momento che erano controllati da processi psichici e non fisiologici. D'altra parte gli psicologi erano fortemente contrari all'idea che tali eventi, chiaramente psichici, potessero essere definiti ‛riflessi' e quindi mescolati nello stesso crogiuolo nel quale si trovano processi a carattere automatico, meccanico e inconscio.
Tale disputa, alquanto aspra, sull'espressione ‛riflesso condizionato' ha perso oggi molta della sua violenza per almeno due motivi. Da una parte questa espressione è apparsa molto utile, anche prescindendo dal fatto che possa o meno avere un significato fisiologico. Infatti gli psicologi in generale, e in particolare i comportamentisti, hanno accettato la totalità dei dati sperimentali ottenuti nei laboratori di Pavlov, rifiutando le interpretazioni fisiologiche di questi dati e considerando Pavlov uno dei più eminenti psicologi del nostro tempo, un onore di cui egli non fu molto soddisfatto. D'altra parte, il rapido sviluppo della cosiddetta psicologia fisiologica, campo nel quale la psicologia sperimentale si fonde con la neurofisiologia, ha eliminato i confini tra questi due rami di scienza finora separati. Così, l'idea di chiamare riflessi gli atti comportamentali controllati da processi cerebrali e dotati di aspetti coscienti cessò di essere osteggiata sia dagli psicologi sia dai fisiologi.
2. Metodi e tecniche.
Si può considerare Pavlov il fondatore della fisiologia delle funzioni superiori del sistema nervoso, ora denominata psicologia fisiologica o relazione tra cervello e comportamento, non perché egli sia stato il primo a comprendere la possibilità di interpretare il comportamento animale e umano in base a concetti fisiologici. Da questo punto di vista egli ebbe un certo numero di eminenti predecessori, come il grande fisiologo russo I. M. Sečenov (1829-1905), lo psicologo tedesco W. Wundt (1832-1895), e il neuroanatomico francese J. B. Luys (1828-1895). Si potrebbe anche sostenere che alla fine del XIX secolo l'idea di una dipendenza dei processi mentali dalle funzioni del cervello divenne popolare tra gli scienziati materialisti e fu condivisa da molti filosofi. Pavlov ebbe il merito non tanto di aver anche lui condiviso questa idea, quanto di aver dimostrato come essa potesse essere inserita in una ricerca sperimentale sistematica. Pertanto l'espressione ‛riflesso condizionale' non fu per lui un'idea astratta ma un fenomeno concreto, suscettibile di ricerche sperimentali. Perciò il suo fu il primo metodo sperimentale proposto per le ricerche in questo nuovo campo.
Gli esperimenti furono compiuti esclusivamente su cani (solo più tardi furono usati anche altri animali). Nella prima fase di sperimentazione venne usato uno stimolo condizionato ‛naturale', quello che si era stabilito durante la vita normale di un cane, per esempio la vista della ciotola contenente il cibo. Venne registrata la fuoriuscita di saliva dalla fistola salivare in risposta a questo stimolo. Tuttavia vennero presto introdotti stimoli condizionati ‛artificiali', come il suono di un metronomo, di un campanello, la luce di una lampada, la vista di un oggetto rotante, uno stimolo tattile applicato ritmicamente e altri. Questi agenti erano accompagnati ripetutamente dalla presentazione di una ciotola con cibo; di tanto in tanto essi venivano presentati da soli per osservare la risposta salivare condizionata. In seguito questo metodo fu migliorato, perché si era notato che, se l'inizio dello stimolo condizionato precedeva regolarmente la presentazione di cibo di 10-20 secondi, l'animale imparava a salivare durante questo periodo e la risposta condizionata salivare diventava regolare e costante. La presentazione di uno stimolo incondizionato (come il cibo), che seguiva lo stimolo condizionato, fu chiamata ‛rinforzo' del riflesso condizionato.
Nella fase successiva degli studi sui riflessi condizionati si notò che, per avere un riflesso condizionato in maniera regolare, il cane doveva essere separato dallo sperimentatore e posto in una stanza isolata, mentre gli stimoli e il cibo dovevano essere presentati attraverso un sistema di controllo da lontano. Infine si comprese che la camera nella quale veniva posto l'animale doveva anche essere isolata dai rumori, per evitare i suoni esterni che disturbavano il normale decorso della seduta sperimentale. L'assetto finale delle sedute di routine per i riflessi condizionati prevedeva che ogni giorno il cane con la fistola salivare fosse portato nel laboratorio dallo stabulario e posto sulla piattaforma nella camera silenziosa (v. fig. 1), mentre la capsula per registrare la salivazione doveva essere applicata sulla sua guancia con una cera speciale (la cui composizione fu elaborata dal famoso Mendeleev); a questo punto aveva inizio la seduta. Questa consisteva in diverse prove separate tra loro da un intervallo di circa 5 minuti durante le quali si presentava un determinato stimolo condizionato e del cibo in maniera tale da sovrapporre la loro esposizione per un certo periodo di tempo. Il riflesso condizionato che così si stabiliva fu chiamato riflesso condizionato alimentare.
Nei laboratori pavloviani la presentazione di cibo non era il solo stimolo incondizionato usato come rinforzo per la formazione di riflessi condizionati. Un altro stimolo incondizionato fu l'iniezione di acido cloridrico nella bocca mediante uno speciale apparecchio saldato alla guancia. L'acido produceva pure abbondante salivazione, e, combinando tale stimolo con gli stimoli neutri sopra ricordati, veniva facilmente stabilito il riflesso condizionato all'acido.
Un altro metodo per ottenere un riflesso condizionato, largamente usato in altri laboratori su animali o sull'uomo, consiste nel combinare stimoli neutri con uno stimolo elettrico applicato a un arto. Lo stimolo provoca una risposta non condizionata che consiste nella flessione dell'arto stimolato elettricamente. Durante tale procedimento il soggetto comincia a compiere movimenti di retrazione della gamba in risposta allo stimolo neutro. Questo metodo fu applicato per la prima volta in Russia da Bechterev e Beritov, e negli Stati Uniti da W. H. Gantt, che esaminò sia la risposta condizionata motoria sia quella cardiaca.
Negli Stati Uniti un metodo molto diffuso, introdotto da E. R. Hilgard, consisteva nel combinare la presentazione di uno stimolo neutro con un soffio d'aria diretto sulla cornea. Poiché tale agente suscita una risposta incondizionata di ammiccamento, il soggetto impara a rispondere nello stesso modo a uno stimolo condizionato. Anche questo sistema può essere facilmente applicato ad animali e all'uomo.
Queste sono le tecniche più tipiche di condizionamento, basate sugli stessi principi introdotti da Pavlov. In tutti questi esperimenti uno stimolo neutro, di solito uditivo o visivo, è accompagnato da un qualche stimolo incondizionato capace di suscitare un determinato riflesso incondizionato. Dopo ripetute presentazioni di questa coppia di stimoli, lo stimolo neutro diventa uno stimolo condizionato: esso comincia a dar luogo alla stessa risposta che viene evocata da uno stimolo non condizionato. Dal momento che, di regola, la maggior parte degli stimoli incondizionati produce un gran numero di risposte diverse (vedi, per es., le risposte motorie e cardiache a uno stimolo elettrico), ciascuna di queste risposte può essere utilizzata come segnale di un determinato riflesso condizionato.
Un altro tipo di esperimenti sul condizionamento fu iniziato nella terza e quarta decade di questo secolo. Questi esperimenti si basavano su un lavoro di molti anni prima di un famoso psicologo americano, E. L. Thorndike (1874-1949). Questi insegnò agli animali usati negli esperimenti (gatti) a compiere determinati movimenti col metodo della ricompensa. Ci si accorse ben presto che il tipo di riflesso condizionato basato sulla ‛legge dell'effetto' di Thorndike differisce da quello usato da Pavlov. Di conseguenza vennero distinti due tipi di riflessi condizionati: il tipo introdotto da Pavlov, che venne definito classico o di tipo I o condizionamento rispondente, e quello basato sulla legge dell'effetto che fu chiamato strumentale o di tipo II o condizionamento operante. Dal momento che le espressioni condizionamento classico e strumentale sono oggi alquanto diffuse in letteratura, noi le adotteremo nel presente articolo. Le tecniche sperimentali usate nello studio dei riflessi condizionati strumentali saranno descritte in un capitolo successivo (v. sotto, cap. 6).
3. Caratteristiche dei riflessi condizionati classici.
a) Importanza della sequenza degli stimoli condizionati e incondizionati durante il condizionamento.
Sin dalle prime ricerche sui riflessi condizionati si è intuito che la funzione biologica di questi fenomeni è di preparare l'organismo all'avvento di uno stimolo non condizionato, stimolo che ha un compito definito, positivo (come il cibo) o negativo (come un agente nocivo), per la cenestesi dell'organismo. Tale intuizione, indipendentemente dal fatto che fosse giusta o no, ha influenzato l'intero procedimento degli esperimenti di condizionamento. Il motivo per cui gli stimoli neutri vennero in larga misura utilizzati come stimoli condizionati è dato dal fatto che si riteneva che servissero nella vita come segnali premonitori dell'arrivo di stimoli incondizionati. Questo è anche il motivo per cui l'inizio degli stimoli che devono essere condizionati precedeva sempre l'inizio degli stimoli incondizionati.
Tuttavia, quando si prospettò il problema del meccanismo fisiologico del condizionamento, sorse la questione se il riflesso condizionato si potesse formare quando due stimoli, il neutro e l'incondizionato, erano presentati simultaneamente, o anche in ordine inverso. Questo procedimento è stato chiamato ‛condizionamento a ritroso' (back ward conditioning) per distinguerlo da quello normalmente usato e cioè il ‛condizionamento in avanti' (forward conditioning).
Secondo i dati sperimentali della maggior parte degli autori, l'inizio di uno stimolo che deve essere condizionato deve precedere l'inizio di uno stimolo incondizionato di almeno alcune centinaia di ms, così da permettere la formazione del riflesso condizionato. Quando i due stimoli cominciano a operare simultaneamente o lo stimolo neutro segue quello incondizionato, il riflesso condizionato non può stabilirsi. Sebbene molti altri esperimenti che utilizzavano riflessi condizionati diversi abbiano fornito risultati simili, non vi è tuttavia un accordo completo su questo punto, perché alcuni autori sostengono che in determinate condizioni è possibile un condizionamento a ritroso. Senza approfondire ulteriormente questo problema abbastanza complesso, possiamo accettare che nelle normali condizioni sperimentali si ottiene un riflesso condizionato forte, regolare e attendibile soltanto quando l'inizio dello stimolo da condizionare precede di poco quello dello stimolo incondizionato.
b) L'intensità della risposta condizionata.
Sebbene secondo il principio fondamentale del tipo pavloviano di condizionamento la risposta condizionata sia, per quanto concerne la sua qualità, una fedele replica di una risposta incondizionata, non è così per quanto riguarda la sua ampiezza. Nella maggioranza dei casi, la risposta condizionata è più debole di quella incondizionata e inoltre la sua ampiezza oscilla entro limiti più vasti di quanto non risulti per la risposta incondizionata. Tale regola si è manifestata assai chiaramente nei riflessi condizionati salivari, dal momento che la salivazione è una misura attendibile per i riflessi condizionati e incondizionati. Incidentalmente, l'espressione ‛riflesso condizionale' era stata proposta da Pavlov per sottolineare un grande numero di fattori che determinano l'ampiezza di questo riflesso. Esamineremo ulteriormente alcuni di questi fattori.
1. L'ampiezza del riflesso condizionato dipende dall'intensità dello stimolo incondizionato. Nei riflessi condizionati alimentari tale norma si manifesta attraverso la loro dipendenza dalla porzione di cibo che segue lo stimolo condizionato. Quanto più grande è la porzione, tanto più intensa, fino a un certo limite, è la risposta condizionata. Nei riflessi condizionati all'acido, quanto più abbondante, o quanto più concentrata - entro certi limiti - è la soluzione acida immessa nella bocca, tanto più intensa è la risposta condizionata. Infine, nei riflessi condizionati con uno stimolo elettrico, quanto più intenso è lo stimolo elettrico applicato alla zampa, tanto più intensa e prolungata è la flessione dell'arto prodotta dallo stimolo condizionato.
2. L'ampiezza del riflesso condizionato dipende dall'intensità della pulsione (drive) connessa con un dato stimolo incondizionato. Così, il riflesso condizionato da cibo dipende, per un certo grado, dall'intensità della fame: quando l'animale è parzialmente sazio, la risposta salivare condizionata può essere molto piccola, e perfino assente, sebbene l'animale non rifiuti di prendere cibo e la sua salivazione incondizionata sia normale. La stessa relazione esiste tra la paura e i riflessi condizionati da stimolo elettrico. Se all'inizio della seduta sperimentale il cane è allarmato per aver ricevuto un forte stimolo alla zampa, le sue risposte condizionate aumenteranno per tutta la seduta.
3. Infine, come fu scoperto nei laboratori pavloviani, l'ampiezza dei riflessi condizionati salivari dipende in larga misura dall'intensità e dalla qualità degli stimoli condizionati. Elenchiamo qui le seguenti regole: a) a parità di altre condizioni, quanto più grande è l'intensità fisica dello stimolo condizionato (misurato in decibel, candele, pressione e simili), tanto più grande, entro certi limiti, sarà la risposta condizionata a quello stimolo; b) stimoli intermittenti (quali clicks ripetuti o luce ritmica) producono una risposta più forte che non stimoli continui; c) stimoli uditivi (toni, ronzii, fischi, ecc.) producono di solito nei cani risposte condizionate più marcate che non gli stimoli visivi o tattili; d) stimoli molto forti (cosiddetti sopramassimali) provocano risposte più deboli che non stimoli forti.
c) Caratteristiche degli stimoli condizionati e incondizionati.
Nella maggior parte degli esperimenti sul condizionamento gli stimoli condizionati sono selezionati da un ampio gruppo di stimoli ‛neutri' - quegli stimoli cioè che da soli non svolgono alcuna specifica funzione biologica a vantaggio dell'organismo o della specie.
Inoltre riflessi condizionati si possono stabilire non solo alla presentazione effettiva di questi stimoli, ma anche alla loro terminazione e perfino alle tracce mnemoniche a breve termine, rimaste dopo la sospensione degli stimoli stessi. Per esempio, quando uno stimolo incondizionato è presentato un minuto dopo la fine di uno stimolo neutro, la risposta condizionata apparirà appena prima dell'inizio dell'agente di rinforzo, sebbene non vi sia in quel momento alcun fattore esterno operante. In generale si può affermare che ogni cambiamento nell'ambiente dell'animale o la sua traccia a breve termine può essere utilizzato come stimolo condizionato.
D'altra parte è stato dimostrato che possono servire come stimoli condizionati non solo stimoli neutri, ma anche stimoli incondizionati capaci di suscitare una loro specifica risposta. Molto tempo fa venne eseguito nel laboratorio di Pavlov un esperimento sul cane nel quale una stimolazione dolorosa, che produceva un riflesso incondizionato di difesa, era ripetutamente seguita da presentazione di cibo. Come effetto di tale addestramento, si osservò che la risposta incondizionata di difesa allo stimolo doloroso decresceva gradualmente e questo stimolo cominciava a evocare la risposta alimentare condizionata che consisteva nel movimento della testa verso il portatore di cibo e nella salivazione.
Per quanto concerne gli agenti di rinforzo, è stato dimostrato che essi non vengono reclutati solo dalla categoria degli stimoli incondizionati specifici. Molto tempo fa nei laboratori di Pavlov è stato osservato che quando due stimoli neutri, provenienti da differenti emittenti, venivano ripetutamente accoppiati, uno di essi cominciava a evocare la risposta di orientamento verso l'emittente dell'altro. Inoltre, per mezzo dell'elettroencefalogramma, G. Durup e A. Fessard hanno dimostrato che, se uno stimolo uditivo ne precede uno visivo (luce) che produce desincronizzazione del ritmo alfa, lo stimolo uditivo comincia a provocare lo stesso effetto. Questi dati sembrano indicare che, in realtà, il condizionamento non è altro che la formazione di associazioni fra ogni possibile coppia di stimoli temporalmente vicini.
d) Il problema della localizzazione dei riflessi condizionati.
È ben noto che la maggior parte dei riflessi incondizionati ha luogo nel midollo spinale e nei vari centri sottocorticali. Poiché la parte superiore del sistema nervoso - la corteccia cerebrale - non è essenzialmente coinvolta in questi riflessi, Pavlov avanzò l'idea che questa struttura è l'organo del condizionamento; e che quindi, quando esso viene rimosso, tutti i riflessi condizionati sono aboliti e non possono stabilirsi nuovi riflessi. In effetti l'osservazione di animali nei quali è stata asportata la corteccia cerebrale mostra che tale ipotesi non è lontana dal vero. Già alla fine del XIX secolo un noto fisiologo tedesco, F. L. Goltz (1834-1902), aveva osservato che un cane privato della corteccia cerebrale era ‛stupido' e incapace di essere ammaestrato.
La tesi di Pavlov fu riesaminata in successivi esperimenti i quali hanno dimostrato che, sebbene una buona parte del comportamento appreso dipenda dalla corteccia cerebrale, alcuni riflessi condizionati possono presentarsi o stabilirsi dopo la sua totale rimozione.
Per esprimerci in termini più generali possiamo affermare che, se il condizionamento di Pavlov è considerato un caso particolare di plasticità del sistema nervoso - la quale consiste nella tendenza a produrre mutamenti funzionali di lunga durata, presumibilmente strutturali, prodotti dalla ripetizione di particolari configurazioni di stimoli - allora questa caratteristica non è solo della corteccia cerebrale ma è condivisa da altre parti del sistema nervoso. In effetti è ben noto che le parti più basse del sistema nervoso, compreso il midollo spinale, possono essere responsabili di un cambiamento plastico più primitivo, detto abituazione, che consiste in una graduale diminuzione delle risposte incondizionate evocate dalla presentazione ripetuta di alcune categorie di stimoli.
4. Inibizione dei riflessi condizionati.
a) Inibizione esterna o incondizionata.
Fin dalla fine del XIX secolo si è capito che l'attività del sistema nervoso centrale include non solo processi eccitatori ma anche processi inibitori: il normale funzionamento del sistema nervoso avviene per una intima e armonica cooperazione tra questi due processi.
Il famoso neurofisiologo inglese C. S. Sherrington (1857-1952) ha studiato molto profondamente il ruolo dell'inibizione nei riflessi antagonistici e ha mostrato che il loro carattere piano e regolare, così come la loro alternanza facile e rapida, sono dovuti al fatto che l'attivazione del centro che controlla uno di questi riflessi inibisce il centro che ne controlla un altro.
Pavlov ha dimostrato che questo tipo di inibizione svolge un'importante funzione anche nella formazione di riflessi condizionati, e lo chiamò ‛inibizione esterna' (o incondizionata). Un esperimento tipico che mostra un'inibizione esterna si svolge così: prima dell'inizio di uno stimolo condizionato alimentare si presenta uno stimolo neutro mai offerto in precedenza. Tale stimolo di regola suscita la reazione di orientamento che consiste nel movimento della testa dell'animale verso la sorgente, accompagnato da un moderato sussulto. Si può osservare che la risposta salivare allo stimolo condizionato, preceduto da un nuovo stimolo, è soppressa parzialmente o completamente. L'effetto è dovuto al fatto che il riflesso di orientamento è antagonista del riflesso alimentare.
Quando un nuovo stimolo viene ripetuto diverse volte, il riflesso di orientamento verso di esso diminuisce gradualmente a causa dell'abituazione. Di conseguenza scompare l'influenza inibitoria di questo stimolo sul riflesso condizionato concomitante.
Un altro esempio di inibizione esterna è offerto dall'effetto di soppressione che uno stimolo doloroso esercita sul riflesso condizionato salivare, allorquando lo stimolo condizionato alimentare è preceduto dallo stimolo doloroso. Ciò avviene perché i riflessi difensivi e alimentari sono antagonisti l'uno dell'altro e il riflesso di difesa incondizionato prevale sul riflesso alimentare condizionato. Si dovrebbe tuttavia ricordare che, quando uno stimolo doloroso non troppo intenso precede regolarmente lo stimolo incondizionato del cibo, esso può diventare uno stimolo condizionato alimentare, capace di produrre una risposta di salivazione invece di una risposta difensiva. Tuttavia la risposta salivare a questo stimolo non è così forte come la risposta a stimoli condizionati originati da stimoli neutri, perché il riflesso di difesa allo stimolo doloroso non è completamente inibito ed esercita quindi una qualche influenza inibitoria sul concomitante riflesso alimentare. Sorge a questo punto una specie di compromesso tra il riflesso incondizionato di difesa e il riflesso condizionato alimentare, essendo questi due riflessi evocati dallo stesso stimolo.
b) Inibizione interna.
Mentre l'inibizione esterna non è altro che l'estensione del principio di inibizione antagonista alla sfera dei riflessi condizionati, Pavlov ha identificato un altro tipo di inibizione che non è innata, ma acquisita attraverso un appropriato addestramento dell'animale. Questa venne perciò chiamata ‛inibizione interna', in quanto, in contrasto con l'inibizione esterna, essa si sviluppa entro l'‛arco' del riflesso condizionato.
L'esperimento più semplice, che illustra l'inibizione interna, si svolge nel modo seguente. Quando in un cane si è stabilito il riflesso condizionato alimentare a un certo stimolo, questo stimolo viene in seguito ripetutamente presentato senza il rinforzo del cibo. In conseguenza di questo procedimento la risposta salivare condizionata diminuisce gradualmente e infine scompare. Tale effetto è stato definito come ‛estinzione' e si dice che il riflesso condizionato si è estinto.
Un'altra più complessa forma di inibizione interna si ottiene con la seguente modalità sperimentale. Dopo che si è formato un riflesso condizionato a un determinato stimolo, offriamo a un cane un nuovo stimolo simile a quello precedente, per esempio un tono di diversa altezza, o il ritmo di un metronomo a diversa frequenza. Possiamo osservare che il nuovo stimolo, a causa della sua somiglianza con lo stimolo condizionato, suscita anche la risposta condizionata: questo fenomeno si definisce ‛generalizzazione'. Se, tuttavia, noi presentiamo entrambi gli stimoli a caso, il primo rafforzato sempre dallo stimolo incondizionato e il nuovo senza rinforzo, allora, dopo ripetute presentazioni di entrambi gli stimoli, il primo continuerà a suscitare la risposta condizionata, mentre la risposta al secondo scomparirà gradualmente. Questo processo è stato chiamato ‛differenziazione'.
Un altro tipo di inibizione interna si verifica quando uno stimolo condizionato, che è stato fino a quel momento rinforzato dalla presentazione di cibo entro pochi secondi dal suo inizio, comincia a essere rinforzato con un ritardo via via più protratto, sino a un massimo fisso, per esempio di tre minuti. In tal caso anche la risposta salivare condizionata viene sempre più ritardata e infine inizia soltanto mezzo minuto prima del rinforzo. L'assenza di risposta salivare nella prima fase dell'operazione dello stimolo condizionato è stata chiamata ‛inibizione da ritardo'.
Riassumendo, si può vedere che l'inibizione interna si manifesta quando lo stimolo condizionato non è più rinforzato dallo stimolo incondizionato, o quando il rinforzo è notevolmente ritardato rispetto all'inizio dello stimolo condizionato. Ci si potrebbe domandare se il processo responsabile della graduale attenuazione della risposta condizionata in questi tre casi possa essere definito come inibizione nel senso fisiologico della parola. Le argomentazioni che di seguito sono elencate consentono senza dubbio di fornire una risposta affermativa a tale interrogativo.
1. Non si può attribuire ad attenuazione della risposta appresa (oblio) la diminuzione del riflesso condizionato che avviene in seguito a mancata opera di rinforzo di uno stimolo condizionato. Si può parlare di oblio quando uno stimolo condizionato non è presentato per un lungo periodo di tempo. Nel caso dell'inibizione interna, tuttavia, la situazione è abbastanza differente, perché lo stimolo condizionato continua a essere presentato, ma non viene più seguito dallo stimolo incondizionato. Pertanto in questo caso non ci troviamo di fronte a mancanza di addestramento, ma a un antiaddestramento attivo, il quale suggerisce che alla base di questo processo vi sia inibizione del riflesso condizionato previamente stabilito.
2. Inoltre, il carattere inibitorio della diminuzione di un riflesso condizionato prodotto dalla mancanza di rinforzo è confermato dal fatto che tale diminuzione è del tutto irregolare: anche dopo un certo numero di prove, quando la risposta salivare condizionata è stata completamente estinta, essa può ricomparire nelle prove successive. Tale irregolarità può essere facilmente spiegata come conflitto tra processi eccitatori e inibitori.
3. L'abolizione di un riflesso condizionato dovuta a estinzione, a differenziazione o a inibizione da ritardo può essere annullata temporaneamente quando è presentato un nuovo stimolo neutro (non troppo forte). Tale fenomeno chiamato ‛disinibizione' conferma il carattere inibitorio di questi processi. Inoltre è stato recentemente dimostrato che, dopo alcune lesioni cerebrali, i riflessi condizionati non sono alterati, ma quei riflessi che sono soggetti a inibizione vanno incontro a disinibizione.
Se ammettiamo che l'abolizione della risposta condizionata, dovuta alla mancanza di rinforzo, avvenga a causa del processo inibitorio, si può accettare l'esistenza di due categorie di riflessi condizionati, cioè riflessi condizionati eccitatori, provocati da stimoli condizionati eccitatori, e riflessi condizionati inibitori, evocati da stimoli condizionati inibitori.
Sebbene questo modo di pensare sia stato accettato da tutti gli studiosi del condizionamento che ragionano in termini fisiologici, esso ha trovato forte opposizione tra gli studiosi del comportamento. Alcuni autori rifiutano semplicemente l'uso del termine inibizione perché privo di significato; altri, come il behaviorista americano C. L. Hull (1884-1952), hanno accettato tale termine come una ‛variabile interposta' nel processo di mediazione fra stimolo e risposta, senza attribuirgli un significato fisiologico. Per quanto riguarda i fisiologi, la situazione non è stata migliore. Dal momento che i neurofisiologi sono oggi in condizione di osservare direttamente i fenomeni di inibizione postsinaptica a livello dei singoli neuroni (v. sinapsi: Fisiologia della sinapsi centrale) - e solo in tali casi essi sono disposti ad ammettere la presenza di questi processi - essi sono restii a parlare di inibizione a livello di un comportamento acquisito complesso, nel quale i processi inibitori non sono osservati direttamente. Tale situazione, come pure quella attinente alla nozione di riflesso condizionato, tende oggi a cambiare in rapporto con lo sviluppo della psicologia fisiologica (o neuropsicologia), una disciplina nella quale esperimenti sul comportamento vengono eseguiti in animali in stato di veglia che hanno subito interventi diretti sul cervello. Per esempio, si è notato che, dopo ablazione dell'area frontale della corteccia cerebrale, i riflessi condizionati inibitori alimentari sono drammaticamente disinibiti. Tale risultato sembra suggerire che questa area svolga un ruolo importante nell'inibizione interna.
Le caratteristiche descritte sopra dei riflessi condizionati inibitori indicano che una trasformazione dei riflessi condizionati da eccitatori a inibitori non può essere considerata come una conversione di processi eccitatori in processi inibitori, ma piuttosto come un prevalere di questi ultimi processi su quelli precedenti. In altre parole si può concludere che i fenomeni considerati riflessi condizionati inibitori sono, in realtà, riflessi misti eccitatori e inibitori, nei quali i processi inibitori predominano su quelli eccitatori. Un'altra prova a conforto di questa ipotesi è data dal fatto che se un riflesso condizionato eccitatorio viene completamente estinto, e cioè trasformato in un riflesso condizionato inibitorio, il nuovo rinforzo dello stimolo condizionato per opera di uno stimolo incondizionato ripristina immediatamente il riflesso condizionato eccitatorio, dimostrando così che questo riflesso era rimasto occultato, ma non distrutto.
A questo punto si ripresenta il problema se sia possibile stabilire per un dato stimolo un riflesso condizionato inibitorio ‛primario', praticamente senza l'intervento della componente eccitatoria. L'effettiva formazione di un tale riflesso condizionato inibitorio dovrebbe essere comprovata dal fatto che esso dovrebbe esercitare un'influenza inibitoria sui riflessi condizionati eccitatori e che non potrebbe essere trasformato in un riflesso condizionato eccitatorio.
Un tale riflesso condizionato inibitorio primario è stato in effetti ottenuto molto tempo fa nei laboratori pavloviani. L'addestramento appropriato si svolgeva nel seguente modo. Quando un riflesso condizionato alimentare a numerosi stimoli condizionati si è instaurato stabilmente, viene introdotto un nuovo stimolo, che è alquanto diverso dai precedenti e che perciò non provoca alcuna risposta condizionata per generalizzazione. Questo stimolo è presentato in modo tale da iniziare prima dello stimolo condizionato - che in questa occasione non è rinforzato da cibo - e da sovrapporsi poi a esso. Il cane impara gradualmente a inibire la risposta condizionata quando lo stimolo condizionato segue questo stimolo.
Si può notare che un siffatto stimolo, che, per così dire, annulla l'azione eccitatoria di uno stimolo condizionato che lo segue, acquisisce un certo numero di proprietà peculiari. Anzitutto, se è presentato insieme a uno qualsiasi degli stimoli condizionati eccitatori, sopprime le risposte da questo provocate. Secondariamente, la sua azione inibitoria non può essere disinibita anche dopo lesioni corticali frontali, che pur disinibiscono i riflessi condizionati inibitori sopra descritti. In terzo luogo, se esso è trasformato in uno stimolo condizionato eccitatorio, tale trasformazione appare estremamente difficile. Tutte queste caratteristiche indicano che lo stimolo descritto suscita un riflesso condizionato inibitorio puro, privo di componenti eccitatorie, a differenza di quanto avviene nel caso di uno stimolo inibitorio ottenuto per trasformazione di uno stimolo eccitatorio. Di conseguenza tale stimolo sarà considerato come stimolo inibitorio primario.
5. Il problema del meccanismo del condizionamento classico.
Dopo aver descritto le principali caratteristiche dei riflessi condizionati classici, è necessario fare un tentativo per capire i meccanismi nervosi centrali sui quali essi si basano. Dobbiamo renderci conto, a questo punto, che le considerazioni che seguiranno devono avere un carattere puramente ipotetico, dato che negli esperimenti sui riflessi condizionati le uniche variabili che si possono osservare sono gli stimoli presentati all'animale e le sue reazioni. Sulla base della relazione tra queste due variabili da una parte e sulla base della nostra conoscenza della struttura e della funzione del cervello dall'altra, è possibile avanzare ipotesi che permettono di spiegare esaurientemente i risultati finora ottenuti, e di tentare una previsione dei risultati delle future ricerche. È ovvio che la sorte di tali ipotesi è assai incerta, poiché le nuove informazioni, sia sulla struttura del sistema nervoso, sia sui principi della sua attività, possono provocare drastici mutamenti nelle nostre ipotesi attuali.
Si dovrebbe ricordare (v. sinapsi: Fisiologia della sinapsi centrale) che i gruppi di neuroni (cellule nervose), localizzati in vari punti del sistema nervoso, sono connessi tramite i loro assoni con i corpi e i dendriti di neuroni di altri gruppi, cosicché l'attivazione dei primi neuroni (che emettono l'informazione) è trasferita ai secondi (che la ricevono) e produce sia la loro eccitazione sia l'inibizione. In tal modo si realizza ogni attività riflessa innata dell'organismo.
Come si è visto sopra, il riflesso condizionato classico si forma quando lo stimolo che deve essere condizionato è seguito da uno stimolo incondizionato; come conseguenza di questa combinazione, la risposta evocata primariamente da uno stimolo incondizionato è ora evocata dallo stimolo condizionato. Si può quindi trarre una conclusione semplice, che cioè la formazione del riflesso condizionato si basa sullo sviluppo di ‛connessioni' tra il gruppo di neuroni che ‛rappresenta' lo stimolo condizionato e il gruppo di neuroni che ‛rappresenta' lo stimolo incondizionato. Sarà utile indicare tali gruppi di neuroni come centri di particolari stimoli. Nella fig. 2 è illustrato il modello a blocchi dell'arco riflesso condizionato.
I dati anatomici che riguardano lo sviluppo del sistema nervoso indicano che le lunghe vie di connessione tra i vari gruppi di neuroni si sono costituite nell'ontogenesi e non possono essersi formate durante la crescita degli animali, in base alle loro esperienze individuali. Perciò si deve pensare che esistano nel cervello connessioni ‛potenziali' tra particolari gruppi di neuroni e che tali connessioni possano trasformarsi in connessioni ‛effettive', quando due stimoli vengono presentati nello stesso tempo. In altre parole, il condizionamento sarebbe basato sull'aumento della capacità di trasmissione delle sinapsi che connettono vari gruppi di neuroni.
La natura intima di questo aumento è ancora sconosciuta. Forse una delle più antiche ipotesi per spiegarlo fu proposta dal famoso neuroanatomico S. Ramon y Cajal (1852-1934), il quale suggerì che l'apprendimento poteva essere fondato sull'aumento di nuovi contatti sinaptici tra l'assone terminale di una cellula nervosa e i dendriti e il corpo di un'altra; in altre parole, l'apprendimento potrebbe essere considerato come una continuazione di uno sviluppo ontogenetico del sistema nervoso lungo quelle linee che sono determinate dalle condizioni della vita animale. Un'altra teoria sostiene che il condizionamento è dovuto al rigonfiamento dei nodi sinaptici e/o al restringimento delle fessure sinaptiche. Abbiamo un numero sempre più grande di prove che indicano che, quali che siano i processi che causano l'aumento della capacità di trasmissione dei contatti sinaptici, essi dipendono in larga misura dal metabolismo proteico: se si somministrano farmaci che provocano il blocco di questo metabolismo subito prima o dopo la presentazione di stimoli coinvolti nel condizionamento, essi impediscono completamente questo processo.
Dal punto di vista storico si deve anche sapere che, tra le teorie che tentano di spiegare l'intima natura del condizionamento, ve ne sono alcune che attribuiscono questo fenomeno a un riverbero permanente di impulsi lungo circuiti chiusi di neuroni. Ma tale teoria non può reggere, perché vari fattori che bloccano completamente l'attività nervosa per qualche tempo (come, per es., ischemia cerebrale, narcosi molto profonda, ibernazione) non possono distruggere tracce mnestiche che si sono stabilite attraverso il condizionamento.
La teoria associativa del condizionamento gode certamente del più largo favore tra gli studiosi di questa branca della scienza. Persino quegli psicologi o quegli studiosi del comportamento che non si interessano dei meccanismi fisiologici del condizionamento usano lo schema associativo, parlando non di connessioni tra i centri che rappresentano gli stimoli in questione, ma di connessioni sia fra stimolo e risposta (teoria S-R), sia tra stimolo condizionato e stimolo incondizionato (teoria S-S). A questo proposito sorse tra gli psicologi una discussione, poiché alcuni di essi (come Hull) difesero lo schema S-R del condizionamento, mentre altri (come E. C. Tolman, 1886-1959) sostennero lo schema S-S.
Alcuni fisiologi hanno recentemente proposto un'ipotesi completamente diversa sul condizionamento. Tale teoria è basata sull'esistenza di cellule nervose bimodali o plurimodali nel cervello: cellule in grado di reagire a stimoli non di una singola modalità, ma di due o più modalità. Si ritiene che queste cellule nervose, dal momento che integrano stimoli di varie modalità, possano rappresentare il substrato anatomico per il condizionamento.
Questa teoria certamente merita molta attenzione, ma fino a oggi nessuno ha dimostrato in qual modo sia possibile spiegare tutte le complesse caratteristiche dei riflessi condizionati classici. Poiché questi riflessi coinvolgono non solo l'integrazione di due stimoli, ma anche la loro particolare sequenza temporale, non è chiaro come questo aspetto del condizionamento possa essere spiegato in base a questa teoria. D'altra parte la teoria associativa del condizionamento può spiegare questi due aspetti e quindi il suo valore euristico sembra essere più valido.
Cerchiamo ora di spiegare alcune proprietà dei riflessi condizionati sulla base della teoria associativa. Anzitutto si potrebbe notare che, come risulta da numerose dimostrazioni, il condizionamento avviene solo quando l'animale è vigile e quando è alta l'eccitabilità dei centri che rappresentano entrambi gli stimoli implicati nel processo. Questa condizione sembra essere comprensibile da un punto di vista fisiologico, perché, per stabilire le connessioni reali tra i due centri, il centro di emissione dovrebbe scaricare impulsi e il centro recettore dovrebbe essere a essi sensibile.
La teoria associativa può anche spiegare la necessità di una priorità temporale di uno stimolo che deve essere condizionato rispetto a uno stimolo di rinforzo: infatti si può pensare che, per aumentare la capacità di trasmissione dei contatti sinaptici tra gruppi di neuroni emittenti e riceventi, questi ultimi debbano essere attivati nel momento in cui sono raggiunti dagli impulsi provenienti dai primi.
Un altro punto che deve essere spiegato per mezzo della teoria associativa del condizionamento è la dipendenza dell'ampiezza del riflesso condizionato dall'intensità sia dello stimolo di rinforzo sia dello stimolo condizionato. Questa norma segue precisamente il principio generale dell'attività riflessa manifestata in quasi tutti i tipi di riflessi innati. Essa è dovuta a due fattori, cioè alla ‛intensità' di eccitazione dei neuroni coinvolti in un dato riflesso, e al ‛numero' di neuroni messi in azione da un certo stimolo.
Alquanto diversa è la funzione del terzo fattore che determina l'ampiezza del riflesso condizionato, cioè la pulsione (drive). Come è stato osservato dianzi, i riflessi condizionati alimentari dipendono, in larga misura, dall'intensità della fame; mentre i riflessi condizionati difensivi dipendono dall'intensità della paura.
L'ipotesi più probabile, che spiega questa dipendenza, è che una determinata pulsione controlli l'‛eccitabilità' del centro del corrispondente stimolo incondizionato. Se questa pulsione è nulla, l'eccitabilità di questo centro è così bassa che non si può attivare per mezzo di uno stimolo condizionato, e qualche volta neppure per mezzo di uno stimolo incondizionato. Questa influenza del centro di pulsione sul centro dello stimolo incondizionato è illustrata nel modello della fig. 2.
Passando ora alla spiegazione dei processi inibitori implicati nel condizionamento, si può notare che l'inibizione esterna si basa esattamente sugli stessi principî su cui si fonda l'inibizione antagonista dei riflessi innati, cioè sulle connessioni inibitorie che collegano i rispettivi centri. Il problema è, tuttavia, più difficile se si tratta di inibizione interna o acquisita, poiché questo fenomeno non ha controparte nella fisiologia dell'attività nervosa inferiore. Come già in precedenza notato, non si può pensare che questa inibizione si stabilisca mediante ‛trasformazione' di connessioni eccitatorie in connessioni inibitorie tra il centro dello stimolo condizionato e il centro dello stimolo incondizionato. Tale concetto è inaccettabile per motivi sia fisiologici sia comportamentali. Infatti si è sopra dimostrato che, quando il riflesso condizionato eccitatorio è trasformato in riflesso inibitorio, le connessioni eccitatorie sono completamente conservate.
Questa discussione ci porta a concludere che la formazione di un riflesso condizionato inibitorio, dovuto a cessazione o differenziazione del riflesso eccitatorio, si basa sullo sviluppo di connessioni inibitorie parallelamente alle già esistenti connessioni eccitatorie (v. fig. 3A). Come conseguenza di questo sviluppo, il centro dello stimolo condizionato e il centro dello stimolo incondizionato sono collegati a connessioni sia eccitatorie sia inibitorie e la predominanza di queste o di quelle determinerebbe la risultante ampiezza della risposta condizionata. La disinibizione del riflesso inibitorio è dovuta all'aumento dell'eccitabilità del centro dello stimolo incondizionato che domina sulle connessioni eccitatorie. D'altra parte, il centro dello stimolo inibitorio primario è legato al centro dello stimolo incondizionato esclusivamente da connessioni inibitorie (v. fig. 3A, grafico a destra). Questo avviene perché il riflesso inibitorio provocato dallo stimolo inibitorio primario non può essere disinibito e perché esercita la sua influenza inibitoria sui riflessi condizionati eccitatori evocati simultaneamente.
Secondo le teorie fisiologiche oggi più accettate (v. sinapsi: Fisiologia della sinapsi centrale), le sinapsi inibitorie non derivano dagli stessi neuroni delle sinapsi eccitatorie, ma sempre da neuroni distinti. Per giustificare questo fatto, si dovrebbe postulare che i neuroni inibitori implicati sono disseminati tra i due centri interconnessi e che i riflessi condizionati inibitori sono mediati da questi neuroni.
Sulla base di dati recenti, ottenuti in ricerche di elettrofisiologia, si può sviluppare ulteriormente la teoria associativa dell'inibizione interna, prendendo in esame i fatti che seguono. È stato dimostrato che, tra le cellule nervose situate in varie regioni sensitive del cervello e in grado di reagire a stimoli di particolari modalità, ve ne sono alcune che reagiscono in presenza di stimoli definiti e altre che reagiscono o alla loro cessazione o in loro assenza. Così nel sistema visivo si incontrano neuroni che rispondono a macchie bianche e altri a macchie nere; nel sistema uditivo incontriamo dei neuroni che reagiscono a suoni precisi, ma anche altri che sono reattivi al silenzio e così via. Le prime cellule vengono comunemente definite neuroni-on, mentre le altre neuroni-off. Si potrebbe ulteriormente affermare che i due tipi di neuroni sono reciprocamente correlati in maniera tale che un'attivazione di neuroni-on inibisce i neuroni-off e viceversa.
Se tali principi vengono estesi alla rappresentazione cerebrale degli stimoli alimentari incondizionati (denotati come stimoli gustativi), possiamo ammettere che nel cervello vi siano neuroni che reagiscono alla presenza di oggetti particolarmente piacevoli per il palato, e altri che reagiscono alla loro assenza. Il gruppo dei primi neuroni si può definire come centro del cibo e l'altro come centro dell'assenza di cibo. Questi due centri intimamente connessi dal punto di vista anatomico sono collegati tra di loro da connessioni inibitorie.
Ora, se si presenta uno stimolo condizionato, premonitore dell'arrivo del cibo, esso eccita il centro del cibo, a causa dell'esistenza di connessioni condizionate acquisite durante il condizionamento. Se, tuttavia, si presenta uno stimolo condizionato che preannuncia mancanza di cibo, esso allora eccita il centro dell'assenza del cibo tramite l'esistenza di connessioni condizionate tra i centri appropriati (v. fig. 3B).
Come notato nella figura, quando il riflesso condizionato eccitatorio viene meno per mancanza di rinforzo, il centro dello stimolo condizionato entra in connessione sia con il centro del cibo sia con il centro dell'assenza del cibo. Quanto più queste ultime connessioni predominano sulle prime, tanto più forte è il riflesso condizionato inibitorio. Tuttavia l'equilibrio tra i due riflessi, l'eccitatorio e l'inibitorio, rimane sempre dinamico a causa della completa conservazione di connessioni che portano al centro del cibo. Questo è il motivo per cui l'aumento dell'eccitabilità di quest'ultimo centro porta a disinibizione, e perché è così rapido il ripristinarsi del riflesso eccitatorio per opera di un nuovo rinforzo dello stimolo condizionato.
D'altra parte, il centro dello stimolo inibitorio primario forma esclusivamente connessioni con il centro dell'assenza del cibo. Tale stimolo, quindi, provoca un riflesso inibitorio ‛puro' inibendo i riflessi eccitatori e non inclini a disinibizione.
Può sorgere il problema se le nostre osservazioni conducano a concludere che tutti gli stimoli non seguiti da cibo ipso facto, siano connessi con il centro dell'assenza di cibo (e similmente con altri centri che ‛rappresentano' l'assenza di stimoli incondizionati). Una tale conclusione può considerarsi improbabile. Questo paradosso è risolto se si considera che il centro dell'assenza del cibo, esattamente come avviene per il centro del cibo, è risvegliato solamente quando l'animale è affamato e soltanto in questa condizione lo stimolo non rinforzato diviene un segnale dell'assenza di cibo. In situazioni diverse il centro dell'assenza del cibo è semplicemente non eccitabile e non si possono formare con esso connessioni condizionate.
6. Condizionamento strumentale.
a) Osservazioni generali.
Un problema importante è quello di sapere se tutto il comportamento umano e animale possa essere spiegato con il tipo di condizionamento descritto da Pavlov. Nel primo periodo degli studi sui riflessi condizionati, sia Pavlov che i suoi seguaci, tra i quali J. B. Watson (1878-1958), fondatore del comportamentismo (behaviorismo), furono favorevoli a questo concetto; essi o non riuscirono a osservare alcuna differenza tra condizionamento classico e strumentale, o, come nel caso di Hull, tentarono di dimostrare che entrambi i tipi potevano essere ridotti a un unico schema.
Si può, tuttavia, facilmente dimostrare che il comportamento motorio acquisito dell'organismo, basato sulla ‛legge dell'effetto' di Thorndike, non può essere ricondotto allo schema di condizionamento secondo Pavlov. Secondo questa legge, l'animale impara a compiere quegli atti motori che lo portano a ‟un complesso di circostanze soddisfacenti" e a evitare quelli che lo conducono a ‟un complesso di circostanze spiacevoli" (per usare l'espressione di Thorndike). Così, mentre nel condizionamento classico la risposta condizionata ripete semplicemente la risposta incondizionata provocata dallo stimolo di rinforzo, indipendentemente dal fatto che questo stimolo sia ‛soddisfacente' o ‛spiacevole', nel condizionamento strumentale la risposta condizionata è, di regola, differente dalla risposta incondizionata, poiché dipende dalle caratteristiche dell'operazione di rinforzo. Era necessario quindi trovare un metodo sperimentale, analogo a quello escogitato da Pavlov per i riflessi condizionati classici, per mezzo del quale spiegare i riflessi condizionati strumentali e dimostrare il loro carattere specifico. Un tale metodo fu proposto per la prima volta da S. Miller (1902-1943) e da J. Konorski negli anni venti, sia per i riflessi strumentali alimentari sia per quelli difensivi. Naturalmente i riflessi alimentari possono considerarsi un modello di tutti i riflessi strumentali che sono rinforzati da uno stimolo incondizionato attraente o ‛remunerativo'.
b) Condizionamento alimentare strumentale.
Gli esperimenti vengono compiuti su cani con fistole salivari in un ambiente dello stesso tipo di quello impiegato per lo studio dei riflessi condizionati pavloviani. L'addestramento differisce dal tipo usato nel condizionamento pavloviano in quanto uno stimolo neutro - per esempio quello prodotto da una cicala - è presente mentre si provoca un certo movimento, come il sollevamento di un arto mediante flessione passiva; e soltanto allora lo stimolo è seguito dall'offerta di cibo. Occasionalmente il rumore della cicala viene presentato senza flessione passiva e allora non viene somministrato cibo.
Dopo un certo numero di queste prove l'animale impara a compiere il movimento provocato. All'inizio lo esegue durante la seduta sperimentale senza relazione con lo stimolo acustico, semplicemente in risposta a stimoli ambientali. Siccome queste risposte non sono rinforzate da cibo, l'animale cessa di compierle molto presto e impara a reagire solo allo stimolo condizionato. Per quanto riguarda la risposta salivare, essa, in generale, avviene insieme alla risposta motoria, ma il parallelismo non è completo.
Il metodo per ottenere un movimento, durante il condizionamento strumentale, consiste sia nello spostamento passivo dell'arto, come descritto sopra, sia in via riflessa: se, per esempio, la zampa è stimolata da una scarica elettrica appena sufficiente a provocare la flessione dell'arto e questo movimento è seguito immediatamente dall'offerta di cibo, l'animale comincia subito ad alzare ‛spontaneamente' la zampa, guardando verso il luogo dal quale proviene il cibo. Similmente, altri riflessi innati possono essere utilizzati come sorgente di risposte strumentali, per esempio il riflesso di grattamento, lo scuotimento della testa, ecc.
Si è notato che la flessione forzata della zampa del cane non solo implica un suo spostamento passivo, ma anche il riflesso miotatico dovuto alla resistenza dell'animale contro questa manipolazione. Si è potuto dimostrare che solo questa componente riflessa della flessione ‛passiva' svolge una funzione nel condizionamento strumentale.
La forza dei riflessi strumentali, misurata per mezzo della latenza della risposta e della sua intensità, dipende dagli stessi fattori da cui dipende quella dei riflessi condizionati classici, cioè dal sapore del cibo e dalla intensità della fame. Quando l'animale è sazio e rifiuta il cibo, nemmeno un riflesso strumentale ben stabilito può più essere evocato. Si può anche dimostrare che quanto più forte è lo stimolo condizionato, tanto più intensa è la risposta strumentale.
c) Inibizione dei riflessi strumentali.
Quando lo stimolo condizionato che evoca una risposta strumentale non è seguito dall'offerta di cibo, il riflesso strumentale si estingue. Quando un nuovo stimolo, simile a quello condizionato, viene presentato senza rinforzo, esso suscita all'inizio la risposta strumentale per generalizzione, ma tale risposta scompare gradualmente, mentre permane la risposta allo stimolo condizionato originario (differenziazione). Allo stesso modo, quando lo stimolo condizionato originario è accompagnato da un nuovo stimolo e questa associazione non è seguita da cibo, l'animale impara a trattenersi dal compiere il movimento appreso in risposta allo stimolo condizionato, quando questo è associato allo stimolo aggiunto. Così i riflessi strumentali alimentari possono essere inibiti proprio nello stesso modo dei riflessi condizionati classici.
Poiché uno stimolo condizionato alimentare capace di evocare la risposta strumentale produce parallelamente la risposta salivare, le relazioni che intercorrono tra i due effetti possono essere esaminate facilmente nel corso dell'estinzione o della differenziazione. Si è notato che durante il processo di inibizione la risposta salivare di solito scompare più rapidamente della risposta motoria.
Secondo il principio del condizionamento strumentale, si possono stabilire sulla base del rinforzo alimentare varie risposte condizionate strumentali a stimoli condizionati diversi. Così un cane può essere addestrato a sollevare una zampa anteriore in risposta al rumore di una cicala, e a sollevare una zampa posteriore in risposta a un tono, ecc. Si è visto che tale addestramento non è facile, poiché l'animale all'inizio esegue sia i movimenti corretti sia quelli errati in risposta agli stimoli condizionati: egli può sollevare la zampa anteriore in risposta al tono e quella posteriore in risposta al rumore della cicala. Solo gradatamente impara a eseguire la risposta esatta a ogni stimolo. Si può così concludere che l'addestramento, che comporta la selezione di una risposta corretta a un dato stimolo, richiede l'inibizione di altre risposte strumentali che dovrebbero seguire la presentazione di altri stimoli condizionati.
d) Condizionamento strumentale alimentare in esperimenti di tipo behavioristico.
Le tecniche sperimentali usate per il condizionamento strumentale in psicologia animale si basano su principi diversi da quelli sopra descritti. In genere un animale viene sistemato in un ambiente dove il cibo è disponibile ed egli deve trovare il modo di raggiungerlo. Così nel cosiddetto puzzle box l'animale sta di fronte a una porta chiusa, dotata di una serratura a saliscendi, dietro la quale si trova il cibo. Alla vista del cibo l'animale cerca di aprire la porta manovrando la serratura, finché trova il modo di aprirla. Gradualmente egli impara a eseguire il movimento che gli permette di raggiungere immediatamente il cibo ogni qual volta venga posto nella situazione sperimentale, mentre vengono eliminati i movimenti sbagliati.
La gabbia di Skinner è una scatola fornita di una leva e di un contenitore di cibo a essa vicino. La pressione della leva determina la caduta di una pallina di cibo dal deposito nel contenitore. L'animale (di solito un ratto) che è stato sistemato nella gabbia dopo un certo periodo di tempo schiaccia per caso la leva e riceve del cibo. Dopo varie prove, egli comincia a premere la leva appena viene posto nella gabbia. Un metodo analogo è stato usato per i piccioni: l'uccello posto nella gabbia di Skinner impara che gli viene fornito cibo ogni volta che becca un tasto.
L'apprendimento nell'apparecchio per lo studio della discriminazione, dettodiscrimination box, consiste nel porre l'animale di fronte a due contenitori di cibo chiusi: in presenza di uno stimolo l'animale ne deve aprire uno, in presenza di un altro stimolo deve aprire l'altro.
Mentre in questi tre metodi si addestra l'animale a fornire risposte strumentali di tipo manipolatorio, nell'apprendimento nel labirinto le risposte richieste sono di tipo locomotorio: l'animale si trova di fronte a una rete di corridoi che conducono dalla cassetta di partenza (starting box) a quella che costituisce il punto di arrivo (goal box) e impara a scegliere la via più breve, evitando i vicoli ciechi.
Si può osservare che tutte queste tecniche si basano sul rinforzo mediante cibo di un movimento che viene eseguito ‛spontaneamente' dall'animale. Questo fatto ha spinto molti autori a ritenere che il meccanismo del condizionamento strumentale consista nell'aumento della probabilità che venga effettuato un certo movimento quando esso è seguito dal rinforzo alimentare.
Tale idea sembra inaccettabile per il fatto che, come si è visto in precedenza, risposte strumentali possono essere originate non solo da movimenti ‛spontanei' eseguiti occasionalmente in determinate situazioni ambientali, ma anche da quei movimenti che in origine erano evocati da uno stimolo ben definito. Pertanto la probabilità che un tale movimento appaia in una data situazione sperimentale è inizialmente nulla e questo movimento non può diventare in alcun caso una risposta strumentale, se non è provocato da uno stimolo specifico.
e) Riflessi condizionati strumentali di difesa.
Secondo il principio del condizionamento strumentale alimentare, se in presenza di un dato stimolo esterno (sia esso uno stimolo presentato sporadicamente o un'intera situazione sperimentale) l'animale riceve cibo solo dopo aver compiuto un dato movimento, allora questo stimolo comincia a provocare quel dato movimento.
Si può mettere in evidenza che una situazione ha caratteristiche opposte quando invece di uno stimolo incondizionato alimentare viene presentato uno stimolo spiacevole, come un'introduzione di acido nella bocca, un soffio d'aria nell'orecchio, o una scarica elettrica in una parte del corpo. In tali condizioni l'animale imparerà a eseguire quei movimenti che prevengono la presentazione di questi agenti o ne arrestano l'azione.
La procedura di condizionamento attraverso la quale si ottiene tale tipo di comportamento è la seguente. Un cane viene posto su un sostegno in un ambiente insonorizzato. Ogni tanto viene presentato uno stimolo neutro, per esempio il rumore di una cicala, questo è seguito da uno stimolo spiacevole, per esempio l'introduzione di una soluzione acida nella bocca. In alcune prove il rumore della cicala è accompagnato dalla flessione passiva della zampa e in questi casi lo stimolo spiacevole non viene presentato. Il cane impara presto ad alzare la zampa attivamente in risposta alla cicala. Lo stimolo acustico è immediatamente interrotto appena il cane esegue il movimento attivo.
Una volta formatosi, questo riflesso condizionato strumentale diviene estremamente stabile e persiste settimane e mesi, anche se lo stimolo nocivo non viene più presentato. D'altra parte, questo riflesso può essere estinto se lo stimolo condizionato è attivo per qualche tempo, per esempio 10 secondi, indipendentemente dal fatto che l'animale abbia compiuto, o meno, il movimento appreso al momento della interruzione dello stimolo stesso.
Il metodo impiegato per i riflessi strumentali di difesa nella psicologia behavioristica consiste nel porre l'animale nella cosiddetta gabbia a basculla (shuttle box), che è divisa in due scompartimenti. Quando l'animale si trova in uno scompartimento, gli viene presentato uno stimolo condizionato e 5 secondi dopo viene applicata al pavimento una corrente elettrica. Di regola ciò spinge l'animale a saltare nell'altro scompartimento e a sfuggire in tal modo allo stimolo doloroso. Dopo un certo numero di tali prove, l'animale comincia a correre nell'altro scompartimento in risposta allo stimolo condizionato prima che arrivi la corrente: impara cioè a evitare lo stimolo doloroso.
Secondo un'altra varietà di riflessi strumentali di difesa l'animale deve trattenersi dal compiere un dato movimento, per esempio dall'andare in un altro scompartimento della gabbia a basculla nel quale riceverebbe una scarica elettrica. Questo tipo di procedimento viene spesso definito ‛salvaguardia passiva' o ‛evitamento passivo' (passive avoidance).
f) Condizionamento strumentale di risposte mediate dal sistema nervoso autonomo.
In tutti gli esperimenti sul condizionamento strumentale sopra descritti, le risposte strumentali consistevano sempre in particolari atti motori, sia di tipo manipolatorio sia di tipo locomotorio. Questo modello sperimentale si armonizza con le normali condizioni di vita dell'animale e dell'uomo, nelle quali un soggetto raggiunge gli scopi desiderati o evita le situazioni spiacevoli compiendo particolari sequenze comportamentali. Tuttavia ci si può chiedere se le attività regolate dal sistema nervoso autonomo siano egualmente condizionabili in maniera strumentale, cioè se un soggetto possa imparare a fornire una particolare risposta controllata dal sistema nervoso autonomo qualora essa sia seguita da una ricompensa.
Esperimenti compiuti recentemente da un noto neuropsicologo americano, N. E. Miller, e dai suoi collaboratori, dimostrano che è possibile far variare le attività viscerali - come per esempio la frequenza cardiaca, la motilità intestinale, la secrezione salivare e simili - ricompensando precisi cambiamenti di tali funzioni. Resta da chiarire la funzione di questo tipo di condizionamento strumentale nella vita normale dell'uomo e degli animali.
g) Il meccanismo del condizionamento strumentale.
In base ai dati sperimentali relativi ai riflessi condizionati strumentali è possibile proporre il seguente schema associativo, il quale può spiegare la loro formazione e il loro manifestarsi.
Anzitutto, il riflesso condizionato strumentale dovrebbe comportare la formazione di connessioni condizionate che collegano il centro dello stimolo condizionato con quello di programmazione del movimento appreso. L'esistenza di queste connessioni è sostenuta dal fatto che l'animale è capace di stabilire diverse risposte strumentali a stimoli diversi sotto l'azione dello stesso rinforzo. La generalità di questa affermazione non viene meno per il fatto che, come indicato precedentemente, il processo implica anche la formazione di connessioni inibitorie tra lo stimolo condizionato e le risposte strumentali inadeguate a fornire una relazione specifica tra lo stimolo e la risposta giusta.
L'esistenza delle connessioni di cui sopra, tuttavia, non è una condizione sufficiente per provocare il riflesso strumentale. È stato sopra dimostrato che il movimento appreso è eseguito solo se è in atto una particolare pulsione, cioè la fame nel condizionamento alimentare e la paura nel condizionamento difensivo. Questo fatto induce a ritenere che, oltre alle connessioni sopra indicate, si siano formate anche connessioni che legano il centro specifico di una determinata pulsione con quello della risposta strumentale (v. fig. 4). Poiché queste ultime connessioni riguardano egualmente tutte le risposte strumentali stabilitesi sotto l'azione di una certa pulsione, si può concludere che esse hanno un significato facilitatorio comportandosi come uno spiritus movens per l'esecuzione di un movimento determinato dallo stimolo condizionato.
L'esistenza di queste doppie connessioni è, tuttavia, ancora insufficiente per la formazione e il mantenimento del riflesso strumentale. Perché si stabilisca questo riflesso è necessario che la presentazione di cibo segua immediatamente l'esecuzione del movimento per cui l'animale è addestrato nel condizionamento alimentare e che lo stimolo che provoca paura cessi subito dopo che è stato eseguito quel movimento nel condizionamento difensivo. Sorge così il problema di spiegare attraverso quale meccanismo questi due fattori servano come rinforzo ai riflessi condizionati strumentali.
Per risolvere tale quesito sono state avanzate due spiegazioni. La prima si richiama all'idea edonistica del piacere e del disagio come fattori che regolano il comportamento umano e animale. Si è fatta l'ipotesi che l'organismo compia quegli atti motori che sono seguiti da una ricompensa o che permettono di evitare o di sfuggire a una punizione. Questa spiegazione è stata tuttavia rifiutata dalla maggior parte degli studiosi del comportamento, i quali hanno sostenuto che l'effetto di un determinato atto non può operare à rebours come la sua causa. Poiché ricompensa e punizione sono presentate dopo l'attuazione di un movimento, si è concluso che esse non possono modulare quel movimento.
Secondo l'altra spiegazione, sviluppata soprattutto da C. L. Hull e da N. E. Miller, l'agente di rinforzo per il condizionamento strumentale è fornito dalla riduzione della punizione. Questa spiegazione sembra essere particolarmente convincente per quanto riguarda i riflessi strumentali di difesa. Infatti, quando in una certa situazione l'animale è stato sottoposto a uno stimolo doloroso, questa situazione diviene uno stimolo condizionato di paura capace di produrre un eccitamento motorio, manifestato dal fatto che l'animale compie un certo numero di movimenti nell'ambito del suo repertorio comportamentale. Quando uno di questi movimenti permette di sfuggire a tale situazione e quindi di ridurre la pulsione, tale movimento viene consolidato come una risposta strumentale di difesa che si manifesta nella stessa situazione. Lo stesso avviene quando uno stimolo condizionato che produce paura viene interrotto non appena si è manifestato un dato movimento. Anche questo porta a un consolidamento delle connessioni tra quello stimolo e quel movimento.
Per quanto riguarda i riflessi strumentali alimentari, la situazione è, tuttavia, più complessa. In questo caso la diminuzione della pulsione è stata attribuita a parziale sazietà dell'animale, dovuta alla consumazione di una parte del cibo presentatogli dopo che aveva compiuto il movimento appreso. È evidente, tuttavia, che questa interpretazione non può essere accettata perché le quantità di cibo che servono come rinforzo per i riflessi strumentali sono così piccole, che difficilmente possono produrre una pur modesta riduzione della pulsione. In realtà si produce un effetto del tutto opposto: il consumo di una piccola quantità di cibo porta a un aumento della fame, il che contrasta con una spiegazione basata sulla diminuzione della pulsione.
La soluzione di questo enigma è stata offerta da S. Soltysik (v. Konorski, 1967) il quale ha dimostrato che, quando il cibo si trova nella bocca durante la risposta alimentare consumatoria, la fame è inibita e si ristabilisce solo dopo che il cibo è stato consumato. Se le cose stanno così, allora la teoria del rinforzo dei riflessi strumentali che si basa sulla riduzione della pulsione (o piuttosto sull'inibizione della pulsione) potrebbe risultare valida anche nei riguardi del condizionamento alimentare, dal momento che la formazione e il mantenimento del riflesso strumentale dipende dallo stretto rapporto temporale tra movimento appreso e presentazione di cibo. Nella fig. 4 è riportato un modello a blocchi per i riflessi condizionati alimentari e difensivi, che riassume tutte le affermazioni precedenti.
Il modello proposto sembra spiegare in modo esauriente tutte le caratteristiche essenziali dei riflessi condizionati strumentali. In primo luogo, se il riflesso condizionato strumentale si stabilisce sia per un dato stimolo saltuario, sia per una situazione nella quale si provoca il movimento appreso, quello stimolo e quella situazione sono indispensabili per il verificarsi della risposta strumentale, a causa della formazione della connessione s.c.→m. Tuttavia, questa risposta avverrà solamente in presenza della pulsione adatta, fame nel caso dei riflessi alimentari e paura nel caso dei riflessi difensivi. Se l'animale è sazio, non si verificherà la risposta strumentale alimentare in presenza dello stimolo condizionato. Allo stesso modo questa mancherà se la fame è inibita in maniera antagonistica dalla paura quando l'animale è spaventato. D'altra parte, sotto l'influenza della fame possono verificarsi varie risposte alimentari strumentali, dal momento che ciascuna di esse è evocata dall'appropriato stimolo condizionato.
Non soltanto il significato della riduzione della pulsione come agente di rinforzo che consolida la connessione s.c.→m è evidente nel corso della formazione del riflesso strumentale, ma anche tale riduzione collabora all'ulteriore mantenimento del riflesso stesso. Infatti, quando il movimento appreso non è seguito dalla riduzione della pulsione, il riflesso strumentale si estingue.
Si può ancora osservare nella fig. 4 che questa riduzione di pulsione agisce in un modo alquanto diverso nei riflessi alimentari e difensivi. Nel condizionamento strumentale alimentare, il cibo presente in bocca è un agente che momentaneamente inibisce la fame (v. fig. 4A). Nei riflessi condizionati strumentali di difesa può non essere altrettanto evidente lo stimolo che riduce la pulsione. Infatti in questi riflessi lo stimolo condizionato, che è originariamente seguito da uno stimolo nocivo, è all'origine dell'attivazione da paura, mentre la sua cessazione, dopo che viene eseguito un movimento strumentale, produce ipso facto riduzione della pulsione. La riduzione della pulsione, tuttavia, è prodotta in parte da un feedbackpropriocettivo generato dall'esecuzione della risposta strumentale, dal momento che anche tale risposta segnala che il pericolo dello stimolo nocivo non è più imminente (v. fig. 4B).
Queste considerazioni ci permettono di comprendere la stabilità estrema del riflesso strumentale di difesa, che persiste illimitatamente malgrado non venga più presentato lo stimolo nocivo. Qual'è dunque il motivo per cui lo stimolo condizionato di paura conserva la sua capacità di attivare la paura stessa quando è seguito da un movimento strumentale che segnala la liberazione dal pericolo?
La risposta a questa domanda è fornita dal fatto che la risposta strumentale separa lo stato di sollievo dallo stimolo condizionato. A causa dell'interferenza di siffatta risposta che rimuove il pericolo, rimane intatto il compito dello stimolo condizionato di attivare la paura e questo stimolo può quindi provocare la risposta che lo protegge dall'estinzione. D'altra parte quando, nel procedimento del condizionamento classico, lo stimolo condizionato non è più seguito da uno stimolo doloroso, il riflesso condizionato di paura si estingue, poiché allora lo stesso stimolo condizionato diviene segnale di liberazione da pericolo.
D'altro canto, se il movimento appreso non è seguito da riduzione della pulsione, allora quel dato riflesso strumentale si estingue, perché perde la sua capacità di produrre sollievo. Se un altro movimento, provocato dallo sperimentatore o eseguito spontaneamente dall'animale, porta a riduzione della pulsione, allora si verifica un'inversione dell'addestramento e il vecchio movimento è sostituito da quello nuovo.
Concludendo le nostre osservazioni sul condizionamento strumentale, noi dovremmo ritornare al problema della teoria edonistica del suo rinforzo e vedere quale sia la vera relazione tra le due teorie. Si può facilmente notare che queste due teorie non solo non si contraddicono, ma, al contrario, sono reciprocamente complementari. Così, piacere e disagio sono nozioni puramente psicologiche e in quanto tali nulla ci dicono dei processi fisiologici che sono alla base di questi eventi psichici. Si può ora facilmente pensare che l'attivazione della pulsione, sia essa paura o fame, è di per sé spiacevole (ricordare l'espressione di Thorndike ‟spiacevole complesso di circostanze"), mentre la sua riduzione o soddisfazione, ottenuta con offerta di cibo o con liberazione da pericolo, sono certamente piacevoli (‟piacevole complesso di circostanze"). Pertanto il piacere è un fenomeno che dipende totalmente dalla pulsione, poiché la cessazione della pulsione, prodotta sia dalla risposta consumatoria alimentare o sessuale, sia dalla cessazione di uno stimolo doloroso o di pericolo, dà origine al piacere. Inoltre, se una data pulsione è infallibilmente seguita da una risposta consumatoria, come per esempio nel caso di un soggetto che trovandosi in uno stato di pulsione alimentare o sessuale ne ‛pregusta' la soddisfazione, allora, secondo l'esperienza soggettiva umana, la pulsione può divenire uno stimolo condizionato che segnala questo effetto e da solo porta a una sensazione di piacere. Così, se la pulsione non è troppo intensa, noi spesso procrastiniamo la sua soddisfazione, consapevoli che essa sicuramente ci sarà.
Per concludere, la sensazione di piacere è connessa inseparabilmente con la pulsione, poiché questa sensazione può nascere solamente da questo sfondo. Senza pulsione non c'è piacere: è una regola essenziale della vita emotiva.
7. Osservazioni finali.
Dopo aver discusso le principali caratteristiche del condizionamento classico e strumentale, può sorgere la questione se questi due principi siano sufficienti per comprendere tutti i fenomeni del comportamento umano e animale. A tale quesito non è oggi possibile rispondere, poiché il problema si avvicina ai limiti della nostra attuale conoscenza.
Il punto fondamentale è questo. I riflessi condizionati, classici e strumentali, sono per definizione ‛legati a uno stimolo', essendo provocati da determinati fattori che operano all'interno o all'esterno dell'organismo. Sappiamo, tuttavia, che sia il comportamento umano sia per un certo grado quello degli animali superiori sono in larga misura indipendenti da stimoli veri e propri, o anche dalle loro tracce, dato che sono determinati da alcuni processi cerebrali non in diretto rapporto con la stimolazione periferica. Dal momento che le origini di questi processi sono ancora poco chiare, e che numerosi e complessi sono i problemi inerenti a tale argomento, non possiamo decidere se essi possano essere ricondotti ai principi del condizionamento, o se appartengano a un'altra categoria di funzioni nervose.
Bibliografia.
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