DA RICORDARE CHE NELLA 2 GUERRA MONDIALE GLI AMERICANI PER ENTRARE IN ITALIA CHIESERO A LUCKY LUCIANO, MAFIOSO ITALO-AMERICANO INCARCERATO CON ERGASTOLO, DI CONDURLI IN ITALIA USUFRUENDO DELLE SUE CONOSCENZE PER GARANTIRE IL LORO SBARCO. SUCCESSIVAMENTE LUI PRESE IL CONTROLLO E LIBERO I MAFIOSI RINCHIUSI IN MERIDIONE IL QUALE A FINE GUERRA GLI AMERICANI CONCEDERONO LORO DI INSERIRSI NELLO STATO COME FUNZIONARI DI SETTORI PUBBLICI IMPORTANTI, DEBUTTARONO IN POLITICA IN DIVERSE FAZIONI COME DC E LI LASCIARONO AFFIANCARE DA TUTTI QUEI FASCISTI RILEGATI AGLI UOMINI DI BORGHESE (X-MAS) NEI SERVIZI SEGRETI DIVENUTI POI C.I.A.
UOMINI DI QUESTO VALORE NON DEVONO ESSERE DIMENTICATI E SOPRATTUTTO NON PERCHè SONO STATI ASSASINATI IN QUESTO MODO MA CAPENDO IL MOTIVO PER IL QUALE HANNO VOLUTO TOGLIERLI DI MEZZO.
DOCUMENTI STATUNITENSI E ITALIANI
SULLA BANDA GIULIANO, LA DECIMA MAS E IL NEOFASCISMO IN SICILIA
(1944 – 1947)
DOSSIER
A CURA DEL PROF. GIUSEPPE CASARRUBEA - PALERMO, NOVEMBRE 2005
Coordinamento delle ricerche presso gli Archivi Nazionali degli Stati Uniti (NARA, College Park, Maryland) e l’Archivio Centrale dello Stato (Roma): Nicola Tranfaglia (Università di Torino), Giuseppe Casarrubea (Palermo), Mario J. Cereghino (San Paolo del Brasile).
Cari amici,
sono lieto di inviarvi una raccolta di documenti da me preparata in occasione della pubblicazione del mio volume Storia segreta della Sicilia (Milano, Bompiani, 2005), in libreria da questa settimana. Queste carte narrano della spudorata impunità di cui godettero i neofascisti nell’instaurare un vero e proprio Stato parallelo in Italia, che mirava ad annientare le forze democratiche uscite vittoriose dalla guerra di Liberazione. Tra il 1944 e il 1947, prese forma una pericolosa Gladio ante litteram, che obbliga ormai gli storici a retrodatare alle settimane che videro la costituzione della Rsi (novembre 1943) la nascita della cosiddetta “strategia della tensione” di matrice neofascista. I rapporti desecretati dell’Oss e del Cic (i servizi segreti statunitensi della Seconda Guerra Mondiale), che provano l’esistenza di un patto scellerato in Sicilia tra la cosiddetta “banda Giuliano” e le forze paramilitari del fascismo di Salò (in primis, la Decima Mas di Junio Valerio Borghese e la rete eversiva del principe Pignatelli nel meridione) sono il risultato di una ricerca promossa e realizzata negli ultimi anni da Nicola Tranfaglia (Università di Torino), dal ricercatore indipendente Mario J. Cereghino e da chi scrive. L’antologia di documenti inediti curata da Tranfaglia l’anno scorso (Come nasce la repubblica, Milano, Bompiani, 2004) e le opere di storici e giornalisti come Aldo Sabino Giannuli, Vincenzo Vasile, Peter Tompkins, Mimmo Franzinelli, Claudio Pavone, Sergio Flamigni, Gianni Cipriani, Angelo Del Boca, Giuseppe De Lutiis e Pier Giuseppe Murgia, costituiscono, assieme al mio nuovo libro, i prodromi di uno stimolante processo di rilettura della Storia italiana della seconda metà del Novecento, una revisione che, grazie ai sempre più numerosi fondi archivistici che gli Stati Uniti d’America continuano a declassificare (Cia, Fbi e Dipartimento di Stato, ad esempio), ci consentirà di riscrivere nei prossimi anni la tormentata storia della prima Repubblica e, forse, di scoprire i mandanti e gli esecutori delle troppe, vergognose stragi che hanno insanguinato la nostra nazione nel nome delle logiche inesorabili della Guerra Fredda (1947 – 1991). A proposito delle carte presenti in questo dossier, mi limito a segnalare una delle tante incongruenze che emergono dagli atti del processo di Viterbo (1950 – 1952) per la strage di Portella della Ginestra. All’indomani dell’eccidio (1° maggio 1947), potevano le autorità di polizia, i carabinieri, i servizi segreti (civili e militari) della neonata repubblica italiana e lo stesso ministro degli Interni Mario Scelba, sconoscere i numerosi rapporti redatti dal Sim (Servizio informazioni militari) di Napoli nel 1945 sugli stretti contatti di natura eversiva, instauratisi nella provincia di Palermo fin dalla primavera – estate del 1944, tra gli NP del “Gruppo Ceccacci” della Decima Mas e la cosiddetta “banda Giuliano” (cfr. il cap. 2)? Oppure, essere ignari delle decine di segnalazioni del Sis (Servizio informazioni e sicurezza) che, fin dal 1946, riferivano di un Salvatore Giuliano “a completa disposizione delle formazioni nere” (cfr. il cap. 1)? Basterebbero tali gravissime “omissioni di Stato” a invalidare la sentenza del processo di Viterbo (maggio 1952), che vide appena la condanna della manovalanza di second’ordine della banda. Come figlio di una delle tante vittime di quella stagione di sangue (mio padre, dirigente sindacale della Camera del Lavoro di Partinico, fu assassinato da una squadra armata della banda Giuliano nel giugno 1947), desidero infine trasmettervi la mia totale indignazione per il persistente tentativo di sdoganamento dei crimini di guerra compiuti dai nazifascisti di Salò. Si tratta di un’operazione promossa e divulgata da giornalisti celebri come Giampaolo Pansa e Bruno Vespa, cronisti di un periodo della storia italiana sul quale è iniziato soltanto da pochi anni un lavoro di seria ricerca archivistica. Non si fa Storia senza contestualizzare i fatti, basandosi sulle impressioni o su bibliografie datate o, ancora, sui discutibili (dal punto di vista storico – scientifico) racconti dei familiari o degli amici delle cosiddette “vittime” di alcune fazioni di partigiani comunisti nel triennio 1945 – 1947, nell’Italia settentrionale. Invece di annoiarci con i loro improbabili tentativi di benedizione del “sangue dei vinti”, Pansa, Vespa e i loro numerosi epigoni (non ultimo, il presidente dei Ds Massimo D’Alema con le sue sconvenienti esternazioni sulla morte di Mussolini), farebbero meglio a leggersi e a rileggersi lo straordinario monologo del drammaturgo Renato Sarti, quel “Mai Morti” (dal nome di uno dei famigerati battaglioni della Decima Mas) che il talentuoso attore Bebo Storti ha coraggiosamente portato sulle scene italiane negli anni scorsi.
Cordialmente,
Giuseppe Casarrubea
12 novembre 2005
Indice dei capitoli
1. La banda Giuliano e il neofascismo (p. 5)
2. La banda Giuliano e la Decima Mas (p. 7)
3. Il “Gruppo David” e “Fra Diavolo” (p. 21)
4. Spie e sabotatori nazifascisti (p. 25)
5. Verso la strage di Portella della Ginestra (p. 31)
6. L’ombra della banda Koch (p. 35)
1 La banda Giuliano e il neofascismo
Dalle centinaia di documenti rinvenuti nel 1997 dallo storico Aldo Sabino Giannuli presso l’archivio dell’Ufficio Affari Riservati di Federico Umberto D’Amato (noto anche come archivio del Servizio informazioni e sicurezza, Sis), apprendiamo che negli anni 1944 - 1947 la banda di Salvatore Giuliano è direttamente collegata ai gruppi eversivi neofascisti, monarchici e antibolscevichi, in particolare romani e meridionali (cfr. Aldo Sabino Giannuli, Salvatore Giuliano, un bandito fascista, rivista Libertaria, anno 5, n. 4, ottobre - dicembre 2003, pp. 48 – 58). Sul tema, citiamo di seguito alcuni documenti:
"[...] Il Macri (movimento anticomunista repubblicano italiano) è organizzato militarmente, forte di undicimila uomini tratti dai quadri dei vari partiti di centrodestra purché decisamente anticomunisti. [...] Sono in corso trattative, il cui esito favorevole è dato per certo, con i capi dell'Evis e con Giuliano. [...]” [31 dicembre 1946];
“[…] Il colonnello Marseguerra (capo divisione a Palazzo Caprara - ministero della Guerra, 1° piano, stanza 20) ed il maggiore Massa (paracadutista), comandante la zona di Roma 'Bonifiche montane', sono i capi militari dell'organizzazione clandestina del Pnm (Partito nazionale monarchico). Marseguerra provvede all'armamento dei fedelissimi. Sono comandanti militari dello stesso movimento: l'on. Alfredo Covello - che funge da segretario generale del partito monarchico ufficiale - e l'on. Sarrocchi. Il detto partito sta richiamando, con invito recapitato a mano da appositi fiduciari, tutti i vecchi iscritti. Da 20 giorni è stata riaperta la sede del partito in via Quattro Fontane, che è quella legale e dove gli iscritti vengono indirizzati verso l'organizzazione clandestina. Ferve l'opera di riorganizzazione soprattutto in Sicilia, dove non si disdegnano i contatti diretti neppure con la banda Giuliano. […]” [1° novembre 1946, titolo: “Attività monarchica”];
“[…] In tutta la provincia di Potenza, principalmente nello stesso capoluogo ed a Lavello, esiste una forte organizzazione monarchica clandestina a carattere anche militare. Il presidente provinciale è tal Cossidente Michele, medaglia d'oro, il quale ha diretti contatti con la direzione centrale di Roma e, per questa, con tale Antonio Vivonna [...] Le riunioni hanno luogo nell'abitazione di Germani Emanuele, con la connivenza della locale arma dei CC. [...] Il Cossidente ha rapporti con la banda Giuliano, tramite la centrale provinciale di Napoli. [...].” [26 novembre 1946, titolo: “Organizzazione monarchica clandestina a Potenza”].
Un rapporto dei servizi segreti statunitensi del 20 febbraio 1946 (cfr. il volume Come nasce la repubblica di Nicola Tranfaglia, Milano, Bompiani, 2004, p. 206, nota 98, titolo del documento: “Attività del bandito Giuliano in Sicilia”) segnala al punto 1 (paragrafo 3): “[…] Vi sarebbero numerosi gruppi di neofascisti a Palermo e a Catania. Al momento, la loro attività sembra confinata alla distribuzione di materiali di propaganda. Inoltre, elementi neofascisti provenienti dal nord Italia sono stati inviati in Sicilia per organizzare i suddetti gruppi. Sono stati rinvenuti volantini con i nomi delle organizzazioni Sam (Squadre d’azione mussoliniane) e Spsfe (Società patriottica siciliana fascista dell’Etna). Benché tali attività non costituiscano al momento una minaccia diretta alla sicurezza degli Alleati, non è da escludere che gli elementi neofascisti partecipino con l’Evis ad attacchi contro la polizia e le forze armate italiane. […].”
2. La banda Giuliano e la Decima Mas
“[…] A Palermo, verso il 15 dicembre 1944, il soggetto incontrò per caso di fronte al teatro ‘Finocchiaro’ di via Roma altri due colleghi, paracadutisti del battaglione San Marco. Si trattava dei fratelli Console Giuseppe (25 anni circa) e Giovanni (30 anni circa), siciliani. I fratelli risiedevano all’epoca in corso dei Mille, a Partinico, in provincia di Palermo. Un altro paracadutista del battaglione S. Marco, un certo Magistrelli, era in compagnia dei due fratelli. Assieme a Giovanni Console, Magistrelli meditava di tornare nella Rsi dopo il Natale del 1944. Sia i fratelli Console che Magistrelli sono dei sabotatori [della Decima Mas, nda]. […] Nel corso dell’incontro, i fratelli Console accennarono al fatto che vi era una banda fascista di diverse centinaia di elementi che operava nei pressi di Partinico al comando di un certo Giuliani. Della banda, che disponeva di armi, facevano parte molti tedeschi. Uno degli obiettivi della missione di Giovanni Console e di Magistrelli nella Rsi era di assicurare equipaggiamenti e armi per la suddetta banda […].” [Rapporto Oss, (Office of strategic services, lo spionaggio statunitense), 4 marzo 1945, titolo: “Sidari Pasquale, alias ‘Secchi’, agente dell’Abwherkommando 150”]. Ai “fratelli Consoli” accenna anche Aldo Bertucci nel volume Guerra segreta oltre le linee (Milano, Mursia, 1995, pp. 79, 101, 102, 103), dedicato ai sabotatori nazifascisti della Decima Mas che agiscono nell’Italia liberata tra il 1944 e il 1945.
In seguito alle suddette confessioni dell’agente sabotatore Sidari (alias “Secchi”) e del suo collega Giovanni Tarroni (alias “Trudu”) sui gruppi di sabotaggio e di spionaggio della Rsi nell’Italia liberata (i due militi della Decima Mas, in missione di spionaggio nell’Italia liberata dal settembre 1944, sono intercettati da una pattuglia americana sull’Appennino pistoiese, all’inizio di marzo del 1944), il controspionaggio alleato e il Sim (Servizio informazioni militari) arrestano decine di agenti nazifascisti a Napoli e nella provincia di Palermo. Le informazioni di Sidari e Tarroni si rivelano esatte. A Partinico, in provincia di Palermo, dall’estate del 1944 opera clandestinamente un commando della Decima Mas composto da Dante Magistrelli e da Giuseppe e Giovanni Console, in collegamento con la banda di Salvatore Giuliano. Nel gennaio e nel febbraio del 1945, Magistrelli si reca effettivamente a Roma per prendere contatti con elementi dei servizi segreti nazifascisti, con l’obiettivo di raccogliere ordini, finanziamenti e armi destinati alla banda. Magistrelli e i fratelli Console sono arrestati nella notte tra il 17 e il 18 marzo 1945, a Partinico. A Napoli, al contempo, i sabotatori Bartolo Gallitto e Gino Locatelli (Decima Mas) operano assieme ai neofascisti napoletani dell’organizzazione del principe calabrese Valerio Pignatelli, capeggiati da Rosario Ioele (alias “Enotrio”). Riportiamo di seguito (punti : a, b, c, d, e, f, g) i brani più importanti dei rapporti redatti tra il marzo e il maggio del 1945 dai carabinieri del Sim, in specie dal maggiore dei carabinieri Camillo Pecorella (nel 1946 sarà indagato dal Sis per i suoi legami con il movimento neofascista meridionale):
a) “[…] Magistrelli Dante, agente nemico, 12 maggio 1945. […] Magistrelli Dante, di Vittorio e Galli Dina, nato l’8 agosto 1919 a Legnano (Milano), italiano, abitante in via Volturno 13, Legnano. […] All’inizio del febbraio 1944, il soggetto è assegnato alla prima compagnia NP (al comando di Nino Buttazzoni, nda). La sua squadra, al comando del tenente Anassagora Serri, è composta da sei elementi: il soggetto, sergente De Bortoli, un altro sergente di cui non ricorda il nome, Console Pino, Console Giovanni, Cannamela. […] Il 21 marzo 1944, il capitano Buttazzoni ordina ai 50 uomini delle squadre speciali di recarsi da Iesolo a Roma divisi in cinque gruppi, al comando dei seguenti ufficiali: prima squadra: tenente Serri, Anassagora (il soggetto, De Bortoli, Console Pino, Console Giovanni, Cannamela); seconda squadra: tenente Gallitto (Moio, Locatelli, Bechelli, Re, Marchio, Morra, Bella e altri due, tutti ex paracadutisti del battaglione San Marco). […] L’8 maggio 1944, al soggetto e agli altri elementi viene comunicato di prepararsi a festeggiare un evento. Sono infatti tornati il tenente Ceccacci Rodolfo, l’ufficiale Bertucci Aldo e il tenente germanico Hubert Tommaso. Dopo uno scambio di cordiali saluti, Ceccacci annuncia di essere tornato dall’Italia liberata (dove si era recato nel febbraio 1944 dopo aver attraversato le linee nemiche, cfr. il volume Guerra segreta oltre le linee, cit., nda). […] Ceccacci conclude il suo racconto raccomandando agli uomini segretezza e cautela per le future missioni. […] Il 1° giugno 1944, il tenente Hubert ordina ai suoi uomini di tenersi pronti a partire. Il soggetto è assegnato alla squadra di Di Benedetti, assieme a Console Pino, Carau, Sprecapane e due altri elementi. […] A mezzanotte, il soggetto, Console Pino, il sergente Cumali, il sergente Sprecapane, Arviotti, Lacagnina, Ceccacci Rodolfo e il tenente Di Benedetti salgono su un camion tedesco per raggiungere Verano (provincia di Teramo). […] Il 16 giugno 1944, i comandi italiani e tedeschi giungono a Porto d’Ascoli, dover rimangono per tutto il giorno. Qui, assieme a Console Pino, il soggetto decide di disertare per raggiungere Partinico (provincia di Palermo). I due ricevono l’aiuto di un certo Francesco Martina, nativo anche lui di Palermo, elemento che i due incontrano per caso presso la famiglia Caratella (originaria di Francavilla Mare ma sfollata a Porto d’Ascoli). Il soggetto nega di aver ricevuto istruzioni dal nemico per una missione da svolgere nel territorio controllato dagli Alleati. […] Viaggiando con ogni mezzo, i due giungono a Partinico a fine giugno 1944, mentre il Martina decide di fermarsi a Palermo. Il soggetto si sistema presso la famiglia Console. Durante l’estate li aiuta a vendere frutta e, d’inverno, lavora presso la friggitoria della famiglia. […] All’inizio di settembre, anche Giovanni Console giunge a Partinico dopo essere fuggito da Venezia. […] Il soggetto afferma di non avere mai avuto contatti con la banda Giuliani in Sicilia. Nega inoltre con fermezza di aver mai avuto intenzione di recarsi al nord per ottenere armi e munizioni per tale banda. Il soggetto nega di aver mai visto Giuliano e di aver avuto contatti con i membri della banda. Ma ammette di aver incontrato per l’ultima volta Pasquale Sidari a Iesolo, nel febbraio 1944. […] Durante il suo soggiorno a Partinico, il soggetto non ha mai incontrato Pasquale Sidari. Altri agenti arrestati: Console Pino e Giovanni, corso dei Mille 128, Partinico. […] Il soggetto è intelligente e sicuro di sé. […] Riteniamo che abbia ricevuto istruzioni per una missione da svolgere nell’Italia liberata, sebbene sia stato abile nel mostrare come spontanea la decisione di disertare assieme a Pino Console. […] Il soggetto è da considerare un agente sabotatore al servizio del nemico. […] Al momento, si trova recluso in isolamento presso il carcere di Poggioreale. […] Non vi è il minimo dubbio che il soggetto appartiene all’organizzazione di spionaggio e sabotaggio al comando del tenente Hubert e che sia stato reclutato tra i militi della Decima Mas. […].”
Di Rodolfo Ceccacci e di “Giuliani”, si occupa anche un documento segreto del 3 novembre 1944 (redatto dal colonnello Hill Dillon del Cic, il controspionaggio dell’esercito statunitense nell’Italia liberata): “[…] Il seguente nominativo corrisponde a quello di un agente nemico. Al momento, riteniamo si trovi nel territorio dell’Italia liberata (Napoli o Taranto): Giuliani, secondo capo. Reparto: sommozzatori. Era di stanza a Taranto nei ranghi della Decima Flottiglia Mas. Si è poi recato a Napoli e, nell’aprile 1944, ha fatto ritorno in territorio nemico (la Rsi, nda) assieme a Ceccacci […]. Età: 28 anni. Statura: 1 metro e 65 centimetri. Capelli: scuri. Occhi: neri. Fisico: robusto. […].” Indubbiamente, il documento (ritrovato presso gli Archivi Nazionali di College Park nel Maryland, Stati Uniti, nell’agosto 2005) è di estremo interesse. Il “Giuliani” in questione è probabilmente Salvatore Giuliano (Montelepre, 1922). Sappiamo infatti che, nel biennio 1945/1946 (e anche oltre), i quotidiani e i rotocalchi nazionali e siciliani si riferiscono spesso al bandito come “Giuliani” (cfr., ad esempio, le carte del Sis, il settimanale Crimen del giugno 1945, a firma Igor Man, o i numerosi articoli su “Turiddu, il re di Montelepre” pubblicati da Il Corriere Lombardo di Edgardo Sogno negli anni 1945 – 1946, senza contare che nelle decine di documenti redatti a Napoli dal maggiore dei CC Camillo Pecorella, e in molte carte dello stesso Oss, si parla di Giuliano oppure di Giuliani, head of a fascist band in the Palermo province). Inoltre, durante l’interrogatorio di Pasquale Sidari del 12 maggio 1945 (di cui più avanti presentiamo una sintesi), l’agente Sim rivolge alcuni specifici quesiti al Sidari sul “Giuliani, secondo capo della Decima Mas”, basandosi sul suddetto rapporto del colonnello Hill Dillon del 3 novembre 1944. Infine, la descrizione fisica del “Giuliani” diffusa dagli agenti statunitensi coincide perfettamente con quella del bandito, ad eccezione dell’età. Tuttavia, occorre considerare che gli americani sono spesso imprecisi rispetto agli anni dei sabotatori nazifascisti ricercati (cfr., ad esempio, il volume Storia segreta della Sicilia di Giuseppe Casarrubea, Milano, Bompiani, 2005, nelle pagine dedicate al sabotatore della Decima Mas Giuseppe Sapienza, nato a Montelepre nel 1918), mentre è noto che Salvatore Giuliano (aveva ventidue anni nel 1944) apparisse fisicamente più maturo (cfr., ad esempio, le foto del bandito comparse sulla stampa italiana a partire dal 1945). A parziale riscontro del rapporto redatto da Hill Dillon il 3 novembre 1944, vale notare che anche Aldo Bertucci nel volume Guerra segreta oltre le linee (cit., pp. 17 - 79) si dilunga ampiamente sul viaggio compiuto assieme a Ceccacci a Taranto e sul loro successivo ritorno nella Rsi (assieme a Tommaso Hubert) passando per Napoli. A Taranto, nel gennaio 1944, gli Alleati iniziano l’addestramento degli NP (Nuotatori – Paracadutisti) della Decima Mas che, all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943, non hanno aderito all’appello del comandante Junio Valerio Borghese per continuare la guerra a fianco dei tedeschi. [sul tema, cfr. il volume I Nuotatori Paracadutisti di Amando Zarotti, Milano, Auriga, s. d., capitolo II, “Gli NP del San Marco del Sud”, pp. 177 – 212]. Nel porto pugliese, l’istruttore dei marò italiani è il capitano Kelly, un agente dell’Oss.
Il tenente nazisfascista Tommaso Hubert (cfr. l’interrogatorio di Magistrelli, a p. 8) e lo “Huppert” citato da Buttazzoni nel suo volume Solo per la bandiera (Milano, Mursia, 2002) sono la stessa persona? Secondo Magistrelli, il tenente Hubert è con Ceccacci e Bertucci a Taranto nella primavera del 1944: è quindi probabile che abbia conosciuto il “Giuliani” citato dal colonnello Hill Dillon (il 12 agosto e il 3 novembre 1944). Secondo Buttazzoni, nell’aprile 1946 è “Huppert” che, per conto di James Jesus Angleton (X - 2) e di Agostino Calosi (Sis), contatta Buttazzoni (clandestino a Roma) perché si unisca agli americani nella lotta contro il comunismo. E’ “Huppert” a riallacciare le fila tra la cosiddetta banda Giuliano e gli ex sabotatori della Decima Mas (Buttazzoni, Ceccacci, Bertucci, Sapienza, Magistrelli, i fratelli Console, ecc.) in funzione della “sporca guerra” contro il Pci e il movimento democratico siciliano, tra la primavera del 1946 e le elezioni politiche dell’aprile 1948?
Con le dovute cautele, possiamo ora avanzare la seguente ipotesi: in fuga dalla Sicilia dopo aver assassinato il carabiniere Mancino nelle campagne di Montelepre (2 settembre 1943), Salvatore Giuliano trova rifugio in Calabria presso la rete neofascista del principe Valerio Pignatelli, all’epoca in fase di costituzione; all’inizio del 1944 (probabilmente in missione di spionaggio per conto di Pignatelli) troviamo Giuliano a Taranto, agli ordini del capitano Kelly (Oss), nei ranghi del corpo “Nuotatori - Sommozzatori” [cfr. Zarotti, cit. p. 18]; giunti a Taranto nel marzo 1944 in missione segreta per conto di Borghese, i marò Rodolfo Ceccacci e Aldo Bertucci incontrano Giuliano (probabilmente, su indicazione degli agenti di Pignatelli) e lo invitano a unirsi alla Decima Mas rimasta fedele a Mussolini; Giuliano decide di disertare e di seguirli nella Rsi (forse, dopo aver ricevuto promesse di cospicui guadagni); a Taranto, per loro stessa ammissione, Bertucci e Ceccacci contattano segretamente i loro ex commilitoni della Decima (ora al servizio degli Alleati), ricevendone alloggio e protezione; dopo aver fatto tappa a Napoli (“capitale” del neofascismo clandestino meridionale), nell’aprile 1944 Ceccacci, Bertucci e Giuliano varcano via mare la linea Gustav e raggiungono, l’8 maggio 1944, il campo base del “Gruppo Ceccacci” a Penne (Abruzzo) [cfr. l’interrogatorio di Dante Magistrelli]; qui, Ceccacci presenta a Giuliano Dante Magistrelli e i fratelli Giovanni e Giuseppe Console (questi ultimi originari di Partinico, in provincia di Palermo, distante pochi km da Montelepre) e ordina loro di portarsi in Sicilia per compiervi azioni di sabotaggio e di spionaggio ai danni degli Alleati; Ceccacci e Bertucci si recano quindi a La Spezia e poi a Jesolo per riferire sulla loro missione rispettivamente al comandante Borghese e a Nino Buttazzoni; in avanscoperta (probabilmente a giugno, dopo la liberazione di Roma), Giuliano varca nuovamente la linea Gustav per raggiungere Montelepre, dove inizia a costituire un gruppo armato al servizio dei nazifascisti; a fine giugno, Giuliano è raggiunto dai suoi commilitoni Dante Magistrelli e da Giuseppe Console (e, all’inizio di settembre del 1944, da Giovanni Console); Magistrelli e i Console operano sul territorio della provincia di Palermo fino al loro arresto, avvenuto nel marzo 1945 [cfr. anche gli interrogatori di Giuseppe Console, Giovanni Console, Gino Locatelli, Pasquale Sidari, Rosario Ioele, in questo dossier]. Vale infine notare che nessuna opera storica o memorialistica sulla Decima Mas pubblicata in Italia negli ultimi decenni, affronta mai il tema della missione di Magistrelli e dei fratelli Console in Sicilia nel 1944 – 1945.
Nell’interrogatorio di Magistrelli (p. 8), è inoltre di notevole interesse il riferimento al palermitano Francesco Martina. Con ogni probabilità, si tratta del “noto Martina, capo della banda Giuliani” citato dallo storico Aldo Sabino Giannuli a p. 56 del saggio di Libertaria, (cit). Di Francesco Martina, scrive anche un documento Oss del 18 luglio 1944: “[…] Personale dell’Ovra nel Lazio: […] Commissario aggiunto Martina Francesco. Squadrista, marcia su Roma, molto pericoloso, ha sempre agito come agente provocatore, sleale e feroce nel suo lavoro. Ha cooperato fino alla liberazione di Roma (4 giugno 1944, nda) con le autorità repubblicane fasciste. Quando il ministro dell’Interno della Rsi Buffarini Guidi si spostò a Roma (nel novembre del 1943, nda), il Martina divenne il suo braccio destro. Era incaricato di svolgere le missioni più delicate, assegnategli direttamente dal vice capo della polizia. E’ latitante. […].” Un rapporto del Sis (16 novembre 1944) così lo definisce: “[…] Il Martina è noto come fascista fanatico, tanto che ostentava nel periodo dall’8 settembre 1943 al 4 giugno 1944, il distintivo di iscrizione al fascio repubblicano. […] E’ indiscussa la sua attivissima collaborazione con gli organi della sedicente Rsi e dei nazisti, la cui causa aveva apertamente sposata. […]. Iscritto al Pnf dal 1° gennaio del 1921. […].” Tra il 1944 e il 1947, il Martina sarebbe quindi l’elemento neofascista di continuità “politica” con la banda Giuliano.
b) “[…] Console Giovanni, agente nemico, 13 aprile 1945. […] Console Giovanni (nessun nome di copertura), di Giuseppe e di Cangemi Maria Antonia, nato il 25 febbraio 1918 a Partinico (Palermo), italiano, residente a Partinico in corso dei Mille 128, membro della marina militare italiana, in possesso del diploma di terza elementare. Fratelli: Vito, 30 anni, muratore, sposato; Giuseppe, 25 anni, sarto, celibe; Salvatore, 20 anni, sarto, celibre. Sorelle: Rosalia, 35 anni, casalinga, sposata; Fina, 20 anni, casalinga, nubile. Il soggetto è arrestato la sera del 17 marzo 1945 da agenti britannici e italiani nella sua casa di corso dei Mille 128, Partinico (Palermo), assieme a Magistrelli Dante e a Console Salvatore (fratello del soggetto). Recluso nel carcere di Palermo il 18 marzo, il 19 il soggetto è tradotto al Centro per il Controspionaggio di Napoli, con l’accusa di appartenere alla rete spionistica del nemico. […] Si arruola nella marina militare italiana il 15 marzo 1938 […] Il 10 febbraio 1944, entra nella squadra del tenente Anassagora Serri. (“Gruppo Ceccacci”). Anche il fratello del soggetto, Giuseppe, fa parte di detta squadra. Nel marzo del 1944, il tenente germanico Tommaso Hubert richiede la presenza della squadra a Penne (in Abruzzo, nda). La squadra è composta da Serri, De Bortoli, Magistrelli, Cannamela e dai due fratelli Console. […] Il 20 giugno 1944, dopo aver appreso che suo fratello Giuseppe e Magistrelli Dante hanno disertato, il soggetto decide di non tornare a Penne. Assieme al fratello, infatti, aveva già meditato di disertare e di tornare in Sicilia alla prima occasione favorevole. […] Il soggetto arriva a Partinico il 25 agosto 1944. Nega di aver ricevuto istruzioni per missioni da compiere nel territorio dell’Italia liberata. […] Verso il Natale del 1944, il soggetto incontra il sergente Sidari Pasquale all’ingresso del teatro “Finocchiaro”, a Palermo (via Roma). Sidari gli racconta di essere a Palermo con una compagnia di varietà. […] Il soggetto afferma di aver incontrato Sidari una prima volta nel 1938, a La Spezia, a bordo del sottomarino ‘Morosini’ e di averlo nuovamente visto nell’ottobre del 1943 nei ranghi della Decima Mas. Inoltre, il soggetto afferma di conoscere i seguenti elementi: […] Locatelli Gino, Decima Mas, incontrato a Iesolo e a Capena. […] Il soggetto, che è apparso tranquillo durante l’interrogatorio, è da considerarsi un agente sabotatore nemico. […] Nega di aver mai avuto contatti con la banda Giuliani e di aver saputo che Sidari era un agente nemico. […] Ammette la possibilità di aver parlato della banda Giuliani al Sidari, ma nega di aver affermato che tale banda sia ben armata, composta anche da disertori tedeschi e benvoluta dalla popolazione locale. Afferma di non conoscere l’organizzazione della banda e i suoi obiettivi e di aver sentito dire che la banda vive di furti e di saccheggi. Di conseguenza, il soggetto non ritiene che la banda abbia connotati politici. Nega di aver comunicato al Sidari che, assieme al Magistrelli, si sarebbe recato al nord dopo il Natale 1944 per riferire al comando della Decima Mas sulle attività della banda Giuliani. […] Il soggetto ha solo sentito dire che il capo della banda è un uomo di circa 22 - 23 anni, originario di Montelepre. […].”
c) “[…] Console Giuseppe, agente nemico, 11 aprile 1945. […] Console Giuseppe è stato arrestato da agenti britannici e italiani la sera del 16 marzo 1945, a Palermo, e trovasi attualmente recluso nel carcere di Poggioreale (Napoli). […] Console Giuseppe, di Giuseppe e di Cangemi Maria, nato il 20 maggio 1920 a Partinico (Palermo), abitante in corso dei Mille 128, Partinico, di professione sarto. […] Si arruola in marina il 15 luglio 1940, imbarcandosi nella corazzata ‘Cavour’. […] Il 26 ottobre 1943, apprende dal comandante Buttazzoni che gli ex parà del battaglione San Marco si stanno radunando presso la base della Decima Mas, a La Spezia. […] Assieme a Maroni, il soggetto viene destinato al primo plotone della prima compagnia al comando del tenente Ceccacci. Nella stessa unità si trovano: Sidari, Ciancio, Rani, Becchelli, Mora, Moio e Re. […] Il 27 marzo 1944, il tenente Ragazzi presenta alla squadra di Anassagora Serri il tenente germanico Tommaso Hubert. La squadra Serri è composta da De Bortoli, Magistrelli, Console Giovanni, Cannamela Silvestro e dal soggetto. […] Il 10 giugno 1944, durante una sosta a Porto d’Ascoli (le truppe alleate stanno per occupare la cittadina, nda), il soggetto fa la conoscenza di un certo Martina Francesco, originario di Palermo, e gli chiede di aiutarlo a trovare del cibo. Quella sera, assieme al Magistrelli, il soggetto cena con il Martina presso la famiglia Pantalone, originaria di Francavilla al Mare ma sfollata a Porto d’Ascoli. Ospite di detta famiglia, il Martina è un civile rifugiatosi a Porto d’Ascoli a causa degli eventi bellici. E’ allora che il Magistrelli suggerisce al soggetto di approfittare dell’occasione per disertare. Insieme, decidono di raggiungere il prima possibile Partinico, in provincia di Palermo. […] Il 22 giugno, il soggetto, il Martina e il Magistrelli abbandonano a piedi Porto d’Ascoli e, con un camion, raggiungono Bari e poi Taranto (dove, con ogni probabilità, si mettono segretamente in contatto con gli stessi militi della Decima Mas che, due mesi prima, hanno ospitato Ceccacci e Bertucci, nda). […] A Palermo, il Martina raggiunge la sua famiglia, mentre gli altri due proseguono per Partinico, dove arrivano il 27 o il 28 giugno 1944. Il Magistrelli prende alloggio presso i Console e, assieme a Giuseppe, inizia a lavorare nella friggitoria di famiglia. Alla fine del 1944, il soggetto si reca giornalmente a Palermo per il gioco delle “Tre carte”, mentre Magistrelli continua a lavorare nella friggitoria. Alla fine di agosto del 1944, anche Giovanni Console raggiunge Partinico. […] Nel dicembre 1944, il soggetto incontra per caso a Palermo il sergente Sidari Pasquale, conosciuto a Tarquinia un anno prima. Il Sidari gli racconta di essere il direttore di una compagnia di avanspettacolo presso il teatro “Finocchiaro” (via Roma) e di essere in procinto di partire per la Calabria. […] Il soggetto non sa niente dell’esistenza di Giuliano, perché Giuliano è di Montelepre, un paesino distante 8 chilometri da Partinico. Il soggetto è solo al corrente del fatto che, poco prima del Natale 1944, alcuni membri della banda hanno ucciso un tenente dei carabinieri che transitava in motocicletta sulla strada per Montelepre. Il carabiniere è stato assassinato in maniera premeditata. […] Durante l’interrogatorio, il soggetto ha cercato di apparire tranquillo. Sebbene di scarsa educazione, possiede una viva intelligenza ed è ‘sveglio’. […] I veri motivi del suo viaggio a Roma non sono ancora chiari. […] Occorre tenerlo in prigione finché non sarà conclusa l’indagine sul gruppo Locatelli - Gallitto - Ioele (agenti nemici, Napoli). […] Il soggetto nega di essere stato incaricato dallo spionaggio germanico di intraprendere una missione nell’Italia liberata. […] Inoltre, tace sulle istruzioni da lui ricevute per intraprendere azioni di sabotaggio e, messo alle strette, ha fornito dichiarazioni confuse e incomplete. Ha cercato di minimizzare i suoi rapporti con il Sidari, a noi noto tramite gli interrogatori di Locatelli Gino (Napoli), e nega di conoscere Giuliano e la sua banda. La banda Giuliano potrebbe essere composta soltanto da criminali comuni senza alcun ideale politico, ma occorre considerare che detta banda costituisce un fattore di grave disturbo dell’ordine pubblico e che potrebbe servire gli interessi dei servizi segreti germanici. Tramite il centro per il controspionaggio di Catania, sono in corso indagini per verificare se il soggetto abbia mai avuto rapporti con i vari membri della banda Giuliano. […] E’ chiaro che il soggetto faceva parte di un gruppo di sabotaggio agli ordini dei germanici. In Sicilia, si è spacciato per disertore, così celando il suo reale status militare. […] Suggerisco che sia processato da una corte militare italiana con l’accusa di aver favorito il nemico. […].”
d) “[…] Locatelli Gino, agente nemico, 2 aprile 1945. […] Nel novembre 1943, il soggetto presta giuramento alla Decima Mas e viene assegnato alla prima compagnia degli NP, al comando del tenente Rodolfo Ceccacci. […] Il 2 marzo 1944, è assegnato alla squadra del tenente Gallitto Bartolo, a Iesolo. […] A Roma, il 5 giugno 1944 (il giorno dopo la liberazione della città, nda), il soggetto e Gallitto decidono di partire in missione per Napoli. […] A Napoli, in luglio, il soggetto affitta una stanza presso la famiglia di un impiegato, Alfredo Fiore, in via Kerbaker 138 (come vedremo nel cap. 3, si tratta del medesimo neofascista incaricato da Tommaso David, tramite l’agente Vito Laginestra, di entrare in contatto nelle stesse settimane con ‘Fra Diavolo’ nella zona di Monte Esperia, a sud di Roma, nda). […] Nell’agosto 1944, in compagnia di un professore universitario di Napoli, Gallitto raggiunge in automobile la Sicilia per rendere visita alla sua famiglia a Floridia (Siracusa). Torna a Napoli il 10 settembre 1944, in compagnia di Misiano Antonio, ex paracadutista del battaglione San Marco, incontrato in Calabria. […] Verso la fine di ottobre del 1944, Gallitto comunica al soggetto di aver finalmente contattato un rappresentante del movimento fascista napoletano. […] Verso il 10 novembre, i due incontrano il leader del fascismo clandestino napoletano, “Enotrio” (nome di copertura di Rosario Ioele, nda). […] Il 20 novembre, Gallitto decide di inviare il soggetto nella Rsi. […] Il 19 novembre, Gallitto e Locatelli incontrano “Enotrio”, il quale chiede a Locatelli di riferire ad Alessandro Pavolini le seguenti informazioni: il movimento clandestino fascista sta risorgendo in tutta l’Italia meridionale; i finanziamenti scarseggiano; in Campania il movimento procede bene; in Calabria, è più forte; in Puglia, il movimento si sta diffondendo ed è composto da giovani e da studenti; il principe Valerio Pignatelli è stato arrestato. […] Varcate le linee il 30 novembre 1944 (la linea Gotica, sull’Appennino tosco - emiliano, nda), il soggetto chiede al comando tedesco di essere messo in contatto con il capitano Nino Buttazzoni della Decima Mas (nei giorni seguenti, Locatelli scrive un ampio rapporto per lo spionaggio nazifascista sulla situazione militare alleata a Roma e a Napoli, nda). […] A Verona, il soggetto chiede al maresciallo De Luca un operatore radio da portare nell’Italia liberata. De Luca risponde che gliene avrebbe fornito uno che sta completando un corso a Verona. […] Dopo aver ottenuto una licenza, il soggetto si reca a trovare la famiglia a Milano e poi a Montorfano (Como) dove incontra il comandante Mario Rossi (capo del battaglione ‘Vega’ della Decima Mas, nda). […] Il Rossi informa il soggetto che il ‘Vega’ collabora ora con l’SD (lo Sichereitsdienst, il controspionaggio nazista, nda) e che desidera presentarlo al maggiore “Cypresse” (il maggiore tedesco Otto Ragen, alias maggiore Begus, capo dell’organizzazione spionistica Unternehmen Cypresse, nda), capo dell’SD di Verona. […] A Montorfano, il soggetto incontra anche gli ufficiali della Decima Mas Lo Cascio, Sessa e Mambelli. […] Il 5 gennaio 1945, il soggetto raggiunge Verona in compagnia di Lo Cascio. Non trovando nessuno nella sede dell’SD (in corso Vittorio Emanuele 11, ex Palazzo delle Assicurazioni), i due si recano a San Martino Buonalbergo, dove, in una villa occupata da tedeschi e da italiani (villa Grezzana di Campalto, nda), incontrano un tenente dell’SD. Nel pomeriggio, Lo Cascio e il soggetto tornano a Verona, dove hanno un primo colloquio con il maggiore Begus e il capitano Von Thunn. […] Begus comunica al soggetto che, d’ora in poi, avrebbe lavorato per l’SD e che il capitano Von Thunn avrebbe organizzato il suo (di Locatelli, nda) ritorno nell’Italia liberata. […] La Decima Mas avrebbe finanziato la missione, mentre l’SD avrebbe fornito gli esplosivi necessari. I membri del commando sono i seguenti: Lo Cascio (capo della missione), Sessa, il soggetto, Mazzuccato e Gallitto, che si trova già a Napoli. La missione ha i seguenti obiettivi: raccogliere informazioni sull’Italia liberata; organizzare sabotaggi; entrare in contatto con ‘Enotrio’ e utilizzare la sua organizzazione fascista. […] A Montorfano, il 15 gennaio, ha luogo una seconda riunione alla presenza di Mario Rossi. […] Tra il 17 e il 20 gennaio, Sessa e Lo Cascio frequentano un corso di sabotaggio a villa Grezzana di Campalto (Verona). […] Il 30 gennaio, di notte, il soggetto viene paracadutato nei pressi di Salerno. A Napoli, raggiunge Gallitto in via Francesco Saverio 70. […] In data 8 febbraio 1945, “Enotrio” raggiunge il soggetto in via Kerbaker 138 (abitazione di Alfredo Fiore, nda). Il soggetto riferisce a Rosario Ioele (“Enotrio”) di non essere stato in grado di contattare Pavolini, assente da Milano, ma che altri agenti sarebbero arrivati a Napoli in breve. […] Tra il 10 e il 15 febbraio 1945, il soggetto incontra (in via Kerbaker 138) Pasquale Sidari, parà, sergente del battaglione ‘Vega’ della Decima Mas. Il soggetto aveva conosciuto il Sidari a Tarquinia nel 1941 e lo aveva poi rivisto nel marzo del 1944, a Milano. Era al corrente del fatto che il Sidari era stato paracadutato in Puglia cinque mesi prima, ma da tre mesi il comando della Decima Mas non riceveva più sue notizie. Con l’obiettivo di attraversare le linee e raggiungere la Rsi, il Sidari si è fermato a Napoli: è infatti al corrente che in città si trova in missione il Gallitto e intende incontrarlo. […] Sidari racconta di aver incontrato in Sicilia Console Giuseppe, con il quale ha poi mantenuto rapporti. Il Console era in compagnia del sottocapo Magistrelli Dante. Tali notizie sorprendono il soggetto: non comprende infatti come mai Console Giuseppe e il Magistrelli si trovino in Sicilia. Il comando della Decima Mas aveva infatti perso le tracce di Serri, De Bortoli, Console Giovanni e degli altri componenti della squadra. Sidari replica che il Magistrelli si era allontanato nell’estate del 1944 con l’obiettivo di attraversare le linee e di raggiungere l’Italia liberata. […] Il Sidari suggerisce quindi che il soggetto entri in contatto con Giuseppe Console, nel caso il soggetto decida di recarsi in missione in Sicilia: il Console, infatti, potrebbe metterlo in contatto con la banda Giuliani. La banda risulta essere ben armata […] Il soggetto incontra successivamente ‘Enotrio’ e gli comunica che un agente, Sidari, in viaggio verso il nord, si trova attualmente a Napoli. Il soggetto intende quindi utilizzarlo per inviare in Sicilia esplosivi e altri agenti. […] Interrogato dal soggetto su Giuliani, ‘Enotrio’ risponde che la banda opera in Sicilia, è armata molto bene e dispone di armi automatiche e di automezzi in quantità. Ma ‘Enotrio’ non è in grado di sapere se Giuliani sia in possesso di una radio ricetrasmittente. Il soggetto comunica quindi a ‘Enotrio’ che intende chiedere a Lo Cascio l’autorizzazione a recarsi in Sicilia per entrare in contatto con la banda Giuliani. […] Aggiunge poi che, dopo aver messo a punto le azioni di sabotaggio nella zona di Napoli, è sua intenzione entrare in contatto con il movimento fascista della Calabria, raggiungere la Sicilia in loro compagnia e contattare Giuliani. Console Giuseppe li avrebbe aiutati. La missione consiste nel verificare l’organizzazione del movimento fascista in Calabria e nell’avvicinare la banda Giuliani, per comprendere quali siano i suoi reali obiettivi e lo stato del suo armamento. […] Commento del centro per il controspionaggio: […] è interessante che il Sidari comunichi al soggetto che agenti nemici sono in contatto con la banda Giuliani in Sicilia. Il centro per il controspionaggio di Catania (Sim) dovrà indagare sul tema. […].”
e) “[…] Gallitto Bartolo, agente nemico, 17 aprile 1945 […] Gallitto Bartolo, di Enrico e di Marano Carmela, nato il 1° agosto 1921 a Floridia (Siracusa), dottore in Legge, ex NP, residente in via Saverio Correra n. 70, Napoli, e in via Garibaldi 112, Floridia. […] Nell’ottobre del 1943 (Roma è già stata occupata dai tedeschi, nda), in piazza Colonna, il soggetto è in compagnia del tenente Ceccacci Rodolfo. Qui, i due incontrano il comandante Junio Valerio Borghese che, riconosciutili, li invita ad arruolarsi negli NP che si stanno ricostituendo (in piazza Colonna, nella Roma occupata dai nazisti, opera anche il gruppo “Sabotatori – Attentatori” di Tommaso David, in collaborazione con August Ludwig, alias ‘Brentano’ dell’SD tedesco, nda). I due accettano e il giorno dopo si presentano al ministero della Marina, dove incontrano il capitano Buttazzoni e il tenente Anassagora Serri. Assieme a Ceccacci, il soggetto si reca allora a La Spezia. […] Nei primi giorni del 1944, il soggetto incontra il maggiore tedesco Von Thunn, ufficiale di collegamento tra i tedeschi e le squadre speciali italiane. […] Gli uomini di queste squadre sono addestrati all’uso degli esplosivi con l’obiettivo di distruggere strade, ferrovie e fortificazioni nell’Italia liberata. […] Dopo la liberazione di Roma, il soggetto e Locatelli Gino raggiungono Napoli con mezzi di fortuna e si sistemano a casa del soggetto. […] Nell’agosto 1944, il soggetto si mette in viaggio per la Sicilia e arriva a Floridia (Siracusa) circa dieci giorni dopo. […] Nello stesso periodo, in città, il soggetto incontra il siracusano Fontana, ex membro degli NP, che il soggetto aveva conosciuto a Tarquinia. A detta del soggetto, il Fontana aveva disertato e si era nascosto a Floridia. […] All’inizio di settembre 1944, il soggetto torna a Napoli. […] Sulla via del ritorno, il soggetto incontra l’ex milite del battaglione San Marco Antonio Misiani, un calabrese che pochi giorni dopo arriverà a Napoli. […] Un giorno, in piazza Amedeo, a Napoli, Antonio Picenna (un neofascista amico di Gallitto, nda) presenta al soggetto Ioele Rosario (‘Enotrio’), che inizia ad illustrare il movimento politico neofascista che intende organizzare al sud. […] Il soggetto replica che, dopo essere giunto a Napoli, la sua radio ricetrasmittente è andata in panne, così impedendogli di mantenere i contatti radio con il nord. Inoltre, i suoi compagni di squadra sono stati quasi tutti arrestati. Il soggetto aggiunge inoltre di contare sull’aiuto dell’organizzazione di Ioele. In cambio, avrebbe aiutato Ioele a spedire informazioni politiche al nord. Ioele accetta (nei giorni seguenti, Gallitto presenta Locatelli a Ioele. I tre discutono del viaggio clandestino di Locatelli al nord e del suo successivo ritorno a Napoli, cfr. l’interrogatorio di Locatelli, nda). […] Il 15 dicembre 1944, il soggetto è arrestato dai carabinieri e dall’Fss (Field security service) britannico e condotto al Centro per il Controspionaggio di Napoli (ma confessa di appartenere ai commandos della Decima Mas solo nel marzo 1945, dopo la cattura di Locatelli e di Ioele, nda). […] Commento del maggiore dei carabinieri Camillo Pecorella, capo del Centro per il Controspionaggio (Sim) di Napoli: […] il soggetto è un giovane colto e intelligente e, constatando che vi sono numerose prove sulla sua appartenenza ai servizi di intelligenza germanici, ha deciso di confessare. […] Il soggetto dovrà essere processato da una corte militare. […].”
f) “[…] Ioele Rosario (alias ‘Enotrio’), agente nemico, 27 aprile 1945. […] Ioele Rosario (alias “Enotrio”), di Domenico e di Minardi Francesca, nato il 31 maggio 1911 a Cotronei (Catanzaro), scrittore, coniugato, abitante in via Porpora 19, Napoli, assieme alla sua famiglia. […] Il soggetto è stato arrestato dagli agenti del Centro per il Controspionaggio (Sim) di Napoli, alle ore 21.30 del 10 marzo 1945, nella sua abitazione. […] Nel febbraio 1944, il soggetto incontra il principe Valerio Pignatelli (marito della marchesa De Seta, che possiede vaste tenute in Calabria), un noto sostenitore dell’ex Partito nazionale fascista. […] Secondo il soggetto, appare necessario non abbandonare a se stessi gli ex militanti del Pnf, con l’obiettivo di arruolarli in un ‘Partito di unità nazionale’. Pignatelli replica di essere fortemente legato alla monarchia e invita il soggetto a ritornare. […] Il secondo incontro avviene due giorni dopo. […] Giorni dopo, in un terzo incontro, Pignatelli comunica al soggetto che il progetto deve essere sviluppato dal punto di vista dell’azione e, visti i tempi, non della propaganda. […] Verso la metà di maggio del 1944, il soggetto viene a sapere dell’arresto di Pignatelli. […] Nell’agosto del 1944, il soggetto incontra (a casa di Guido Bolognesi, un neofascista napoletano, nda) Ludovico Moroni, fiorentino, un ardente fascista che era stato appena rimpatriato da Algeri, dove era stato internato dagli Alleati in un campo di concentramento britannico. Era stato fatto prigioniero in Sicilia, perché prefetto fascista della città di Ragusa. Alessandro Pavolini, il segretario del Pfr, è il padrino del figlio di Moroni. […] In settembre, in piazza Amedeo, il soggetto incontra l’avvocato neofascista Antonio Picenna e fa la conoscenza di un amico dell’avvocato, Bartolo Gallitto. […] Gallitto afferma di far parte della Decima Mas, di aver combattuto ad Anzio e di essere in contatto con i fascisti repubblicani al nord attraverso una serie di amici residenti a Roma (come vedremo nel cap. 3, il neofascista napoletano Alfredo Fiore soggiorna spesso a Roma presso l’albergo “Boston”, nda). […] I due discutono della possibilità di creare in Campania una forte organizzazione fascista. Gallitto comunica al soggetto che, per tale obiettivo, sarebbero presto arrivate seicentomila lire. Il soggetto, allora, rivela di essere in grado di offrire una vasta organizzazione fascista a sud di Napoli (l’organizzazione eversiva di Pignatelli, in Calabria, e la banda di Salvatore Giuliano in Sicilia? Nda) […] Giorni dopo, Gallitto presenta al soggetto Gino Locatelli, milite della Decima Mas. Viene quindi discusso il viaggio di Locatelli al nord e il suo ritorno a Napoli tramite lancio di paracadute. […] Il soggetto incontra poi Moroni, che aveva conosciuto mesi prima a casa di Bolognesi. Il soggetto comunica a Moroni che un agente sarebbe presto partito per la Rsi per riferire direttamente a Pavolini sulla situazione politica nel meridione e gli chiede il permesso di riferire al segretario del Pfr che egli (Moroni, nda) si trova a Napoli e che è pronto ad eseguire i suoi ordini (di Pavolini, nda). Moroni sarebbe stato presentato come ‘l’immatricolatore fiorentino’, il soprannome che Pavolini gli aveva affibbiato ai tempi dello squadrismo fiorentino degli anni Venti. Inoltre, il soggetto suggerisce di comunicare a Pavolini che egli (Ioele, nda) continua a portare avanti l’attività politica avviata dal principe Pignatelli. D’ora in avanti, nelle comunicazioni, il Pignatelli sarebbe diventato il “principe colonnello” (l’organizzazione politica che Ioele intende creare nel sud è il “Partito di unità nazionale”, nome che rimanda al movimento neofascista “Schieramento nazionale” che, a partire dal 1946, sarà molto attivo nel meridione. I suoi leader saranno Pino Romualdi a Roma, Moroni e Bolognesi a Napoli, Fortunato Polvani a Palermo, nda). […] All’inizio di febbraio 1945, il soggetto incontra nuovamente Locatelli in via Kerbaker 138. […] Locatelli comunica al soggetto che, a giorni, sarebbe giunto dal nord il comandante Lo Cascio della Decima Mas, con finanziamenti ed istruzioni. […] In seguito, Moroni comunica al soggetto di essere in procinto di recarsi a Firenze, sua città natale. […] Ludovico Moroni: ex prefetto fascista di Ragusa (Sicilia), ospite di Bolognesi Guido. Elemento violento e di idee mussoliniane. […] A Napoli, i neofascisti sono divisi in sezioni, e le sezioni in gruppi di tre o quattro elementi. […] Commento del capo del Centro per il Controspionaggio di Napoli, maggiore dei CC Camillo Pecorella: il soggetto è intelligente e colto. […] Dinanzi alle evidenti prove del suo coinvolgimento nel movimento neofascista meridionale, ha deciso di confessare. […] E’ colpevole di essere stato in contatto con gli agenti nemici Gallitto Bartolo e Locatelli Luigi e con il principe Valerio Pignatelli, arrestato nella primavera del 1944, elemento in attesa di giudizio per aver tentato di costituire il Partito fascista repubblicano nell’Italia liberata. […] Senza alcun dubbio, il soggetto ha svolto numerose attività in favore del nemico. […] Suggeriamo quindi che sia processato da una corte militare. […].”
g) “[…] Sidari Pasquale, agente nemico, 12 maggio 1945. […] In relazione ai suoi contatti con gli agenti nemici Locatelli Luigi, Magistrelli Dante, Console Giuseppe e Console Giovanni, il soggetto ha sottoscritto le seguenti dichiarazioni: ‘[…] A Palermo, verso il 14 dicembre 1944, il soggetto incontra un vecchio compagno d’armi, Console Giovanni. Il Console gli confida che il loro amico Magistrelli Dante si trova a Partinico, sua (del Console, nda) città natale, e che anche suo fratello, Console Giuseppe, è a Palermo. Il soggetto replica di trovarsi a Palermo in compagnia di Tarroni Giovanni e che sarebbe lieto di incontrare anche Console Giuseppe. Il giorno dopo, i due fratelli Console incontrano il soggetto presso il teatro “Finocchiaro”, in via Roma. Il colloquio dura a lungo (il dato è interessante: per la prima volta, il Sidari confessa che vi è un secondo, lungo incontro tra lui e i fratelli Console a Palermo, nda). I Console raccontano al soggetto che in Sicilia opera una banda capeggiata da un certo Giuliani, che la banda è bene armata e che ha tra le sue fila numerosi disertori tedeschi. La popolazione locale ha una buona opinione della banda e le fornisce ogni possibile aiuto. I Console raccontano inoltre che, subito dopo il Natale 1944, Magistrelli e Console Giovanni si sarebbero recati al nord per riferire al comando della Decima Mas sulle attività della banda Giuliani. A detta del soggetto, i tre erano in missione in Sicilia (in effetti, dagli interrogatori del Magistrelli e dei fratelli Console, risulta che verso il 12 gennaio 1945, il Magistrelli e Console Giovanni si recano a Napoli e, in febbraio, a Roma, per poi tornare a Partinico, dove vengono arrestati a metà marzo, nda). […] Il soggetto ha aggiunto di non aver mai avuto contatti con la banda Giuliani. […] Il 16 dicembre 1944, assieme al Tarroni, il soggetto lascia Palermo. […] Nel febbraio del 1945, è a Napoli. Qui, incontra lo zio del tenente Gallitto Bartolo e chiede notizie di Locatelli Gino. […] Verso il 10 febbraio 1945, il soggetto si incontra con il Locatelli presso il ristorante ‘Pizzicato’, in via del Rettifilo. I due conversano a lungo sulle missioni a loro assegnate. […] Il soggetto racconta al Locatelli che Dante Magistrelli e i fratelli Giovanni e Giuseppe Console sono in missione nell’Italia liberata, che il Magistrelli e Giovanni Console si sarebbero presto recati al nord e che in Sicilia opera la banda Giuliani, che è ben armata e conta tra le sue fila numerosi tedeschi. A questo punto, il soggetto comunica al Locatelli l’indirizzo dei fratelli Console (corso dei Mille 128, Partinico), nel caso il Locatelli intenda continuare la sua missione in Sicilia. Il soggetto nega di aver detto al Locatelli che Console Giuseppe lo avrebbe messo in contatto con la banda Giuliani. […] Informato dell’intenzione del soggetto di recarsi a nord, il Locatelli gli chiede di riferire al comando della Decima Mas le seguenti informazioni su Napoli: occorrono operatori radio, esplosivi e denaro; sono in corso contatti con ‘Enotrio’; l’alloggio per l’operatore radio è pronto; verrà presto diffuso un giornale clandestino. […] Il soggetto, assieme a Tarroni Giovanni, è stato arrestato il 2 marzo 1945 nei pressi di Pistoia. […] Il soggetto nega di aver inviato al nord informazioni sulla banda Giuliani o su Locatelli. […].” E’ interessante l’accenno ai “numerosi disertori tedeschi” che integrano la banda Giuliano. Come vedremo più avanti (capitolo 4), si tratta probabilmente degli istruttori militari germanici inviati in Sicilia (nel novembre 1944) per conto della scuola di sabotaggio nazifascista di villa Grezzana di Campalto (Verona), al comando del maggiore Begus.
Infine, in un rapporto Sis del 25 maggio 1947 (titolo: “Dichiarazioni dei nominati Gazzotti Adriano e Tommassetti Ettore, detenuti nelle carceri di Sulmona”), il Tommassetti dichiara al questore di Roma Saverio Pòlito: “[…] Durante l’occupazione (tedesca, nda) ero ingaggiato come militare nel battaglione ‘Barbarigo’ (della Decima Mas, nda), che ha combattuto sul fronte di Nettuno assieme alle forze germaniche. Dopo la Liberazione, sono venuto a conoscenza di un movimento neofascista che tramava un colpo di Stato, che aveva sede a Roma ed era collegato con la Sicilia. Ciò mi consta perché fui ingaggiato come autista dal comando di tale movimento, ed ero alle dirette dipendenze del capitano di artiglieria De Prazza. Nel novembre del 1944, infatti, con una automobile accompagnai il De Prazza in Sicilia ove egli si recava per fare della propaganda, come posso attestare perché ero incaricato di spedire telegrammi diretti in diversi paesi e città della Sicilia e con i quali il De Prazza mandava a chiamare diverse persone. […].”
3. Il “Gruppo David” e “Fra’ Diavolo”
In un documento dell’808° Battaglione per il Controspionaggio del Sim (data: 5 marzo 1945, titolo: “Organizzazione Sabotatori - Attentatori, Abwher Kommando L90, Milano, Gruppo David”), il maggiore dei carabinieri Cesare Faccio annota: “[…] Reclutatori: Tommaso David, alias ‘prof. D’Amato’, alias ‘dott. De Santis’, tenente colonnello della milizia fascista, squadrista, marcia su Roma, già capo del suo gruppo a Roma, piazza Colonna. Soprannominato ‘il Nostromo’ da Mussolini, col quale ha frequenti contatti. Età 70 anni, ma non ne dimostra più di 50. Ufficio ed alloggio: villa Hiche, via Carlo Ravizza 51, Milano. […] Reclutatori degli elementi maschili: membri dell’esercito repubblicano e della Decima Flottiglia Mas. […] Enti di provenienza dei reclutati: esercito repubblicano; Decima Flottiglia Mas; movimento giovanile misto ‘Onore e combattimento’ […] Missioni per conto del Gruppo David: […] prendere contatti, presso l’albergo ‘Boston’ in Roma, con certo Alfonso Fiori (in realtà Alfredo Fiore), capo di una squadra di agenti al servizio dei tedeschi, provvista di apparecchio radio e che da tre mesi non dà segni di vita, usando la parola d’ordine ‘LB 3519’. Se rintracciato, attingere dal Fiore notizie di carattere politico, economico e militare e chiedergli se ha bisogno di denaro. Il Fiore dovrà inoltre porre l’agente (Vito La ginestra, nda) in contatto con certo Fra’ Diavolo, capo di una banda di fascisti operante nella zona di monte Esperia, sita a circa 40 chilometri a sud di Roma. Fra Diavolo dovrà fornirgli le seguenti informazioni: progressi della banda, morale degli uomini, provvista di armi, condizioni finanziarie. Se la banda ha necessità di denaro, indicare sopra una carta topografica, servendosi della punta di uno spillo, la località precisa sulla quale dovrà essere effettuato un futuro lancio di denaro a mezzo di paracadute. […].” Il Fra Diavolo in questione è Salvatore Ferreri (inteso Fra Diavolo), numero due della banda Giuliano negli anni 1945 - 1947?
Da un documento redatto a Firenze dall’agente dell’Oss Charles Siragusa, (data: 15 marzo 1945, titolo: “Interrogatorio supplementare di Vito Laginestra”), apprendiamo che “[…] Il 18 gennaio 1945, giorno in cui Laginestra venne convocato da Tommaso David del gruppo ‘Sabotatori – Attentatori’, quest’ultimo affidò all’agente il compito di trovare Ronzoni (un ex agente della Rsi caduto nelle mani degli Alleati, nda) e di ucciderlo. Inoltre, David istruì Laginestra ad entrare in contatto con Fra Diavolo, il leader della banda fascista, per commissionargli l’uccisione di Ronzoni. […].” A questo proposito, è da notare che sul “Giornale di Sicilia” del 28 agosto 1951 (titolo dell'articolo: “Provenzano nega di essere stato il segretario privato di Giuliano”), il giornalista Lelio Antonioni riporta la testimonianza al processo di Viterbo del capitano dei carabinieri Roberto Giallombardo a proposito della misteriosa morte di Salvatore Ferreri/Fra Diavolo, avvenuta ad Alcamo alla fine di giugno del 1947. Giallombardo conferma ai giudici che il Ferreri era noto anche come “Il vendicatore”. A questo proposito, vale notare che vari documenti Sis del 1944 – 1945 riportano le trascrizioni integrali dei programmi radiofonici propagandistici della Rsi destinati alla “resistenza fascista” nell’Italia liberata. Lo speaker si presentava sempre come “Vindex” (“il vendicatore”). Infine, di un certo “Gianlombardo” (sic), ci parlano varie carte Oss in rapporto alle attività di spionaggio e sabotaggio dei nazifascisti del maggiore Begus a Verona (cfr. il cap. 4 in questo dossier): per conto di Begus, il Gianlombardo aveva il delicato compito di organizzare i ponti radio (clandestini) con il meridione e la Sicilia.
“[…] Sospettoso di tutto, megalomane, visionario, il colonnello Tommaso David si vantava di aver organizzato la corrispondenza, attraverso la linea di fuoco, dello “scugnizzo” e di farne propaganda al fine di tenere desta fra i giovani l’animosità contro gli angloamericani. […].” [Rapporto Oss del 6 agosto 1945, titolo: “Il colonnello David e il suo gruppo”].
“[…] Preparazione di una sobillazione in Campania: è stato recentemente a Milano, da dove deve essere ripartito il 12 gennaio per l’Italia meridionale, il capobanda fascista noto sotto il nome di “scugnizzo”. E’ stato ospite di Colombo della “Ettore Muti” (tenente colonnello Franco Colombo, nda) ed ha dichiarato di aver preparato un movimento insurrezionale in Campania, sul tipo di quello svoltosi in Sicilia (la mobilitazione del “Non si parte!” del dicembre 1944, nda), e che questo dovrebbe scoppiare al suo arrivo laggiù (in Campania, nda). […].” [Documento Sim, febbraio 1945].
I due suddetti accenni allo “scugnizzo” (a volte, definito anche come “lo scugnizzo di Palermo”) sono di notevole interesse. All’inizio del 1945, questi visita Milano (dove incontra la “Muti” di Colombo, gli “S. A.” di Tommaso David e i capi dei servizi segreti della Rsi) e riparte per l’Italia liberata il 12 gennaio 1945 per mettersi a capo di un movimento armato nazifascista in Campania. Lo “scugnizzo” è definito dal documento “capobanda fascista”, come il “Fra Diavolo” operante nella zona di Monte Esperia a sud di Roma, all’inizio del 1945. Vi è anche una curiosa coincidenza di date: lo “scugnizzo” parte da Milano il 12 gennaio 1945, mentre Tommaso David convoca l’agente Vito Laginestra (il 18 gennaio) e gli ordina di contattare il neofascista Alfredo Fiore presso l’albergo “Boston” di Roma, per chiedergli di entrare in contatto con “Fra Diavolo”, leader di una banda fascista operante nella zona di Monte Esperia.
Con le dovute cautele, siamo ora in grado di avanzare la seguente ipotesi: fallita l’operazione insurrezionale in Campania (come abbiamo visto, i membri del clandestinismo fascista napoletano e gli agenti della Decima Mas a Napoli e in provincia di Palermo sono tutti arrestati dal controspionaggio alleato nel marzo del 1945), Salvatore Ferreri (classe 1923, alias lo “scugnizzo di Palermo”, alias “Totò il palermitano”, alias “Fra Diavolo”, alias “Il vendicatore”) riceve l’ordine di spostarsi in Sicilia (nella primavera/estate del 1945) per continuare le attività eversive della guerriglia nazifascista nell’Italia liberata. Salvatore Giuliano, infatti, è nominato “colonnello” dell'Evis (Esercito volontario per l'Indipendenza della Sicilia) nel settembre del 1945. All’epoca, il luogotenente di Giuliano è proprio Salvatore Ferreri, inteso “Fra Diavolo”. Infine, secondo il già citato saggio di Giannuli pubblicato su Libertaria, a Milano lo “scugnizzo” sarebbe stato agli ordini di Del Massa (uno dei capi dei servizi segreti di Salò), da cui riceve “Lire 500.000 per i servizi resi al sud”, mentre nel 1946 è indicato da un documento Sis come “l’aiutante di Giuliano” in rapporto alle Sam (Squadre di azione mussoliniane) di Milano, Venezia e della Calabria.
Di Salvatore Ferreri ci parla anche il colonnello dei carabinieri Giacinto Paolantonio nel corso di un'udienza del processo di Viterbo. Il quotidiano L'Ora di Palermo (con un articolo di Enzo Perrone dal titolo “Fra Diavolo ha fatto arrestare molti degli attuali imputati di Viterbo”, 1° agosto 1951), riporta un brano della testimonianza di Paolantonio: “[...] Svolsi subito indagini (a Palermo, nell’estate del 1947, nda) sull'attività svolta dal Ferreri in precedenza, ed appurai che era stato al servizio degli Alleati a Venezia, conoscendo perfettamente la lingua inglese, e che poi aveva partecipato ai moti dell'Evis. [...]”
Dall'estate del 1944, Venezia ospita infatti un importante centro nazifascista di addestramento al sabotaggio e allo spionaggio presso l’isola di Sant’Andrea, in collegamento con i centri di Montorfano (Golf Club Villa d’Este, Como) e di Villa Grezzana di Campalto (Verona). Nella città lagunare, ai primi di maggio del 1945, si arrendono agli Alleati Nino Buttazzoni e Rodolfo Ceccacci (Decima Mas). Nel luglio 1945, ai militi della ex Decima dell'isola viene clamorosamente concessa dagli angloamericani e dal Sim “la totale immunità” per i misfatti compiuti nei venti mesi della repubblica di Salò. Da quel momento, a Venezia, decine di ex marò di Junio Valerio Borghese si mettono segretamente al servizio dell'Oss [cfr. Nicola Tranfaglia, Come nasce la repubblica, cit., pp. 60 – 62]. Le affermazioni di Paolantonio ci portano a ipotizzare che Salvatore Ferreri/Fra’ Diavolo entra nell'Evis di Giuliano (nella tarda estate del 1945), dopo aver trascorso un periodo “al servizio degli Alleati a Venezia” all'indomani della Liberazione.
Tuttavia, non possiamo escludere del tutto che il Ferreri (probabilmente come Salvatore Giuliano, a Taranto, all’inizio del 1944) sia stato in rapporti con gli Alleati già all’indomani dello sbarco in Sicilia (luglio 1943): da una testimonianza raccolta ad Alcamo nell’ottobre 2002, apprendiamo infatti che “Fra’ Diavolo” lavorava presso l’aeroporto militare alleato di Boccadifalco nell’estate – autunno del 1943 (dove era solito indossare l’uniforme dell’esercito statunitense); vale inoltre segnalare una foto di gruppo dei marò della Decima Mas del sud (al comando del capitano Kelly dell’Oss) scattata proprio a Taranto all’inizio 1944 e contenuta nel già citato volume di Zarotti (a p. 192): nell’immagine, è ritratto un giovane che presenta una forte somiglianza con Salvatore Ferreri (è seduto in prima fila, il secondo da destra).
4. Spie e sabotatori nazifascisti
“[…] Nel giugno 1944, Otto Ragen, alias ‘maggiore Begus’, fu richiamato in Germania e, in luglio, inviato a dirigere una nuova scuola di sabotaggio dell’SD a villa Grezzana di Campalto, nei pressi di Verona. Riteniamo sia il capo dell’SD in Italia, che stia costituendo una Quinta Colonna nell’Italia settentrionale e che invii sabotatori nell’Italia liberata. […]. [Rapporto Oss, 8 febbraio 1945].
In un documento dei servizi segreti italiani del 6 gennaio 1945, intitolato “Rapporto sul mese di dicembre 1944”, il capitano dei carabinieri e capo centro del Sim a Palermo, Vincenzo Di Dio, annota: “[…] Giuseppe Sapienza, di Giuseppe e di Purpura Caterina, nato a Montelepre (Palermo) il 19 aprile 1918 (in realtà, 19 novembre 1918, nda), arrivato in missione nell’Italia liberata, è stato identificato come un agente sabotatore nemico (appartenente, cioè, alla Decima Mas di Salò, nda). […].” In un rapporto segreto del 25 novembre 1944 (titolo: “Agenti nemici”), il colonnello Hill Dillon del Cic scrive: “[…] I seguenti agenti nemici potrebbero essere inviati (o, forse, si trovano già) nell’Italia liberata per missioni di sabotaggio: […] Sapienza Giuseppe. Destinato a Palermo. Dovrebbe unirsi ad un gruppo di sabotatori già operante sul territorio e mettersi ai loro ordini. Addestrato a Campalto. […]”. Il “gruppo di sabotatori già operante sul territorio” è con ogni probabilità il già visto commando di Magistrelli e dei fratelli Giovanni e Giuseppe Console, a Partinico dall’estate 1944 in collegamento con la banda Giuliano. Vale inoltre notare che, come abbiamo già visto nel cap. 2, è proprio Hill Dillon a segnalare nelle stesse settimane (3 novembre 1944) l’avvenuta fuga di “Giuliani” (aprile 1944) da Taranto verso la Rsi, in compagnia di Rodolfo Ceccacci. Da una scheda Oss del 29 ottobre 1944 (intitolata “Agenti nemici” e redatta ancora una volta da Hill Dillon), veniamo inoltre a sapere che un certo Giuseppe Sapienza, 26 anni, si trova presso un campo tedesco a Villa Grezzana di Campalto (Verona) per frequentare un corso di addestramento alle tecniche del sabotaggio militare. Vi partecipano 29 militi scelti, in gran parte della Decima Mas. Hill Dillon segnala che i suddetti “[…] Potrebbero essere utilizzati come agenti sabotatori clandestini (contro gli Alleati, nda). […].” E’ noto, poi, che della banda Giuliano fa parte un altro Giuseppe Sapienza, inteso “Scarpe sciolte”, classe 1927 (cfr. Come nasce la repubblica, cit., p. 204, nota n. 97). Secondo i servizi segreti americani, i nomi dei 29 sabotatori in addestramento a Campalto sono i seguenti: Italo Argo (22 anni, Firenze, Decima Mas), Corrado Balest (23 anni, Genova, Decima Mas), Benini (31 anni, Ferrara, Decima Mas), Ceccarone (22 anni, Decima Mas), Michele Cervo (28 anni, Firenze), Corradi (23 anni), Ugo Defanis (22 anni, Ancona, Decima Mas), Francesco Dionisio (21 anni, Firenze, Decima Mas), Remo Iacozzilli (26 anni), Benito Menegatti (22 anni, Ferrara, Decima Mas), Miotto (30 anni, Udine, Decima Mas), Negrisoli (22 anni, Bergamo, Decima Mas), Luciano Oppo (23 anni, Venezia, Decima Mas), Luigi Pessino (22 anni, Genova, Decima Mas), Prete (30 anni), Ravasio (25 anni, Milano, Decima Mas), Ricciuti (22 anni, Ancona, Decima Mas), Rigoni (24 anni, Verona, Decima Mas), Giovanni Roca (26 anni, Bari), Rossi (22 anni), Ruggero (22 anni), Ruggero Rumi (22 anni, Pola, Decima Mas), Giuseppe Sapienza (26 anni, Palermo, Decima Mas), Giorgio Sciamanna (25 anni, Bergamo, Decima Mas), Bruno Sciascia (22 anni, Decima Mas, Firenze), Nicola Terracciano (24 anni), Tino Tini (30 anni), Giuseppe Varaldo (23 anni, Decima Mas, Biella), Luigi Verlengia (22 anni, Decima Mas, Torino). E’ infine da rilevare che il già citato Salvatore Ferreri, inteso “Fra’ Diavolo”, era solito utilizzare lo pseudonimo di Salvo Rossi (la sua falsa carta di identità è agli atti del processo di Viterbo). L’età del “Rossi” nella suddetta lista (22 anni) corrisponde grossomodo a quella del Ferreri (classe 1923). In un documento del 12 novembre 1944 (in cui compare nuovamente il nome di Giuseppe Sapienza), l’Oss descrive l’aspetto fisico del Rossi: “[…] Italiano, 22 anni, altezza 1 metro e 60, peso 70 chili, corporatura normale, carnagione scura, volto ovale, sabotatore della Decima Mas. […].” Il ritratto fisico tracciato dai servizi americani corrisponde perfettamente a quello di Salvatore Ferreri. Infine, da un rapporto Oss del 25 gennaio 1945, apprendiamo che: “[…] Utilizzando i canali dell’SD e per conto del Pfr, alcuni agenti nemici sono stati inviati nell’Italia liberata (nell’autunno 1944, nda) per entrare in contatto con un certo ‘Rossi’, leader di un gruppo di guerriglieri fascisti a Firenze. […] La missione del Rossi consisteva nell’organizzare attività sovversive contro gli Alleati. […] Non siamo in possesso di dettagli sul suddetto elemento, ma riteniamo che ‘Rossi’ sia un nome di copertura. […].” Il “Rossi” della Decima Mas in addestramento a Campalto, il Rossi “leader di un gruppo di guerriglieri fascisti a Firenze”, il Fra Diavolo “capo di una banda di fascisti operante nella zona di monte Esperia, sita a circa 40 chilometri al sud di Roma” (cfr. capitolo 3) e lo “scugnizzo di Palermo” (vedi paragrafi precedenti) sono probabilmente la stessa persona. Tra l’estate del 1946 e il marzo del 1947, Salvatore Ferreri soggiornerà proprio a Firenze per gestire un ristorante (in realtà, una copertura alle attività del clandestinismo fascista nell’Italia centro – meridionale).
“[…] Alessandro Pavolini (il segretario del Partito fascista repubblicano, nda) era favorevole alla creazione di bande armate fasciste nell’Italia liberata, simili alle bande partigiane che operavano nella Rsi per conto degli Alleati. […] Il gruppo ‘Bruno Mussolini’ era il più attivo in Sicilia ed aveva il suo quartier generale a Palermo. Era al comando di un certo Liscitra e dal suo vice, Figari o Fegari. Inoltre, vi era un collegamento tra questo gruppo e i separatisti di Andrea Finocchiaro Aprile. […] Nel dicembre 1944, Pucci presentò a Del Massa (Puccio Pucci e Del Massa sono i capi dei servizi segreti della Rsi, nda) il capitano Brentano, reclutatore tedesco del Kommando 190 e ufficiale di collegamento tra il Prf e l’esercito tedesco (si tratta di August Ludwig, alias Bertram o Brentano, vice del maggiore Begus nella Rsi, nda). Brentano gli parlò di un ambizioso progetto che prevedeva l’invio di 30 agenti italiani per una missione speciale in Sicilia. Tutti gli agenti erano stati addestrati ad azioni di sabotaggio. […] Ogni agente doveva essere provvisto di 1 milione di lire, finanziamento a cui provvidero equamente sia i tedeschi che i fascisti. I tedeschi avrebbero pensato al trasporto degli agenti. […].” [Rapporto Oss del 14 agosto 1945, titolo: “Capitano Aniceto Del Massa”]. I 29 sabotatori del campo di addestramento di Campalto (v. paragrafo precedente) sono probabilmente i medesimi “30 agenti” da inviare in Sicilia “in missione speciale” nel dicembre 1944, su suggerimento del capitano Brentano.
A p. 141 del volume di Felice Chilanti Da Montelepre a Viterbo (Roma, Croce editore, 1952, dedicato alla storia di Salvatore Giuliano), il bandito Frank Mannino afferma (p. 141): “[…] Nella banda, la squadra (di Terranova, nda) si è praticamente formata nell’esercito dell’Evis. Il primo comandante che conobbi era un ex sergente di Marina, tal Ferrari. Poi fu Ferrari a comunicarci che Giuliano era il comandante dell’Evis. […].” Da un documento Oss del 1945 intitolato “Movimento giovani italiani repubblicani (Mgir)”, una organizzazione ultrafascista della Rsi con base a Milano e a Firenze, apprendiamo che “[…] Il tenente Domenico Ferrari, ex ufficiale della Decima Mas, mantiene i collegamenti tra l’Mgir e i servizi di intelligenza germanici. […].” Il rapporto aggiunge che, nell’ottobre 1944, il tenente Ferrari si reca a Verona per incontrarsi con il maggiore Begus. Il documento cita più volte uno dei principali dirigenti del movimento, Gino Stefani (classe 1920), e vari ufficiali della Decima Mas che vi aderiscono: tra questi, Nino Buttazzoni e Armando Zarotti. Infine, vari rapporti Oss del gennaio - febbraio 1945 riferiscono che il capitano Brentano (SD) e il tenente Ferrari lavorano assieme al reclutamento di giovani agenti da inviare nell’Italia meridionale.
Da un documento Oss del 5 gennaio 1945, apprendiamo che un agente dell’Mgir agli ordini del tenente Ferrari, il milite della Decima Mas Eugenio Cesario (originario di Messina), è catturato dagli Alleati nel novembre 1944 mentre tenta di entrare nell’Italia liberata attraverso la linea Gotica. E’ in compagnia di un monaco benedettino, Giuseppe Cornelio Biondi. Cesario lavora per i servizi segreti germanici del maggiore Begus.
Alcuni rapporti Oss del 1945 affermano che anche padre Biondi è un agente al servizio del maggiore Begus. I due si incontrano per la prima volta a Verona nell’ottobre 1944. Nella seconda metà degli anni Quaranta, a Monreale, ad avere rapporti con padre Biondi è Gaspare Pisciotta, luogotenente di Salvatore Giuliano dal 1947 al 1950: lo scrive lo stesso bandito in un documento desecretato dalla Commissione Parlamentare Antimafia nel 1998. Dai faldoni desecretati del Cic, apprendiamo inoltre che nel 1949, in Austria, l’ex nazista Begus confessa alla Cia (di cui diventa un “doppio agente” con il nome di copertura di “Petty”) che, nel novembre 1944, il vero obiettivo della missione di Biondi nell’Italia liberata era quello di prelevare dal Vaticano una grossa somma di denaro destinata a finanziare le operazioni di sabotaggio e di spionaggio della Decima Mas nell’Italia meridionale.
Di un certo “Pisciotta”, si occupa il seguente rapporto segreto Cic, redatto dall’agente George V. Terry (titolo: “Giovannone Nicola, guardia di Finanza”, data: 12 febbraio 1945): “[…] Su richiesta del tenente colonnello Floyd C. Snowden, capo del Cic nell’area di Roma (Teatro di Operazioni nel Mediterraneo), ho condotto una indagine sul Giovannone per verificare la natura delle sue attività. […] In un primo tempo, Galotto, Lucantoni e Pisciotta sono stati internati presso il campo di prigionia n. 371 (Padula). I tre appartenevano alla Pai (Polizia dell’Africa italiana). Lucantoni e Pisciotta sono stati successivamente rilasciati, mentre Galotto è ancora detenuto. […] Costi mi ha raccontato di aver fatto parte della Pai durante l’occupazione tedesca di Roma. Lavorava come conducente di automezzi presso il comando “Città Aperta”, assieme a Galotto, Lucantoni, Pisciotta e Giovannone. Costi conosceva Giovannone perché lavorava come conducente anche per la Guardia di Finanza. Anche Galotto, Lucantoni e Pisciotta conducevano gli automezzi che rifornivano la divisione “Hermann Goering” al fronte (ovvero la linea Gustav, che passava per Monte Cassino fino alla fine di maggio del 1944, nda). In data 23 maggio 1944, tutti suddetti nominativi erano alla guida di una colonna di automezzi diretta a Francavilla al Mare, con l’ordine di rifornire le truppe tedesche. Giunti a Francavilla, Costi, Giovannone, Galotto, Lucantoni e Pisciotta decidevano di attraversare le linee per raggiungere il territorio controllato dagli Alleati, per evitare di dover procedere a nord al seguito dei tedeschi. I 5 uomini attraversavano le linee il 23 maggio, nei pressi di Ripi, ma venivano immediatamente catturati dai partigiani locali. […].” Originaria di Francavilla al Mare (sull’Adriatico) è la famiglia che ospiterà poche settimane dopo, a Porto d’Ascoli, Dante Magistrelli, Francesco Martina e Giuseppe Console (cfr. il capitolo 2 di questo dossier). E’ inoltre degno di nota che il suddetto Pisciotta lavori come conducente di automezzi (come il Gaspare Pisciotta della banda Giuliano).
“[…] Squadra per i sabotaggi: composta da 60 elementi, era al comando del direttorio del Prf e rispondeva direttamente ai centri locali delle Brigate Nere e ad uno speciale centro per il sabotaggio con sede a Firenze. Quest’ultimo aveva il compito di coordinare le squadre di sabotaggio in tutto il territorio dell’Italia liberata. Gli obiettivi erano di natura prettamente militare. Il centro di Firenze era coordinato da 10 uomini, tutti provenienti dagli NP della Decima Flottiglia Mas. La nostra fonte ha aggiunto che, nel dicembre 1944, i suddetti elementi erano già in piena fase di addestramento. […] Il personale delle Brigate Nere per il sabotaggio era selezionato da una lista di nomi inviata a Pavolini dal principe Borghese. I corsi di addestramento al sabotaggio erano promossi dal Pfr utilizzando istruttori tedeschi in Italia. […] Le squadre speciali delle Brigate Nere percepivano 30.000 lire al mese. Come forma di ulteriore incentivo, erano inoltre disponibili premi in denaro per missioni speciali, premi che variavano dalle 30.000 alle 300.000 lire. Il centro politico di Roma disponeva di 20 milioni di lire, mentre quello di Firenze (sabotaggio) di 5 milioni di lire. […].” [Rapporto Cic del 12 aprile 1945, titolo: “Note sul controspionaggio in Italia”].
“[…] L’organizzazione Pucci – Del Massa consiste di numerosi gruppi di agenti. Alcuni si occupano dell’attività antipartigiana, mentre altri dello spionaggio politico nell’Italia liberata. Inoltre, vi sono piani per costituire bande armate (Salvatore Giuliano? Nda) da utilizzare contro gli Alleati. I collegamenti con l’SD vengono mantenuti tramite il generale tedesco Senger. Il totale degli agenti è di circa 200 elementi. […]. [Rapporto Oss del 1945, titolo: “Organizzazione segreta fascista”].
“[…] Verona, sede principale della rete di radiocomunicazioni: quartier generale della Sipo (Sicherheitspolizei, nda) e dell’SD. Roma: è in contatto con l’emittente radio di Verona (la radio si trova presso l’ambasciata tedesca in Vaticano). Sicilia: Palermo, Catania, Enna e Agrigento sono in contatto radio con la sede SD di Verona. […] Le stazioni radio in Sicilia mantengono i contatti tra di loro tramite corrieri. […] L’attività è aumentata alla vigilia dei disordini siciliani del dicembre 1944. […] Lo sbarco di agenti da sottomarini tedeschi e il lancio con paracadute di informatori e operatori radio hanno l’obiettivo di confondere il controspionaggio alleato, potenziare l’attività dello spionaggio nazifascista e assicurare la sostituzione degli agenti (in caso di loro cattura). In Sicilia, l’attività dell’SD ha un forte carattere politico: mira ad attivare una rete permanente di informatori (l’attività è iniziata all’indomani dello sbarco nell’isola) ed a paracadutare agenti ed equipaggiamenti. Contatti: circoli fascisti, dissidenti o separatisti. […].” [Rapporto Sim del 9 gennaio 1945 redatto dal maggiore dei CC Cesare Faccio, titolo: “Organizzazione e metodi dei servizi segreti germanici in Italia”].
“[…] Si sono verificati aviolanci in tutto il territorio dell’Italia liberata. […] Pertanto, si può confermare che tutto il territorio liberato presenti interesse per l’attività informativa nemica, con prevalenza per le zone di Roma, Sicilia e costa adriatica, cioè per quelle zone che, allo stato attuale, presentano un terreno più fertile per la propaganda e per i conseguenti disordini. Agenti impiegati: nella maggioranza dei casi, si tratta di elementi nati ed aventi famiglia o interessi nell’Italia liberata. Per gli informatori e sabotatori lasciati sul posto ciò appare naturale, trattandosi di missioni che richiedono la conoscenza dei luoghi o delle persone che debbono contribuire al felice compimento della missione. […] Tra gli agenti catturati, alcuni avevano un compito più complesso, come la presa di contatto con elementi sul posto e la scelta di uomini atti per la formazione di bande armate (Salvatore Giuliano? Nda) che sarebbero state, in seguito, rifornite di mezzi e materiali con successivi aviolanci. […] Gli apparecchi radiotrasmittenti sono stati lanciati a parte con apposito paracadute collegato a mezzo di funicella con l’altro, o affidati alla stessa persona con uno zaino. Il fatto che quasi tutti gli agenti nemici arrestati siano stati forniti di apparecchi radiotrasmittenti, può far supporre che le stazioni clandestine esistenti in territorio liberato non siano ritenute più sufficienti per le necessità del traffico. Ciò confermerebbe quanto già detto, e cioè che una volta assicurato il collegamento, sarebbero stati impartiti, a mezzo radio, ulteriori ordini per successive missioni. […].” [Documento dell’808° Battaglione per il Controspionaggio (Sim) del febbraio 1945, titolo: “Rapporto situazione al mese di gennaio 1945”)].
“[…] Ufficiali e soldati della Decima Mas vengono inviati nell’Italia liberata per missioni di spionaggio. Partono dalla Liguria a bordo di piccoli sottomarini e raggiungono prevalentemente il nord della Toscana e Firenze. […].” [Rapporto Oss dell’11 aprile del 1945, cfr. il volume Come nasce la repubblica, cit., p. 72, nota n. 64].
“[…] L’SD opera specialmente in Sicilia, a mezzo dell’ambiente fascista e delle manifestazioni di dissidenti o separatisti. […].” [Rapporto Oss del 23 aprile 1945, titolo: “Organizzazione, metodi e attività dei servizi di informazione tedeschi e italiani”].
“[…] E’ ormai constatato che forze di ‘fuorilegge’ non siciliani confluiscono in Sicilia, come affluirebbero in qualsiasi luogo ove vi fosse da combattere: si tratta di elementi per lo più ex - fascisti repubblicani, giovani, perfettamente addestrati alla guerra, che l’antifascismo perseguita e che trovano in Sicilia rifugio, cibo e arruolamento. […].” [Rapporto dei servizi segreti italiani intitolato “Separatismo siciliano”, data: 16 febbraio 1946, cfr. il volume Come nasce la repubblica, cit., p. 182].
5. Verso la strage di Portella della Ginestra
Nel fascicolo Sis intitolato “Partito fascista repubblicano”, numerosi documenti segnalano l’attività di un certo Francesco Garase (Catania, 1908), noto come “Franco”, un ex prigioniero di guerra che nella primavera - estate del 1947 opera come emissario della banda Giuliano presso i gruppi paramilitari neofascisti di Firenze, Arezzo e Roma (Fasci di azione rivoluzionaria, Fronte antibolscevico italiano, Partito fusionista italiano, Arditi, ecc.). Nella capitale, il Garase frequenta vari esponenti del neofascismo romano. Tra questi, Ambrosini, Di Franco, Puccioni e Buttazzoni.
Nel già citato saggio apparso su Libertaria, a p. 51, Giannuli cita un documento Sis del 25 giugno 1947: “[…] La banda Giuliano è da ritenersi, fin dall’epoca delle nostre prime segnalazioni, a completa disposizione delle formazioni nere. Il nucleo romano della banda era comandato fino a 15 giorni fa da un certo ‘Franco’ e da un maresciallo della Gnr, che si trovano attualmente a Cosenza. Partirono da Roma improvvisamente ‘per ordine superiore’, e in Sicilia, dopo una breve permanenza a Napoli, hanno scritto al Fronte (antibolscevico, nda) dando ‘ottime notizie sulla situazione locale’. […] Da Cosenza, la banda Giuliano ha ramificazioni in ogni centro della Calabria, della Sicilia e della Campania. […] Con la loro ultima, annunciavano ‘cose grandi in vista e molto prossime’ e richiedevano la presenza a Palermo di 8 uomini completamente sconosciuti in Sicilia. Ma la loro richiesta non venne accolta. […]”.
Ma c’è da dubitarne. In un lungo articolo pubblicato nell’edizione palermitana del quotidiano La Repubblica (16 novembre 2003, intitolato “Giuliano aveva un capo”), Giuseppe Casarrubea evidenzia il fermo da parte delle forze dell’ordine di 11 “continentali” a Montelepre nel luglio - agosto del 1947, tutti di giovanissima età: “[…] Un gruppo di settentrionali composto da Giancarlo Celestini, 20 anni da Milano, Enzo Forniz, 18 anni da Pordenone e Bruno Trucco, un ragazzo di Genova, ebbero a entrare nella banda. A quale appello avevano risposto? Tra il 10 luglio e il 14 agosto del 1947 furono fermati sulle montagne di Montelepre 11 misteriosi individui nativi di Cava dei Tirreni (Francesco Lambiase e Vincenzo di Donato), Sicaminò, in provincia di Messina (Francesco Minuti), Taranto (Cosimo Vozza, Pietro Capozza, Cataldo Sorrentino, Santo Balestra), Cagliari (Carlo De Santis), Vicenza (Gaetano Dalconte ed Edoardo Affollati), Ragusa (Giuseppe Ferma). […].” Tolti De Santis (come vedremo più avanti, il probabile capo del commando), Minuti e Ferma (entrambi siciliani), restano 8 uomini provenienti da Cava dei Tirreni, Taranto e Vicenza. Si tratta degli 8 elementi “completamente sconosciuti in Sicilia” a cui si accenna nel paragrafo precedente? Su Trucco, Celestini e Forniz, cfr. anche L’Ora di Palermo del 19 luglio 1951.
Vale notare che di “otto giovanotti eleganti” scrive anche Tommaso Besozzi sul settimanale L’Europeo del 6 luglio 1947 (titolo: “Seguite la Dodge rossa”) a proposito degli attentati del 22 giugno 1947 ai danni delle camere del lavoro della provincia di Palermo. Gli otto uomini sono avvistati da numerosi testimoni a bordo della Dodge rossa di Lucky Luciano. E, forse, non è casuale che il potente boss della mafia siculo – americana sia accolto da “sei o sette uomini” alla stazione ferroviaria di Palermo nel pomeriggio del 30 aprile 1947, meno di 24 ore prima della strage di Portella della Ginestra (cfr. l’articolo di Ludovico Tuccu “La mafia condanna a morte il Pci”, apparso su L’Europeo del 18 maggio 1947; cfr. anche Storia segreta della Sicilia, cit.).
Nel documento Sis intitolato “Reparto speciale di polizia dott. Pietro Koch”, leggiamo: “[…] Elenco nominativo dei componenti: […] De Santis Carlo (Firenze, 1926). […].” Dal rapporto, apprendiamo inoltre che Carlo De Santis passa alla squadra del dott. Mario Finizio in data 25 settembre 1944. Su quest’ultimo, il Sis (documento intitolato “Centro informativo politico”), segnala: “[…] dott. Mario Finizio, dirigente della sezione maschile, è coadiuvato dalla moglie dirigente la sezione femminile. Scopo ufficiale: operazioni di carattere finanziario alle dipendenze delle SS germaniche. Il Cip è stato costituito il 23 settembre 1944 dall’ex ministro degli Interni Buffarini Guidi, col capo della polizia, il prefetto Bassi, ed il questore Bettini. Sede in Milano: via Fatebenefratelli 14. […].” In un altro documento Sis, (titolo: “Movimento neofascista e costituzione banda armata”, 26 giugno 1946), l’ispettore Ciro Verdiani segnala che un De Santis (nome di battaglia: “Marco”) fa parte di una banda armata anticomunista composta da circa 200 elementi, agli ordini di Giuseppe Caccini (nome di battaglia: “Tempesta”), un ex comandante della brigata Osoppo. Il Caccini frequenta elementi monarchico - fascisti siciliani e il principe Flavio Borghese, a Catania. Il Carlo De Santis della banda Koch, il De Santis (“Marco”) agli ordini di Caccini e il Carlo De Santis fermato a Montelepre nell’estate del 1947 (cfr. il paragrafo di p. 31) sono la stessa persona? Vale infine notare che, nella primavera del 1944, a Penne (Abruzzo), un certo “De Santis” fa parte della squadra Zanelli (“Gruppo Ceccacci” della Decima Mas) destinata ad azioni di sabotaggio nell’Italia meridionale (cfr. Guerra segreta oltre le linee, cit., p. 138). A Penne, come abbiamo già visto (cfr. cap. 2), si addestrano nelle stesse settimane anche Dante Magistrelli e i fratelli Giuseppe e Giovanni Console (squadra Serri del “Gruppo Ceccacci”).
A frequentare Carlo De Santis (e il fratello maggiore di questi, Renzo De Santis, inteso “Polverone”, un famigerato torturatore della banda Koch in via Tasso, a Roma) è l’agente dei servizi segreti della Rsi Mauro De Mauro (Foggia, 1921), che nella Roma occupata dai nazisti (ottobre 1943 – giugno 1944) diventa lo zelante factotum di Kappler e Priebke. Utilizzando vari pseudonimi (Roberto Marini, Mauro Mauri, Mariani, ecc.), De Mauro è solito infiltrarsi nelle organizzazioni della Resistenza (a Roma e a Milano) per far arrestare i partigiani. Nello stesso periodo, transita nella Decima Mas, nella Gnr, nella banda Koch e diventa un confidente del questore Caruso (Roma). Un bollettino clandestino del Cln di Milano (gennaio 1945) segnala la pericolosità di De Mauro, evidenziando che il futuro giornalista de L’Ora di Palermo (misteriosamente scomparso nel 1970) “si dichiara irriducibile nemico degli antifascisti. Attualmente a Milano con una banda di otto ‘ragazzi decisi a tutto’.” Si tratta dei medesimi “otto uomini completamente sconosciuti in Sicilia” che ritroviamo nell’isola nella primavera del 1947, e degli “otto giovanotti eleganti” di cui scrive Besozzi nel luglio 1947 (cfr. pp. 31 – 32)? Arrestato dagli Alleati nell’aprile del 1945, De Mauro evade dal campo di prigionia di Coltano (Toscana) nel dicembre 1945 e si rifugia con la giovane moglie a Napoli (dove mette al mondo due figlie: Junia e Valeria). Poco si sa della sua permanenza clandestina nella città partenopea (1946 e 1947). Dal 1948, le cronache ufficiali lo danno a Palermo, dove opera come giornalista con lo pseudonimo di Italo Fuchs.
In un rapporto segreto intitolato “Il movimento fascista clandestino” del 30 gennaio 1946 (v. il volume Come nasce la repubblica, cit., p. 72), James Angleton scrive che Fortunato Polvani (ex federale di Firenze durante la Rsi, stretto collaboratore di Alessandro Pavolini e di Pino Romualdi ed esponente di spicco del fascismo clandestino) si trova a Palermo dall’estate - autunno del 1945 per dirigere il “Centro Nazionale Fascista” (clandestino) di Palermo. Secondo un documento Oss del 12 ottobre 1944, Polvani aveva fortemente sostenuto anche le attività spionistiche del già citato Mgir a Firenze (autunno 1943 - estate 1944).
Un rapporto dei servizi segreti statunitensi del 10 aprile 1946 (titolo: “Il movimento neofascista”, p. 80 del volume Come nasce la repubblica, cit.) segnala che l’ex capo degli NP della Decima Mas, Nino Buttazzoni, diventa nella primavera del 1946 un confidente di James Jesus Angleton, capo dell’X - 2, il controspionaggio alleato in Italia tra il 1944 e il 1947. Nel corposo documento, Buttazzoni si sofferma sulle attività eversive del neofascismo italiano e, in particolare, del Fronte Antibolscevico. Il Fronte è attivo anche in Sicilia, con sede in via dell’Orologio a Palermo. In un volume di recente pubblicazione (Solo per la bandiera, Milano, Mursia, 2002, pp. 121 - 126), Buttazzoni ammette di aver iniziato a collaborare con Angleton e con i servizi segreti americani nella primavera del 1946, con l’obiettivo esplicito di combattere il comunismo nell’ambito di una struttura paramilitare clandestina. A mediare tra i due, troviamo l’ammiraglio Agostino Calosi (Sis). Nel libro, Buttazzoni afferma inoltre di aver ripreso i contatti con numerosi ex NP dell’Italia meridionale.
“[…] Palermo. La recente assoluzione in tribunale del noto Gioacchino Cipolla, presidente del Fronte antibolscevico italiano (Fai, già precedentemente segnalato), ha prodotto sgraditissima impressione nei partiti di sinistra locali e anche nella Dc, non potendosi spiegare come, con l’effettivo ritrovamento di una bomba nel locale della sede del Fai, si sia potuto giungere ad una assoluzione con formula piena. La maggiore impressione è stata prodotta dal fatto che detta formula è stata chiesta dal rappresentante la pubblica accusa, sostituto procuratore della repubblica dott. Margiotta. Si ha l'impressione che vi siano state delle forti pressioni di elementi neo - fascisti, che avrebbero così raggiunto lo scopo. […] Le mosse del Cipolla meritano di essere seguite perché ha un largo seguito di elementi ex - fascisti, fra cui primeggia un certo avv. Cefalù, nota creatura dell'ex - onorevole Cucco. Con i fondi raccolti, il Cipolla ha anche acquistato una lussuosa automobile, ed egli vanta presso la questura aderenze fortissime. […].” [Rapporto Sis del 1° luglio 1947, titolo: “Cipolla Gioacchino”].
Tra le armi in dotazione alla Decima Mas nel periodo 1943 - 1945, figurano il fucile mitragliatore Breda mod. 30, cal. 6,5; il mitra automatico Beretta mod. 38, cal. 9; il moschetto mod. 1891/38, cal. 6,5 (cfr. il volume di Raffaele La Serra, Il battaglione guastatori alpini Valanga della Decima Mas, Monfalcone, 2001, pp. 185 - 187). Secondo i giudici del processo di Viterbo, tra le armi utilizzate dalla banda di Salvatore Giuliano a Portella della Ginestra, vi sono il fucile mitragliatore Breda mod. 30 (cal. 6,5) e il moschetto mod. 1891/38 (cal. 6,5). Il mitra automatico Beretta mod. 38 (cal. 9) è invece utilizzato da Salvatore Ferreri e dai fratelli Giuseppe e Fedele Pianello. Tra le armi della Decima Mas citate da La Serra, troviamo anche la bomba a mano Srcm (modello 35), il medesimo tipo di ordigno esplosivo utilizzato per gli assalti alle Camere del Lavoro nella provincia di Palermo (22 giugno 1947).
6. L’ombra della banda Koch
Vari documenti dell’Oss, del Sis e un volume dello storico Massimiliano Griner (La banda Koch, Torino, Bollati Boringhieri, 2000) si occupano degli agenti nazifascisti Carlo De Santis e Selene Corbellini:
“[…] Elenco nominativo dei componenti: […] De Santis Carlo (Firenze, 1926), dal 25 settembre 1944 passa alla banda dl dott. Mario Finizio; […].” Fonte: rapporto Sis, titolo: “Reparto speciale di Polizia dott. Pietro Koch”, data: gennaio o febbraio 1945.
“[…] Sette condanne a morte e 500 anni di reclusione sono stati decisi dalla Corte d’Assise Straordinaria di Milano a carico della banda Koch. Ecco i dettagli: […] De Santis Carlo, condannato a 22 anni di reclusione. […] Sebbene siano stati riconosciuti colpevoli, i seguenti imputati sono stati rilasciati a causa della recente amnistia (l’amnistia Togliatti del giugno 1946, nda): […] Corbellini Maria. […].” Fonte: rapporto Oss, titolo: “Il processo Koch”, data: 31 agosto 1946.
“[…] Corbellini Maria Silene, 1906 - ?, casalinga, latitante, amnistiata (esce nel 1946); […] De Santis Carlo, 1926 - ?, presente in aula, condannato a 22 anni di reclusione, esce nel 1951; […].” Fonte: Griner, p. 339.
“[…] Corbellini Maria Silene, alias Zini Rosalba, alias Zini Lina (Piacenza, 1906 - ?). Casalinga, 38 anni, già informatrice dell’Ovra e delatrice dell’Upi (Unità politica investigativa) del comando Gnr di Piacenza e, in seguito, a Cremona. Entra a far parte del reparto Koch il 2 settembre 1944. […] E’ latitante durante il processo di CAS, che non procede contro i reati ascrittigli in quanto nel frattempo è intervenuta l’amnistia Togliatti. […]”. Fonte: Griner, p. 349.
“[…] De Santis Carlo (Firenze 1926, vivente). […] Aderisce ancora diciassettenne al Pfr il 16 settembre 1943. E’ in forza alla Sesta Compagnia dei paracadutisti della ‘Nembo’ durante le operazioni militari a Cassino e a Nettuno, ottenendo la decorazione della Croce di Ferro germanica. Dopo la liberazione di Roma, sale al nord e aderisce al battaglione ‘Barbarigo’, la fanteria della Decima Mas. Il 12 agosto 1944, mentre è in atto la cosiddetta ‘Marcia contro la Vandea’, prende parte a un rastrellamento nel corso del quale, in località Ceresole Reale, sul monte Orco, Pavolini viene ferito seriamente. De Santis porta sulle spalle il segretario del Pfr per un tratto di strada. La CAS lo condanna a 22 anni e 8 mesi, di cui 7 anni condonati. Nel 1950 gli viene concessa la libertà condizionale, revocata nel 1954 perché condannato per altri reati (rapine) dalla CAS di Firenze. Nel 1955 la CAS di appello di Milano gli sconta la pena residua.[…]”. Fonte: Griner, pp. 349 – 350.
Nel fascicolo Sis intitolato “Complotti e attentati contro responsabili del Pci”, i servizi segreti italiani segnalano le attività neofasciste di Selene Corbellini nell’ambito delle Squadre di azione mussoliniane (Sam). Si parla della preparazione di un attentato a Palmiro Togliatti ad opera dei gruppi del clandestinismo fascista, da attuarsi nell’autunno del 1947. Nel già citato saggio di Giannuli, a p. 56, leggiamo inoltre: “[…] 2 agosto 1947. […] Da Palermo viene segnalata la presenza in quella città di Selene Corbellini (Piacenza, 1906), ricercata, già della ‘Banda Koch’, detta anche ‘Lucia’ o ‘Maria Teresa’. E’ giunta in Sicilia munita di lettere di vivo accredito dell’On. Misuri e del capitano Pietro Arnaud, La suddetta lavorerebbe in Sicilia per conto del Comitato Anticomunista di Torino, di cui si spaccia per rappresentante per l’Italia centrale e meridionale, che cerca collegamenti con le formazioni del sud. Si tratta di un elemento pericoloso. Ai ‘camerati’ di Palermo dichiarava appena giunta di dover stabilire contatti diretti col noto Martina, capo della banda Giuliano. […].”
In rapporto alle probabili connessioni tra i gruppi paramilitari neofascisti e l’attentato al leader del Pci Palmiro Togliatti (14 luglio 1948), vale notare che in data 3 luglio 1951, al processo di Viterbo per la strage di Portella della Ginestra, si presenta un testimone, Corrado Guastella. Rinchiuso per un certo periodo nello stesso carcere in cui è detenuto l’attentatore di Togliatti, Antonio Pallante (classe 1924), Guastella dichiara di aver intercettato la corrispondenza di quest’ultimo e di aver scoperto che Pallante intrattiene rapporti epistolari con un ex capitano della Decima Mas, Matteo Guglielmo Ferro, e direttamente con la banda di Salvatore Giuliano (cfr. anche L’Ora di Palermo del 4 luglio 1951).
Oltre ai volumi e ai saggi citati in questo dossier, consigliamo la lettura di due importanti opere del giornalista e scrittore Vincenzo Vasile: Salvatore Giuliano, un bandito a stelle e a strisce (Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2003) e Turiddu Giuliano, il bandito che sapeva troppo (Roma, L’Unità - Nuova Iniziativa Editoriale, 2004).
In rete:
http://www.edscuola.com/archivio/interlinea/interlinea13.html
http://www.uonna.it/Portella-della-Ginestra-Casarrubea1.htm
http://casarrubea.splinder.com
"Gli assassini scomparvero all’improvviso: forse dovevano recarsi immediatamente a riferire dell’esito dell’eccidio, a chi li aveva mandati a commetterlo. Sulla piana rimanevano i morti". Per non dimenticare.
di Sergej, Data 14 dicembre 2005 - 524 letture
Il 17 marzo 1971 il giornalista Giuseppe Rosselli informava i lettori del quotidiano Paese Sera, e il resto dell’Italia, che nel dicembre del 1970 l’Italia aveva rischiato il colpo di Stato. Protagonista, il principe Junio Valerio Borghese. Un tentativo che mostrava quanto fragile fosse l’istituzione democratica in Italia e il permanere delle "trame nere" nella vita politica.
Ritroviamo il signor Junio Valerio Borghese nel nuovo, documentatissimo libro di Giuseppe Casarrubea, Storia segreta della Sicilia : dallo sbarco alleato a Portella della Ginestra, edito nei Tascabili Bompiani. Lo ritroviamo vent’anni prima, liberato dagli americani, che lo usano perché hanno bisogno di una forza armata in grado di spazzare via le formazioni partigiane armate, filocomuniste, che combattevano per liberare l’Italia dai nazifascisti. Lo ritroviamo tra i protagonisti di quell’intreccio tra servizi segreti, gruppi armati, mafiosi, latifondisti, fascisti, separatisti vari, che si ritrovarono nel momento di passaggio tra la fine del regime fascista in Sicilia e l’organizzazione di strutture "civili" di controllo del territorio. Insomma, tra governo dell’isola in mano agli Alleati e con i buoni servigi della mafia (su questo, il lavoro pionieristico e generoso di Michele Pantaleone: si veda Mafia e politica, 1962; 1975) e nuovo regime democristiano che avrebbe ereditato il tutto, compresi i servigi mafiosi.
Storia appassionata, quella di Casarrubea, documentatissima. Si avvale tra l’altro delle carte desecretate da Bill Clinton nel 2000 presso il National Archive and Records Administration nel Maryland, nonché di altri documenti del Sis e del Sim. Appassionata anche perché si sente non solo il lavoro dello storico, ma anche l’indignazione del siciliano di fronte alle carognate di quegli anni: carognate che sono poi baldanzosamente continuate fino alle strage dei magistrati - dopo quelle dei sindacalisti di quegli anni -, secondo un processo lineare e coerente che ha mantenuto la Sicilia sotto dominio americano, i siciliani asservizi, Sigonella ben protetta da qualsiasi velleità. La Sicilia così ha conosciuto la pax mafiosa e democristiana, non ha avuto terrorismo, e i siciliani sono rimasti "al loro posto". Casarrubea smonta a uno a uno, carte alla mano, tutti i luoghi comuni e i miti di una pubblicistica astorica e antistorica: il suo è uno dei migliori libri, e più appassionanti, pubblicato in Italia nel 2005 e bene ha fatto la Bompiani / RCS a farlo uscire direttamente in edizione economica, cosa inusuale non solo tra i libri di storia nel nostro dimentico Paese.
Cuore nevralgico del libro di Casarrubea sono proprio quegli anni, che tutto decidono e dopo i quali tutta l’isola sarà posta nel limbo. Tra l’arrivo dei militari anglo-americani e strage di Portella della Ginestra la storia in Sicilia si mette a ruotare vorticosamente. Si apre il possibile. E questo possibile è dato dalla speranza: che le terre possano venire lavorate, che la miseria possa essere sconfitta grazie alla solidarietà e alla cooperazione, che un altro mondo - libero, democratico, non fascista - fosse possibile. A questo punto si apre la mattanza: contadini e sindacalisti vengono trucidati in decine, centinaia di attentati. Portella della Ginestra si pone al termine di questa fase: dopo, ci sarà solo bisogno di eliminare gli ultimi residui, in questo caso l’autore materiale della strage. E anche Salvatore Giuliano sarà "stutatu" (spento).
Il 3 maggio 1947 apparve sul quotidiano Avanti! uno stringato, tesissimo articolo in cui si diceva della strage appena avvenuta in Sicilia:
"Ieri mattina folti gruppi di contadini si sono dati convegno a Portella della Ginestra per ascoltare, in occasione della festa del lavoro, alcuni oratori della CdL e dei partiti di sinistra [...]. Nel centro un podio di pietra. Quando sulla rudimentale tribuna salì il primo oratore, il calzolaio Giacomo Schirò [...] "Compagni lavoratori, siamo qui riuniti per festeggiare il Primo Maggio, la festa dei lavoratori...". A questo punto il costone di Monte Pizzuto risuonò di raffiche e i primi proiettili fischiarono tra la folla. I primi morti caddero sulla pietraia [...]. Dieci minuti di raffiche, dalle 10.30 alle 10.40. Quando le mitragliatrici tacquero, a terra uomini e donne e bimbi e vecchi, sotto gli zoccoli dei cavalli impazziti. Sangue sui massi grigi, sangue rosso e le bandiere del lavoro strappate e lacere. Gli assassini scomparvero all’improvviso: forse dovevano recarsi immediatamente a riferire dell’esito dell’eccidio, a chi li aveva mandati a commetterlo. Sulla piana rimanevano i morti".
Giuseppe Casarrubea (1946) ha pubblicato anche: Intellettuali e potere in Sicilia (Sellerio, 1983), L’educazione mafiosa (Sellerio, 1991), Gabbie strette: L’educazione in terre di mafia: identità nascoste e progettualità del cambiamento (Sellerio, 1996). Portella della Ginestra: Microstoria di una strage di Stato (Angeli, 1997), Fra’ Diavolo e il governo nero: «Doppio Stato» e stragi nella Sicilia del dopoguerra (Angeli, 1998), Salvatore Giuliano : morte di un capobanda e dei suoi luogotenenti (Angeli, 2001). E’ stato co-curatore (per le note) de Come nasce la Repubblica (Bompiani, 2004) testo antologico di Nicola Tranfaglia.
http://www.girodivite.it/Storia-segreta-della-Sicilia.html
Storia segreta della Sicilia : dallo sbarco alleato a Portella della Ginestra / Giuseppe Casarrubea ; prefazione di Nicola Tranfaglia. - Milano : RCS Libri, 2005. - 270 p. - (Tascabili Bompiani. Saggi ; 325). - ISBN 88-452-3479-7. - 9 euro.
La pagina http://www.edscuola.it/archivio/interlinea/banda_giuliano.htm
è stata modificata Venerdì 5 giugno 109, alle ore 18:23:12 - Educazione&Scuola©