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KYMATICA

10/1/2012

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nota per i sottotitoli:cliccando su cc alla vostra dex,attiverete i sottotitoli,potete cambiare il carattere,il colore,la grandezza e l'idioma cliccando su cc e a seguire cliccando l'opzione impostazioni

.Kymatica è un film di Ben Stewart autore di Esoteric Agenda. 
Questo film è fatto da un gruppo alternativo di antropologi, psicologi e scienziati che non sono in linea completamente con la scienza ufficiale ma ne utilizzano alcune informazioni da cui traggono una serie di conclusioni interessanti ed altamente suggestive ed innovative.Ben Stewart, è un giovane e brillante musicista e filosofo, questo documentario è unico e nuovo, dove narra di cimatica, attraverso le pratiche sciamaniche, che ci rivela l'umanità, ciò che ci trattiene, quello di cui che siamo malati, che ci sta distruggendo. Perché l'odio, la segregazione, il razzismo.
A seguire la traduzione del Video di Kymatica

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HUGO CHAVEZ RACCONTA LA VERITA' e AUMENTA I SALARI MINIMI DEL 30% - Tributo al colonello GHEDDAFI

12/27/2011

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ELOQUENT FACTS OF THE SOCIALIST LIBYA:


* GDP per capita - $ 14,192.
* Unemployment benefit - $ 730.
* Each family member subsidized by the state gets annually $ 1.000
* Salary for nurses - $ 1.000.
* For every newborn is paid $ 7.000.
* The bride and groom receive a $ 64 thousand to purchase flats.
* Major taxes and levies prohibited.
* To open a personal business a one-time financial assistance of $ 20.000
* Education and medicine are free.
* Educ.Internships abroad - at government expense.
* Stores for large families with symbolic prices for basic foodstuffs.
* Part of pharmacies - with free dispensing.
* Loans for buying a car and an apartment - no interest.
* Real estate services are prohibited.,
* Buying a car up to 50% paid by the State.
* No Payment for electricity for the population.
* Sales and use of alcohol is prohibited.
* Petrol is cheaper than water. 1 liter of gasoline - $ 0.14.

http://www.cpeurasia.eu/1404/appello-al-parlamento-italiano-ed-al-parlamento-...

NON CI SARA' MAI PARAGONE TRA GHEDDAFI E I CRIMINALI SIONISTI CHE HANNO ARCHITETTATO LA PROPAGANDA MEDIATICA PER DEMONIZZARLO AGLI OCCHI DELLE MASSE MANIPOLABILI,CHE HANNO RIEMPITO D'ORO LE TASCHE DI QUEI VISCIDI AVANZI DI GALERA CHIAMATI 'RIBELLI' E CHE ORA STANNO BOMBARDANDO LA LIBIA PER COSTRINGERLA A DIVENTARE UN COLONIA DELLA PIU' FEROCE DITTATURA CHE L'UOMO ABBAI MAI CONOSCIUTO: IL NWO SIONISTA
ANCHE PER VOI LIBICI CHE AVETE SEGUITO QUEI VENDUTI DEI RIBELLI VERRA' PRESTO IL GIORNO IN CUI RIMPIANGERETE GHEDDAFI PERCHE' BANCHE MULTINAZIONALI E DEMOCRAZIA SIONISTA NON VI LASCERANNO NEANCHE PIU' GLI OCCHI PER PIANGERE..ASSAGGERETE LA VERA DITTATURA:QUELLA DEL FMI E DELLA BANCA MONDIALE



si ringrazia EuropeanFascism per il video:
http://www.youtube.com/user/EuropeanFascism
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Islanda, quando il popolo sconfigge l'economia globale

12/17/2011

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__di Andrea Degl'Innocenti
tratto da http://www.ilcambiamento.it/lontano_riflettori/islanda_rivoluzione_silenziosa.html

L'hanno definita una 'rivoluzione silenziosa' quella che ha portato l'Islanda alla riappropriazione dei propri diritti. Sconfitti gli interessi economici di Inghilterra ed Olanda e le pressioni dell'intero sistema finanziario internazionale, gli islandesi hanno nazionalizzato le banche e avviato un processo di democrazia diretta e partecipata che ha portato a stilare una nuova Costituzione.

Una rivoluzione silenziosa è quella che ha portato gli islandesi a ribellarsi ai meccanismi della finanza globale e a redigere un'altra costituzione .
Oggi vogliamo raccontarvi una storia, il perché lo si capirà dopo. Di quelle storie che nessuno racconta a gran voce, che vengono piuttosto sussurrate di bocca in orecchio, al massimo narrate davanti ad una tavola imbandita o inviate per e-mail ai propri amici. È la storia di una delle nazioni più ricche al mondo, che ha affrontato la crisi peggiore mai piombata addosso ad un paese industrializzato e ne è uscita nel migliore dei modi.


L'Islanda. Già, proprio quel paese che in pochi sanno dove stia esattamente, noto alla cronaca per vulcani dai nomi impronunciabili che con i loro sbuffi bianchi sono in grado di congelare il traffico aereo di un intero emisfero, ha dato il via ad un'eruzione ben più significativa, seppur molto meno conosciuta. Un'esplosione democratica che terrorizza i poteri economici e le banche di tutto il mondo, che porta con se messaggi rivoluzionari: di democrazia diretta, autodeterminazione finanziaria, annullamento del sistema del debito.

Ma procediamo con ordine. L'Islanda è un'isola di sole di 320mila anime – il paese europeo meno popolato se si escludono i micro-stati – privo di esercito. Una città come Bari spalmata su un territorio vasto 100mila chilometri quadrati, un terzo dell'intera Italia, situato un poco a sud dell'immensa Groenlandia.
15 anni di crescita economica avevano fatto dell'Islanda uno dei paesi più ricchi del mondo. Ma su quali basi poggiava questa ricchezza? Il modello di 'neoliberismo puro' applicato nel paese che ne aveva consentito il rapido sviluppo avrebbe ben presto presentato il conto. Nel 2003 tutte le banche del paese erano state privatizzate completamente. Da allora esse avevano fatto di tutto per attirare gli investimenti stranieri, adottando la tecnica dei conti online, che riducevano al minimo i costi di gestione e permettevano di applicare tassi di interesse piuttosto alti. IceSave, si chiamava il conto, una sorta del nostrano Conto Arancio. Moltissimi stranieri, soprattutto inglesi e olandesi vi avevano depositato i propri risparmi.


Così, se da un lato crescevano gli investimenti, dall'altro aumentava il debito estero delle stesse banche. Nel 2003 era pari al 200 per cento del prodotto interno lordo islandese, quattro anni dopo, nel 2007, era arrivato al 900 per cento. A dare il colpo definitivo ci pensò la crisi dei mercati finanziari del 2008. Le tre principali banche del paese, la Landsbanki, la Kaupthing e la Glitnir, caddero in fallimento e vennero nazionalizzate; il crollo della corona sull'euro – che perse in breve l'85 per cento – non fece altro che decuplicare l'entità del loro debito insoluto. Alla fine dell'anno il paese venne dichiarato in bancarotta.

Il Primo Ministro conservatore Geir Haarde, alla guida della coalizione Social-Democratica che governava il paese, chiese l’aiuto del Fondo Monetario Internazionale, che accordò all'Islanda un prestito di 2 miliardi e 100 milioni di dollari, cui si aggiunsero altri 2 miliardi e mezzo da parte di alcuni Paesi nordici. Intanto, le proteste ed il malcontento della popolazione aumentavano.
A gennaio, un presidio prolungato davanti al parlamento portò alle dimissioni del governo. Nel frattempo i potentati finanziari internazionali spingevano perché fossero adottate misure drastiche. Il Fondo Monetario Internazionale e l'Unione Europea proponevano allo stato islandese di di farsi carico del debito insoluto delle banche, socializzandolo. Vale a dire spalmandolo sulla popolazione. Era l'unico modo, a detta loro, per riuscire a rimborsare il debito ai creditori, in particolar modo a Olanda ed Inghilterra, che già si erano fatti carico di rimborsare i propri cittadini.


Il nuovo governo, eletto con elezioni anticipate ad aprile 2009, era una coalizione di sinistra che, pur condannando il modello neoliberista fin lì prevalente, cedette da subito alle richieste della comunità economica internazionale: con una apposita manovra di salvataggio venne proposta la restituzione dei debiti attraverso il pagamento di 3 miliardi e mezzo di euro complessivi, suddivisi fra tutte le famiglie islandesi lungo un periodo di 15 anni e con un interesse del 5,5 per cento.

Si trattava di circa 100 euro al mese a persona, che ogni cittadino della nazione avrebbe dovuto pagare per 15 anni; un totale di 18mila euro a testa per risarcire un debito contratto da un privato nei confronti di altri privati. Einars Már Gudmundsson, un romanziere islandese, ha recentemente affermato che quando avvenne il crack, “gli utili [delle banche, ndr] sono stati privatizzati ma le perdite sono state nazionalizzate”. Per i cittadini d'Islanda era decisamente troppo.

Fu qui che qualcosa si ruppe. E qualcos'altro invece si riaggiustò. Si ruppe l'idea che il debito fosse un'entità sovrana, in nome della quale era sacrificabile un'intera nazione. Che i cittadini dovessero pagare per gli errori commessi da un manipoli di banchieri e finanzieri. Si riaggiustò d'un tratto il rapporto con le istituzioni, che di fronte alla protesta generalizzata decisero finalmente di stare dalla parte di coloro che erano tenuti a rappresentare.
Accadde che il capo dello Stato, Ólafur Ragnar Grímsson, si rifiutò di ratificare la legge che faceva ricadere tutto il peso della crisi sulle spalle dei cittadini e indisse, su richiesta di questi ultimi, un referendum, di modo che questi si potessero esprimere.


La comunità internazionale aumentò allora la propria pressione sullo stato islandese. Olanda ed Inghilterra minacciarono pesanti ritorsioni, arrivando a paventare l'isolamento dell'Islanda. I grandi banchieri di queste due nazioni usarono il loro potere ricattare il popolo che si apprestava a votare. Nel caso in cui il referendum fosse passato, si diceva, verrà impedito ogni aiuto da parte del Fmi, bloccato il prestito precedentemente concesso. Il governo inglese arrivò a dichiarare che avrebbe adottato contro l'Islanda le classiche misure antiterrorismo: il congelamento dei risparmi e dei conti in banca degli islandesi. “Ci è stato detto che se rifiutiamo le condizioni, saremo la Cuba del nord – ha continuato Grímsson nell'intervista - ma se accettiamo, saremo l’Haiti del nord”.

A marzo 2010, il referendum venne stravinto, con il 93 per cento delle preferenze, da chi sosteneva che il debito non dovesse essere pagato dai cittadini. Le ritorsioni non si fecero attendere: il Fmi congelò immediatamente il prestito concesso. Ma la rivoluzione non si fermò. Nel frattempo, infatti, il governo – incalzato dalla folla inferocita – si era mosso per indagare le responsabilità civili e penali del crollo finanziario. L'Interpool emise un ordine internazionale di arresto contro l’ex-Presidente della Kaupthing, Sigurdur Einarsson. Gli altri banchieri implicati nella vicenda abbandonarono in fretta l'Islanda.

In questo clima concitato si decise di creare ex novo una costituzione islandese, che sottraesse il paese allo strapotere dei banchieri internazionali e del denaro virtuale. Quella vecchia risaliva a quando il paese aveva ottenuto l'indipendenza dalla Danimarca, ed era praticamente identica a quella danese eccezion fatta per degli aggiustamenti marginali (come inserire la parola 'presidente' al posto di 're'). 
Per la nuova carta si scelse un metodo innovativo. Venne eletta un'assemblea costituente composta da 25 cittadini. Questi furono scelti, tramite regolari elezioni, da una base di 522 che avevano presentato la candidatura. Per candidarsi era necessario essere maggiorenni, avere l'appoggio di almeno 30 persone ed essere liberi dalla tessera di un qualsiasi partito.


Ma la vera novità è stato il modo in cui è stata redatta la magna charta. "Io credo - ha detto Thorvaldur Gylfason, un membro del Consiglio costituente - che questa sia la prima volta in cui una costituzione viene abbozzata principalmente in Internet".

Chiunque poteva seguire i progressi della costituzione davanti ai propri occhi. Le riunioni del Consiglio erano trasmesse in streaming online e chiunque poteva commentare le bozze e lanciare da casa le proprie proposte. Veniva così ribaltato il concetto per cui le basi di una nazione vanno poste in stanze buie e segrete, per mano di pochi saggi. La costituzione scaturita da questo processo partecipato di democrazia diretta verrà sottoposta al vaglio del parlamento immediatamente dopo le prossime elezioni.

Ed eccoci così arrivati ad oggi. Con l'Islanda che si sta riprendendo dalla terribile crisi economica e lo sta facendo in modo del tutto opposto a quello che viene generalmente propagandato come inevitabile. Niente salvataggi da parte di Bce o Fmi, niente cessione della propria sovranità a nazioni straniere, ma piuttosto un percorso di riappropriazione dei diritti e della partecipazione.
Lo sappiano i cittadini greci, cui è stato detto che la svendita del settore pubblico era l'unica soluzione. E lo tengano a mente anche quelli portoghesi, spagnoli ed italiani. In Islanda è stato riaffermato un principio fondamentale: è la volontà del popolo sovrano a determinare le sorti di una nazione, e questa deve prevalere su qualsiasi accordo o pretesa internazionale. Per questo nessuno racconta a gran voce la storia islandese. Cosa accadrebbe se lo scoprissero tutti?


www.disinformazione.i


_Lezioni Ecuadoriane: se il debito è illegittimo non si paga

_di Andrea Degl'Innocenti - 2 Dicembre 2011
tratto da http://www.ilcambiamento.it

Come accaduto in Islanda, anche in Ecuador il popolo, guidato dal presidente Rafael Correa, si è rifiutato di pagare il debito. Una commissione appositamente istituita l'ha dichiarato illegittimo in quanto si trattava di un prestito che faceva gli interessi esclusivi di banche e multinazionali e non del paese che avrebbe dovuto aiutare. Un'altra lezione di cui tenere conto.

In Ecuador, come in Islanda, ci si è rifiutati di pagare un debito contratto in maniera ingiusta

Parliamo di vulcani. E di eruzioni. Tempo fa, in Islanda, l'impronunciabile vulcano Eyjafjallajökull sbuffava nubi di ceneri bianche mandando in tilt i collegamenti aerei di mezzo mondo; allo stesso tempo il popolo islandese decideva di sollevarsi contro i poteri forti della finanza globale. Nell'altro emisfero, in Ecuador, da qualche anno si è risvegliato il potente Tungurahua - appena più facile da pronunciare, ma neanche poi tanto – proprio nel periodo in cui il presidente Rafael Correa dichiarava il debito estero che gravava sulle spalle dei suoi cittadini “illegittimo ed illegale”.

In una sinergia quasi sovrannaturale, sembra che la natura e gli esseri umani si destino all'unisono, in varie parti del mondo, in un moto di ribellione verso i propri oppressori. Che a ben vedere, per l'una e per gli altri, sono i medesimi. Quell'elite finanziaria che controlla l'economia globale, possiede corporazioni e multinazionali, controlla le banche e gestisce i mercati, è responsabile da un lato dei maggiori crimini ambientali: emissioni nocive, fallimento dei vertici internazionali sul clima, deforestazione, disastri petrolieri; dall'altro della schiavitù dei popoli, oppressi da debiti immensi, privati dei propri diritti e della sovranità nazionale.
Dunque è curioso vederli sbottare all'unisono, quasi che vulcani ed esseri umani siano due diversi strumenti nelle mani di un unico potente flusso vitale. Ma accantoniamo la retorica e andiamo a vedere cosa è successo. Dell'Islanda, e di come il popolo si sia ribellato ai poteri forti internazionali e abbia dato vita ad un percorso di democrazia partecipata, vi abbiamo già parlato tempo addietro. Occupiamoci dell'Ecuador.


Qui è accaduto che il paese si ritrovava schiacciato, da una trentina d'anni circa, da un debito pubblico enorme. Nel 1983, infatti, lo Stato si era fatto carico, di fronte ai creditori, del debito estero contratto da privati, per un totale di 1371 milioni di dollari, ai tempi una cifra notevole. 
Talmente notevole che nei successivi sei anni il paese non fu in grado di pagarla. Invece essa crebbe fino a raggiungere la soglia di 7 miliardi.


Ora, i creditori erano principalmente istituti di credito statunitensi; nel contratto stipulato con il governo dell'Ecuador esisteva una clausola che prevedeva che dopo sei anni il debito cadesse in prescrizione. Ma il 9 dicembre 1988, a New York, in un atto unilaterale, venne abolita la prescrizione della totalità del debito. In pratica, gli Stati Uniti decisero che, a dispetto di ogni accordo preso in precedenza e senza consultare l'altra parte, l'Ecuador avrebbe pagato ugualmente tutto il debito, che intanto continuava a crescere. Nessun membro del congresso ecuadoregno si oppose alla risoluzione, che gli organismi statali nascosero persino alla popolazione.
Poco tempo dopo, sempre dagli Stati Uniti arrivò la seguente proposta: che il debito estero fosse scambiato con l'acquisto dei cosiddetti Buoni Brady. Nicholas Brady era ai tempi, siamo nel 1992, Segretario del Tesoro americano, e stava attuando il Piano Brady, che interveniva sul debito di molti paesi latinoamericani ristrutturandolo attraverso la vendita di nuovi bond e obbligazioni. Molti paesi accettarono l'offerta, che consisteva di fatto nel pagare il proprio debito contraendone un altro, sul quale sarebbero maturati nuovi interessi. Anche l'Ecuador accettò.
Le condizioni imposte da questo nuovo debito furono decisamente pesanti. Fra il 1992 ed il 1993 molte delle compagnie statali venero privatizzate. In particolar modo si stabilì che sarebbero state le risorse di metano e di petrolio a dover garantire il debito.


Alejandro Olmos Gaona, storico ed investigatore ecuadoregno, ha dichiarato di aver personalmente trovato sia nel ministero dell'economia argentino che in quello ecuadoriano tre lettere: una da parte del Fondo Monetario Internazionale diretta alla comunità finanziaria, ovvero a tutte le banche; un'altra della Banca Mondiale; una terza della Banca Interamericana dello Sviluppo (BID). Cosa chiedevano? Di appoggiare il governo argentino di Carlos Menem, che si era impegnato a privatizzare il sistema pensionistico, a cambiare le leggi sul lavoro, a riformare lo stato e privatizzare tutte le imprese pubbliche, specialmente quelle riguardanti il petrolio.
Nell'accettare il Piano Brady, l'Ecuador si impegnava a rispettare una serie di clausole molto articolate e piuttosto confuse. Ve n'era una, ad esempio, che fissava i termini ed i tempi per i reclami. L'Ecuador avrebbe potuto reclamare qualsiasi tipo di controversia legata al contratto a partire dal 21° anno dopo la morte dell'ultimo membro della famiglia Kennedy. Una clausola che suonava come una vera e propria beffa, volta ad impedire qualsiasi tipo di reclamo futuro da parte del paese.


Passiamo al 2000. I buoni Brady vengono sostituiti con i buoni Global, che aggiungono alle vecchie condizioni nuove misure di austerità e privatizzazioni, sotto pressione di alcune banche. I nomi? JP Morgan, Citibank, Chase Manhattan Bank, Lloyds Bank, Loeb Roades, E.F. Hutton. Il contratto viene stipulato dallo studio legale Milbank.
Lo studio Milbank – il cui nome steso è Milbank, Tweed, Hadley & McLoy - ha fra i propri clienti, guarda caso, JP Morgan e Chase Manhattan Bank, e ha curato negli anni la maggior parte dei contratti sul debito stipulati dai paesi dell'America Latina. Ogni singolo contratto dell'Ecuador è uscito da quelle stanze. Fra i suoi avvocati più brillanti sono annoverati John McLoy, primo presidente della Banca Mondiale, William H. Webster, ex-direttore dell'Fbi e della Cia e giudice della corte dello Stato di New York.

I contratti venivano stipulati con gli avvocati dell'Ecuador negli Stati Uniti: Cleary, Gottlieb, Steen e Hamilton, uno studio fantoccio che si limitava a ratificare quanto già deciso senza mai sollevare contestazioni.
La situazione è proseguita, uguale, fino al 2008. Poi qualcosa è cambiato. L'Ecuador si trovava allora in una situazione particolarmente difficile, con un debito gonfiatosi fino a raggiungere gli 11 miliardi di dollari, decisamente troppo per un'economia relativamente povera. Il presidente socialista Rafael Correa, in carica dal Gennaio 2007, prese allora la grande decisione.


“L'Ecuador non pagherà il proprio debito estero, in quanto è stato contratto in maniera illegittima”, dichiarò davanti al mondo intero. Come poteva fare un'affermazione così forte?
Perché nel frattempo egli aveva istituito una commissione d'inchiesta che srotolasse il bandolo della matassa del debito, che negli anni era andato crescendo e ingarbugliandosi sempre più.
Dalla relazione di tale commissione sono emerse tutte le alterne vicende che hanno portato alla creazione e alla crescita del debito – le stesse di cui vi abbiamo parlato sopra. Ed una serie di dati interessanti.
È emerso, ad esempio, che oltre l'80% del debito è servito a re-finanziare il debito stesso, mentre solo il 20% è stato  destinato a progetti di sviluppo. Si è reso così lampante che il sistema dell'indebitamento è un modo per fare gli interessi di banche e multinazionali, non certo dei paesi che lo subiscono. La Commissione è quindi giunta alla conclusione che il debito estero dell'Ecuador è illegittimo e dunque non verrà pagato.


Da allora, potendo utilizzare le proprie risorse per la crescita sociale e non più per il pagamento del debito, l'Ecuador è andato incontro ad uno sviluppo senza precedenti; la popolazione sotto la soglia di povertà è diminuita di quasi il 15 per cento. 
Nell'ottobre 2010 il presidente Correa è riuscito a scampare ad un colpo di stato militare grazie all'incredibile sostegno di cui gode da parte della popolazione. Da dentro l'ospedale in cui era stato rinchiuso dichiarava: “Il presidente sta governando la nazione da questo ospedale, da sequestrato. Da qui io esco o come presidente, o come cadavere, ma non mi farete perdere la mia dignità”.


Dall'Ecuador, come dall'Islanda, ci arriva un messaggio di speranza. Il ricatto del debito, utilizzato dai poteri forti della finanza globale per imporre misure drastiche e impopolari - depredare così intere nazioni - può essere interrotto. Dell'enorme debito che grava sul mondo intero, solo una piccolissima parte è in mano a piccoli risparmiatori, cittadine e cittadini. La stragrande maggioranza appartiene ad enormi gruppi finanziari privati, che lo usano per alimentare e gonfiare all'infinito questo meccanismo suicida. In Ecuador hanno deciso che a questo debito, ingiusto, è giusto ribellarsi.

www.disinformazione.it


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FABRI FIBRA CONTRO NUOVO ORDINE MONDIALE

11/12/2011

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HANNO DICHIARATO GUERRA ALL'ITALIA MA NESSUNO LO DICE

11/12/2011

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_HANNO DICHIARATO GUERRA ALL'ITALIA: LE LOBBY CHE FINO A IERI HANNO "GOVERNATO" SOTTOBANCO GLI USA, STANNO ESTENDENDO IL LORO DOMINIO ALL'EUROPA: HANNO INIZIATO GLOBALIZZANDO IL MERCATO, AUMENTANDO I POTERI DEGLI ORGANI SOVRANAZIONALI, HANNO IMPOSTO LA "MONETA UNICA" EUROPEA DI CUI HANNO IL CONTROLLO, E ORA VOGLIONO RENDERCI SCHIAVI: ATTRAVERSO IL DEBITO GENERATO DAL LORO SISTEMA ECONOMICO.

Berlusconi, i ministri, i parlamentari di maggioranza e opposizione, i giornalisti di TV e giornali... SANNO MEGLIO DI NOI come funziona il sistema economico... sanno meglio di noi che le lobby bancarie stanno "invadendo" l'Italia... la differenza rispetto alle aggressioni subite da Iraq, Afganistan, Libia & Co. è che contro di noi stanno utilizzando le "armi del debito", le armi "economiche", della speculazione dei mercati che manovrano a loro uso e consumo; armi che forse causano danni PEGGIORI di quelle "esplosive".  Dietro alla speculazione, alla "crisi del debito" ci sono le stesse potenze economiche che - per coltivare i loro interessi - hanno dichiarato la guerra ad altre nazioni utilizzando le "armi convenzionali".

Perché nessuno di loro prende le PALLE in mano e dice davvero agli italiani cosa sta succedendo?!? Sig. Berlusconi, ci pensi bene... perché lei ha tante colpe, ma pagherà anche quelle che non ha... sarà un perfetto "capro espiatorio" con la quale giustificare tante, tante nefandezze.

La BCE, massima espressione del "Nuovo ordine mondiale" in Europa, ci ha dichiarato guerra e nessuno lo dice. (Il peggio è che molti cittadini, controllati dalle "armi di distrazione di massa" non se ne accorgono nemmeno) i massimi dirigenti della Banca Centrale (una banca privata che produce profitto per i propri soci/azionisti) ci stanno invadendo. Fino a ieri si sono "limitati" a minacciare il nostro governo con i "missili" dei "mercati" (controllati dai potenti, molti dei quali fanno parte del gruppo Bilderberg di cui fa parte anche Mario Monti) e dello "spread"; solo pochi mesi fa, hanno imposto una "finanziaria" da 50 miliardi, e oggi senza nemmeno sentire l'esigenza di nascondersi, stanno assumendo il controllo del GOVERNO DEL PAESE: non hanno fatto nemmeno lo "sforzo" di farsi eleggere...



E il fatto che Luca Cordero di Montezemolo non sia ancora sceso in campo "ufficialmente", nonostante da molti mesi stia spianando il terreno, alimenta il sospetto, nemmeno troppo infondato, che lo faccia in futuro, dopo la "tempesta": quando le misure "lacrime e sangue" assunte da poteri forti a lui forse non troppo "estranei", saranno già state varate; il momento d'oro per uscirsene, sostenuto da una grande campagna mediatica, come "salvatore della Patria" che farà da "anello di congiunzione" tra "Grande Centro" e "Centrosinistra", che nel frattempo avvallano la mattanza sociale, senza però sporcarsi le mani. Montezemolo può far convivere sotto lo stesso tetto i "postfascisti" finiani insieme ai "postcomunisti" radical chic del Partito Democratico; sopratutto, può rendere la coalizione digeribile

Berlusconi ha coltivato i propri interessi personali, è sicuro: ma sono POCA COSA rispetto agli interessi che coltivano i signori delle banche centrali, ovvero gli "emissari" del NWO (New World Order) che controllano le principali lobby finanziarie (In USA ci sono una quarantina di lobby che controllano migliaia di grandi aziende e capitali incredibili in tutto il mondo) nonché le istituzioni finanziarie: la "FED", la BCE, il FMI e tutte le "banche centrali" Rotschild

Per convincere gli italiani a votarlo, e arrivare al governo, Berlusconi ne ha inventate di tutti i colori con le sue TV: dal "contratto con gli italiani" alla promessa di milioni di posti di lavoro; questi invece non li ha votati nessuno: si sono fatti spazio, minacciando di farci fallire con i loro "giochetti virtuali". A condizionare  questo "benedettissimo" spread sono le LORO MANOVRE sul mercato finanziario; manovre ordite con lo scopo ben preciso di ottenere questi "risultati"; Con il loro "giochino virtuale" (borsa e mercati) che esiste solo nei loro computer, possono generare immensi profitti; possono mandare sul lastrico milioni di risparmiatori, possono far fallire uno Stato intero: l'aumento dello Spread (che provocano deliberatamente) costringe lo stato a pagare tassi di interesse più alti, che possono diventare insostenibili. Berlusconi per ottenere benefici in Libia baciava le mani a Gheddafi; questi gli hanno dichiarato guerra, imbavagliando i giornalisti di tutto il mondo, ai quali propinavano le loro "veline" sui "bombardamenti chirurgici"...

Fino a dieci anni fa, per dichiarare le guerre dovevano sforzarsi di trovare "scuse" serie, dei motivi almeno apparentemente condivisibili da far "ingoiare" all'opinione pubblica. Ora di punto in bianco, accendi la TV e scopri che è partita un'aggressione militare verso la Libia: danno il "via" ai loro piani, sicuramente ben pianificati in segreto, senza dare all'opinione pubblica il tempo di capire il motivo. In passato, le guerre dominavano l'informazione, che pur essendo controllata faceva la propria parte: quantomeno ne parlavano. Nel caso della Libia, invece, ne è stato parlato marginalmente, non sembrava nemmeno che ci fosse una vera e propria guerra in corso...

I politici sono benestanti: forse pensano di essere esentati dalla crisi, ma si sbagliano. Perché se questo paese diventerà un posto di m...da, lo sarà anche per loro e per i loro cari. I nostri politici sono tutti "maturi", sanno bene come si viveva in Italia vent'anni fa: si stava tutti meglio, politici compresi. La classe politica, come è emerso da tangentopoli, rubava almeno quanto oggi: ma si viveva bene, ed i politici erano benvoluti, qualcuno di loro aveva la fila sotto l'ombrellone di persone che andavano a chiedere una raccomandazione; oggi l'idea che gli italiani hanno dei politici, generalizzando, è quella di una banda di ladri che andrebbe arrestata per "associazione per delinquere" finalizzata a commettere una lista infinita di reati: devono girare con la scorta, come i magistrati che indagano sulla mafia, e vengono accolti a fischi e insulti: solo la presenza dei bodyguard, evita loro di ricevere sputi (ne sa qualcosa Pannella, che alla fine non è dei peggiori) E se le cose sono degenerate ai livelli attuali, una parte della responsabilità è da addebitare a loro, che hanno banchettato sfacciatamente infischiandosene del paese. Sessanta milioni di Italiani potevano permettersi il lusso di tollerare gli stravizi di questi mille privilegiati: ora non più.

Ma i poteri forti che stanno assumendo la guida del mondo, al di sopra dei governi delle singole nazioni, si stanno prendendo tutto: progressivamente ma inesorabilmente, e come un pozzo senza fine, pretendono sempre di più. Questi non si accontentano di tartassarci, di toglierci metà dei nostri guadagni; questi vogliono "il sangue", come quello che fanno scorrere nei paesi dove per coltivare i propri interessi, sganciano le bombe. Etica, moralità, pietà per loro non esistono: esiste solo il profitto, e in nome di quello sacrificano qualsiasi cosa. Grazie al loro "sistema economico", ogni giorno muoiono migliaia di persone: i popoli dell'Africa e di buona parte dell'Asia e del Sud America sono condannati alla povertà.

Ora avete capito come mai - quando tutto andava bene e nessuno ci pensava - hanno approvato il "Trattato di Lisbona", che consente loro di reprimere nel sangue le manifestazioni?!? Hanno già costituito una "Gendarmeria europea" con poteri praticamente illimitati in previsione delle SOMMOSSE che in Europa, di questo passo, diventeranno probabilmente inevitabili. E se credete che la "crisi nera" sia questa, sappiate che quello attuale è solo un "assaggio", di ciò che succederà tra qualche anno, forse qualche decennio, quando le persone CHE NON AVRANNO DI COSA CAMPARE, SARANNO TANTE...

Diventeremo, in poche parole, QUELLO CHE SONO ORA GLI STATI UNITI: il modello di sviluppo, il modello economico, sociale e culturale, è quello. Se negli Stati Uniti la delinquenza è elevatissima, è perché BUONA PARTE DEI CITTADINI VIVONO MALE; è il disagio e la povertà a far "scivolare" nell'illegalità i cittadini, come è la sofferenza che causa, a tirare fuori la CATTIVERIA di quelle persone...

Le carceri esploderanno, come negli USA e probabilmente, in risposta all'aumento della criminalità, saranno inasprite le leggi, con il consenso dei cittadini, spaventati dalla crescente violenza, sicuramente amplificata ad arte dai media. A quel punto, le potenti lobby delle armi, che fino ad oggi hanno "governato" sottobanco gli USA (e costituiscono parte integrante dei poteri che stanno espandendo il loro dominio in Europa e nel mondo) agevolate dalla "crescente criminalità" provocata dalle loro politiche, magari potranno entrare nel mercato europeo, dove assecondando l'esigenza di "sentirsi più sicuri" dei cittadini, sarà liberalizzato il mercato delle armi, o quantomeno semplificate le procedure di accesso al "porto d'arma" da difesa, trasformando anche l'Italia e l'Europa in quel far west che oggi sono gli USA.

(Nota: in tono minore a quello che succederà quando la povertà sarà diffusa, l'aumento della criminalità si è già verificato grazie agli extracomunitari: che - allacciandomi al discorso di cui sopra - delinquono in percentuale più alta a causa del disagio e della povertà, che tirano fuori il lato peggiore delle persone; non delinquono maggiormente certo per questioni di "nazionalità"...)

Chissà quante persone penseranno di aver letto un articolo scritto da un "pazzo visionario": dopotutto hanno impiegato anni per riuscire a farci pensare così; ad annebbiarci la vista al punto da non vedere ciò che ci combinano sotto il naso: come diceva Malcom X: ‎"Se non state attenti i media vi faranno amare gli oppressori e odiare quelli che vengono oppressi". Si chiama "inganno globale", ma forse sono i deliri di qualche "pazzo complottista"... Come scoprirlo? Non accontentatevi dei "discorsi" della televisione, di un giornale o di un sito: INFORMATEVI! Confrontate diverse fonti, documentatevi, e sopratutto, cercate RISCONTRI nella realtà: vediamo se ciò che è successo, ciò che sta succedendo, ciò che succederà, va nella "direzione" che dicono loro... o nella direzione che dicono alcuni "folli visionari". Il web, almeno per ora, consente a chi lo vuole di informarsi: basta cercare le parole giuste nei motori di ricerca. Ma forse, pretenderlo in una nazione dove da oltre due mesi la ricerca più cliccata è "film hard belen" è da visionari davvero...

PS: Quello che sta accadendo in Italia, non ha precedenti nel mondo occidentale, almeno tra i paesi considerati "grandi potenze economiche"... ma probabilmente, avendo visto tutto ciò che abbiano sopportato in questi anni, hanno capito che avremmo accettato anche questa...

Alessandro R. e Antonio B. - collaboratori nocensura.com
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Berlusconi è fuori dal parlamento. Chi rimane?

11/9/2011

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Tutti stiamo esultando come se avessimo estirpato il cancro dal parlamento Italiano, come se all'improvviso avessimo trovato la cura risolutiva.
    La verità che questo cancro è in metastasi sin dalla nascita della costituzione italiana. Il nostro parlamento assieme a tutti gli altri hanno vissuto realtà di totalitarismi in Europa con il FASCISMO ed il COMUNISMO dove si vietava la colonizzazione della PRIVATIZZAZIONE AMERICANA usando il divieto d'importare qualsiasi forma anglo-americana e tutelare così i rispettivi popoli dal sempre più NEOLIBERISMO che il CAPITALISMO offriva come NUOVA IDEA LIBERARE. Questa situazione politica in Europa era veicolata da GRANDI POTENTI dell'Economia Mondiale che finanziando entrambe le parti portarono all'opinione pubblica il dissenso delle DITTATURE. Questo fece breccia per l'ingresso di questo TOTALITARISMO EUROPEO che con il BOOM ECONOMICO si assicuro l'ascesa dentro i nostri GOVERNI per GARANTIRSI il controllo dell'intera economia  il quale è sinonimo di INTERO CONTROLLO EUROPEO quindi di un TOTALITARISMO SILENZIOSO approvato, col raggiro, dal nostro tacito consenso dovuto all'illusione di questo NEOLIBERISMO.
I parlamentari se li analizziamo hanno tutti scheletri nell'armadio e soprattutto hanno legami con FINANZIATORI, BANCHE, AZIONISTI che realmente decidono per loro.
    Quindi al vertici troviamo GRANDI CORPORAZIONI e BANCHE che hanno costruito realmente i sistemi parlamentari che conosciamo. Questi uomini sono strapagati per fare gli interessi di costoro facendo credere a noi comune persone che sono lì a rappresentarci.
    Dovremo mandare a casa tutti, riedificare un nuovo parlamento dove solo il popolo ne ha accesso e dove gli oneri fossero alla pari di lavori più umili. Un parlamentare non è ovvio che guadagni 200.000 euro all'anno più vari privilegi. La magistratura che è protettrice della costituzione ed il cittadino non dovrebbe guadagnare 120.000 euro all'anno. Dovremmo distruggere questa piramide di privilegi rendendo tutti su di un unico piano ed eguaglianza. Fino ad all'ora le posizioni e ruoli prestigiosi strapagati perché mettono le persone in condizioni di accettare questa PRESSIONE per essere CONTROLLATI con tasse, multe, leggi, ecc... tali da eliminare qualsiasi volontà di ribellarsi al sistema e di costringerli a rimanere nell'ignoranza di quei salvatori ideologici che salveranno i loro diritti e quindi rendendosi ostili nei confronti degli antagonisti.
    La realtà che i GOVERNI sono sempre stati a braccetto con le BANCHE e CORPORAZIONI che hanno colonizzato (GLOBALIZZAZIONE) il mondo usando tutti gli strumenti anche impensabili per GOVERNARE IL MONDO.
    Se vogliamo distruggere questo sistema dobbiamo riprenderci le nostre banche, boicottare il petrolio ed i suoi derivati, mandare a casa tutti i nostri Governanti.
    In Islanda e prima ancora l'Ecuador hanno detto no mandando a casa chi faceva gli interessi delle banche e ricostituendo la propria costituzione a favore dell'uguaglianza e del cittadino.

BERLUSCONI è andato fuori dal nostro governo ma attenzione che cambiano colore e bandiera ma sono gli stessi che ci promettono mari e monti lasciandoci perennemente in crisi e schiavi dei debiti mentre loro si godono privilegi e compensi per farlo.

UNITI SENZA NESSUNA BANDIERA POSSIAMO DEBELLARE QUESTO CANCRO!
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DISTRUGGIAMO NOI LA CRISI.

11/7/2011

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Ecco da dove nasce la CRISI. La Grecia come prima l'Argentina e poi sarà il turno di altre nazioni che non saranno per niente salvate ma indebitate ulteriormente. Questo porterà con una silenziosa guerra ad una colonizzazione mondiale da parte delle banche che dipendono dalla  FEDERAL RESERVE AMERICANA il quale poco a poco toglierà la SOVRANITA' dei POPOLI a tutti i DEBITORI. Noi stessi siamo schiavi del CAPITALISMO attraverso debiti, pagamenti e tasse.
La vera SOLUZIONE unirci e mandare a casa tutti i GOVERNI MANOVRATI dagli AZIONISTI che dietro GUIDANO il SISTEMA per POTER GOVERNARE IL MONDO ed aver il POTERE GLOBALE e di non pagare NULLA di quello che ci impongono. L'ISLANDA è LIBERA e rinasce con un SISTEMA ALTERNATIVO. Tutti noi possiamo essere FINALMENTE LIBERI.
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David Icke - Sistema Finanza, Rivoluzioni guidate,Nwo

11/5/2011

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In uno strano e pittoresco Garage, il birbacchione Icke analizza gli aspetti presenti e possibilmente futuri.
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Dall'Islanda all'Italia, la strada dei diritti per uscire dalla crisi

11/1/2011

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Cosa può insegnarci la vicenda islandese? Quali le differenze e quali i punti in comune con ciò che potrebbe accadere in Italia? Il percorso di democrazia partecipata e di riappropriazione dei diritti iniziato in Islanda è realmente trasferibile altrove? Cerchiamo di rispondere a queste ed altre domande, per chiarire i dubbi e le perplessità dei lettori sulla 'rivoluzione silenziosa'. di Andrea Degl'Innocenti - 19 Luglio 2011
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Il popolo islandese ha affermato che le decisioni sul futuro di una nazione non si possono prendere in qualche palazzo
Giorni fa vi abbiamo raccontato in un articolo di come il popolo d'Islanda abbia intrapreso un percorso democratico di riappropriazione dei propri diritti, a scapito della finanza globale. Torniamo a scrivere dell'argomento - visto il grande interesse suscitato - per chiarire alcune delle questioni più controverse della vicenda islandese, così come sono emerse dai commenti dei lettori. Procederemo con ordine analizzando punto per punto ogni aspetto, riproponendo le domande e le curiosità così come ci sono state poste e cercando di fornire una lettura il più possibile realistica di quanto accaduto in Islanda e delle eventuali connessioni con la situazione dell'Italia e del resto d'Europa.

Chi pagherà il debito? Una delle domande più ricorrenti è proprio questa. Già, chi paga? Come spesso accade, le domande più semplici sono anche le più complesse a cui rispondere. Per adesso la risposta è: nessuno. Lo stato islandese si è trovato nella morsa di due diverse forze, l'una che spingeva dall'alto, l'altra dal basso. Esso doveva rispondere da un lato ai propri cittadini, che si rifiutavano di pagare un debito contratto da enti privati (le banche) nei confronti di altri privati (i cittadini inglesi ed olandesi); dall'altro ad accordi internazionali e potentati finanziari che imponevano il pagamento del debito contratto, con qualsiasi mezzo e a costo di ridurre alla fame la popolazione islandese. Alla fine è stato deciso di dare la parola ai cittadini, affermando un principio sancito da molte costituzioni ma la cui applicazione appare quasi un atto rivoluzionario: che la volontà del popolo sovrano è superiore a qualsiasi altro accordo internazionale.

Ci rimetteranno i cittadini inglesi ed olandesi? Sì, in un certo senso. Se il debito non verrà pagato a rimetterci saranno, in parte, anche i contribuenti d'Olanda e Gran Bretagna. I due stati creditori hanno già provveduto a rimborsare i propri cittadini titolari del conto IceSave, che sta alla base della controversia, dunque si sono fatti carico di tale debito. Significa che quei quattro miliardi circa di credito che i due paesi avevano verso l'Islanda non ci sono più, dunque non verranno più considerati nel bilancio statale. Ci saranno delle ripercussioni sui cittadini? Possibile, ma saranno comunque impercettibili. Il peso specifico che questa cifra assume sull'economia britannica o olandese non è paragonabile a quello che avrebbe assunto sull'Islanda. Ciò che conta, però, è che per una volta – forse la prima – si è smentito l'assioma del debito, uno dei mali peggiori che attanaglia le società contemporanee.

Certo, la questione non è affatto semplice, come vedremo più avanti. Inoltre va ricordato che la faccenda del debito islandese non è ancora del tutto chiusa. Nonostante i cittadini islandesi si siano pronunciati per ben due volte sulla questione, è ancora aperta la controversia a livello internazionale, con Inghilterra ed Olanda che si sono tutt'altro che rassegnate a veder sfumare i propri investimenti.


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Gli islandesi si erano arricchiti con i soldi delle banche? “Finché le cose andavano bene erano tutti contenti, poi quando si sono messe male nessuno vuole pagare”, è un altro dei commenti ricorrenti. Certo, lo sviluppo sfrenato porta ricchezza e benessere, si sa. Ma è bene notare che: 1. chi si arricchisce veramente è un numero molto limitato di persone e nel caso Islandese le ricchezze accumulate dai banchieri non sono paragonabili con quelle 'di riflesso' degli altri cittadini; 2. chi è responsabile dello sviluppo sfrenato è anche consapevole delle fragili basi su cui esso posa, mentre i cittadini sono spesso indotti a credere che tale sviluppo sia solido e potenzialmente infinito; 3. la critica che rivolgiamo agli islandesi potremmo rivolgerla a noi stessi, visto che anche noi abbiamo goduto di un modello sociale non deciso da noi, ed ora ci prepariamo a pagare il conto (ed immagino non ci verrà fatta una colpa se cercheremo di pagarlo il meno salato possibile).

Il punto qui è un altro. Stiamo uscendo – noi, gran parte del mondo – in modo piuttosto brusco e doloroso da un periodo di crescita sfrenata e di benessere diffuso. Andiamo certamente verso una fase di maggiori ristrettezze, inutile negarlo. La via d'uscita indicata come inevitabile dai potentati finanziari internazionali passa per privatizzazioni, perdita di diritti, rinuncia alla sovranità popolare. L'Islanda indica un'altra via percorribile.

In Italia potrebbe accadere quanto accaduto in Islanda? No, ma ciò non vuol dire che i cittadini italiani – ed europei – non possano imparare niente dalla faccenda islandese, anzi. La dinamica degli eventi è sicuramente dipesa da alcune caratteristiche peculiari del paese nordico. Pochi abitanti (circa 320mila) sparsi su un territorio vasto e ricco di risorse, un'economia con un peso specifico relativamente basso all'interno delle dinamiche europee e mondiali, una situazione - anche geografica – di relativi isolamento e indipendenza e – soprattutto – un debito che ammontava a neppure quattro miliardi di euro. L'Italia ha un debito pubblico di quasi 2mila miliardi, per l'esattezza 1897,472 miliardi (dato relativo al mese di maggio 2011). Se i cittadini italiani decidessero di non pagare quel debito farebbero crollare all'istante l'intera economia europea, e buona parte di quella mondiale.

La questione del debito è cosa decisamente complessa. Per ogni stato col cappio al collo, strozzato dal debito, c'è un paese creditore che senza quel credito si troverebbe nella medesima situazione. È un equilibrio delicato, un castello di carte nel quale basta il crollo di un elemento per scatenare un terrificante effetto a catena. Dunque gli stati si tengono in vita l'un l'altro, alimentando all'infinito i rispettivi debiti, in un meccanismo perverso e senza alcuna prospettiva di uscita.


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Cosa può insegnarci la faccenda islandese? In realtà molte cose, alcune delle quali le abbiamo già dette ma le ripetiamo. In primis che la via d'uscita dalla crisi che viene imposta dall'alto non è inevitabile. Da sempre le crisi economiche, necessarie al sistema di sviluppo capitalista – e ancor più a quello consumista – per potersi autoalimentare, hanno avuto come conseguenza una maggiore concentrazione delle ricchezze e del potere nelle mani di pochi, e la perdita dei diritti e dei beni da parte delle popolazioni. Oggi, forse per la prima volta nella storia, i cittadini hanno modo di essere informati e consapevoli di quello che gli sta accadendo attorno. Possono consapevolmente non accettare quello che gli viene imposto dall'alto, decidere di ribellarsi e di non lasciarsi portar via ciò che appartiene loro. La crisi si può trasformare in un enorme incubatore di democrazia.

Siamo ad un bivio, all'inizio di un percorso. L'Islanda ci insegna che il popolo sovrano è in grado di decidere quale strada imboccare. La strada europea, quella degli aiuti da parte di Bce e Fmi e della svendita a privati dell'intero settore pubblico, della rinuncia ai beni comuni e ai diritti; oppure la strada islandese, della riappropriazione dei diritti e del potere decisionale, della democrazia diretta e partecipata che detta l'agenda a quella rappresentativa.

Certo le differenze con lo stato nordico restano molte, ma nella vicenda islandese non dobbiamo pretendere di trovare una soluzione, piuttosto l'indicazione di un percorso. È vero, forse non potremo decidere di annullare il nostro debito estero. Ma potremo usarlo a nostro vantaggio. Questo potrebbe infatti rivelarsi una pericolosa arma a doppio taglio per chi lo usa come strumento neocoloniale per appropriarsi di 'pezzi' di sovranità altrui e rubare i diritti dei popoli. Il debito italiano è una pistola alla tempia dell'Unione europea.

Certo, sarà difficile iniziare un percorso di democrazia partecipata come quello islandese: loro sono 320mila, noi 60 milioni. Ma ci sono segnali confortanti - primo fra tutti quello degli ultimi referendum - che dicono che sulle questioni importanti non è poi così difficile fare fronte comune. L'Islanda ha aperto uno spiraglio, sta a noi creare un varco, e quindi un sentiero realmente percorribile.


Preso da: www.ilcambiamento.it
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In Islanda la Costituzione viene scritta da tutti online

11/1/2011

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giovedì, luglio 7th, 2011

La rivoluzione islandese. Non ci sono solo vulcani che fanno notizia, c’è anche la rivoluzione dei 320 mila abitanti dell’isola che in pochi mesi hanno fatto dimettere il governo, incriminato i banchieri, cancellato il debito estero e ora stanno scrivendo online la loro Costituzione.

Da aprile, con cadenza settimanale l’Assemblea Costituente pubblica sul suo sito le bozze del progetto. E tutti sono invitati a condividere le loro idee sul sito o attraverso i social network.

Oltre ad essere presente sulla rete attraverso Facebook e Twitter, le sue riunioni sono aperte al pubblico. Non era mai successo prima che il web fosse il motore della realizzazione di una Costituzione nazionale nel pieno rispetto della democrazia partecipata. Alcuni partiti politici in Europa hanno realizzato i propri statuti o la propria carta dei valori attraverso sistemi wiki. Ma mai si è arrivati a tanto.

Il fatto che l’Islanda sia abitata solo da 320mila cittadini rappresenta di per sé un grosso vantaggio nella realizzazione di un progetto simile. Ma bisogna anche ricordare che il web sull’isola rappresenta ormai un aspetto essenziale della vita quotidiana. Più della metà degli abitanti possiede un account Facebook, e chi non lo ha può partecipare al dibattito sul sito dell’assemblea costituente, visto che più dell’80% delle case islandesi possiede una linea Adsl. Tuttavia, non sarà sufficiente il web: la legge fondamentale dovrà essere approvata con il classico metodo del referendum

L’esperimento in  corso è abbastanza ignorato dai media italiani. Sarà anche perché segue una piccola rivoluzione precedente, quella dell’aver fatto dimettere il governo e cancellato il debito estero verso la Gran Bretagna, in un’operrazione che ha portato a mettere sotto inchiesta i banchieri dell’isola.

Qui di seguito riprendo da Facebook il commento di un osservatore italiano giustamente indignato del silenzio su tutta la materia.

NESSUNA NOTIZIA DALL’ISLANDA?
  • 6 luglio 2011
STORIE DI ORDINARIA RIVOLUZIONE…

Di Marco Pala

Nexusedizioni

Qualcuno crede ancora che non vi sia censura al giorno d’oggi? Allora perchè, se da un lato siamo stati informati su tutto quello che sta succedendo in Egitto, dall’altro i mass-media non hanno sprecato una sola parola su ciò che sta accadendo in Islanda?

Il popolo islandese è riuscito a far dimettere un governo al completo; sono state nazionalizzate le principali banche commerciali; i cittadini hanno deciso all’unanimità di dichiarare l’insolvenza del debito che le stesse banche avevano sottoscritto con la Gran Bretagna e con l’Olanda, forti dell’inadeguatezza della loro politica finanziaria; infine, è stata creata un’assemblea popolare per riscrivere l’intera Costituzione. Il tutto in maniera pacifica. Una vera e propria Rivoluzione contro il potere che aveva condotto l’Islanda verso il recente collasso economico.

Sicuramente vi starete chiedendo perchè questi eventi non siano stati resi pubblici durante gli ultimi due anni. La risposta ci conduce verso un’altra domanda, ancora più mortificante: cosa accadrebbe se il resto dei cittadini europei prendessero esempio dai “concittadini” islandesi?

Ecco brevemente la cronologia dei fatti:

  • 2008 – A Settembre viene nazionalizzata la più importante banca dell’Islanda, la Glitnir Bank. La moneta crolla e la Borsa sospende tutte le attività: il paese viene dichiarato in bancarotta.
  • 2009 – A Gennaio le proteste dei cittadini di fronte al Parlamento provocano le dimissioni del Primo Ministro Geir Haarde e di tutto il Governo – la Alleanza Social-Democratica (Samfylkingin) – costringendo il Paese alle elezioni anticipate. La situazione economica resta precaria. Il Parlamento propone una legge che prevede il risanamento del debito nei confronti di Gran Bretagna e Olanda, attraverso il pagamento di 3,5 MILIARDI di Euro che avrebbe gravato su ogni famiglia islandese, mensilmente, per la durata di 15 anni e con un tasso di interesse del 5,5%
  • 2010 – I cittadini ritornano a occupare le piazze e chiedono a gran voce di sottoporre a Referendum il provvedimento sopracitato.
  • 2011 – A Febbraio il Presidente Olafur Grimsson pone il veto alla ratifica della legge e annuncia il Referendum consultivo popolare. Le votazioni si tengono a Marzo ed i NO al pagamento del debito stravincono con il 93% dei voti. Nel frattempo, il Governo ha disposto le inchieste per determinare giuridicamente le responsabilità civili e penali della crisi. Vengono emessi i primi mandati di arresto per diversi banchieri e membri dell’esecutivo. L’Interpol si incarica di ricercare e catturare i condannati: tutti i banchieri implicati abbandonano l’Islanda. In questo contesto di crisi, viene eletta un’Assemblea per redigere una Nuova Costituzione che possa incorporare le lezioni apprese durante la crisi e che sostituisca l’attuale Costituzione (basata sul modello di quella Danese). Per lo scopo, ci si rivolge direttamente al Popolo Sovrano: vengono eletti legalmente 25 cittadini, liberi da affiliazione politica, tra i 522 che si sono presentati alle votazioni. Gli unici due vincoli per la candidatura, a parte quello di essere liberi dalla tessera di qualsiasi partito, erano quelli di essere maggiorenni e di disporre delle firme di almeno 30 sostenitori. La nuova Assemblea Costituzionale inizia il suo lavoro in Febbraio e presenta un progetto chiamato Magna Carta nel quale confluiscono la maggiorparte delle “linee guida” prodotte in modo consensuale nel corso delle diverse assemblee popolari che hanno avuto luogo in tutto il Paese. La Magna Carta dovrà essere sottoposta all’approvazione del Parlamento immediatamente dopo le prossime elezioni legislative che si terranno.
Questa è stata, in sintesi, la breve storia della Ri-evoluzione democratica islandese.
Abbiamo forse sentito parlare di tutto ciò nei mezzi di comunicazione europei?
Abbiamo ricevuto un qualsiasi commento su questi avvenimenti nei noiosissimi salotti politici televisivi o nelle tribune elettorali radiofoniche?
Abbiamo visto nella nostra beneamata Televisione anche un solo fotogramma che raccontasse qualcuno di questi momenti?

SINCERAMENTE NO.

I cittadini islandesi sono riusciti a dare una lezione di Democrazia Diretta e di Sovranità Popolare e Monetaria a tutta l’Europa, opponendosi pacificamente al Sistema ed esaltando il potere della cittadinanza di fronte agli occhi indifferenti del mondo.
Siamo davvero sicuri che non ci sia “censura” o manipolazione nei mass-media?
Il minimo che possiamo fare è prendere coscienza di questa romantica storia di piazza e farla diventare leggenda, divulgandola tra i nostri contatti. Per farlo possiamo usare i mezzi che più ci aggradano: i “nostalgici” potranno usare il telefono, gli “appassionati” potranno parlarne davanti a una birra al Bar dello Sport o subito dopo un caffè al Corso.
I più “tecnologicamente avanzati” potranno fare un copia/incolla e spammare questo racconto via e-mail oppure, con un semplice click sui pulsanti di condivisione dei Social Network in fondo all’articolo, lanciare una salvifica catena di Sant’Antonio su Facebook, Twitter, Digg o GoogleBuzz. I “guru del web” si sentiranno il dovere di riportare, a modo loro, questa fantastica lezione di civiltà, montando un video su YouTube, postando un articolo ad effetto sui loro blog personali o iniziando un nuovo thread nei loro forum preferiti.

L’importante è che, finalmente, abbiamo la possibilità di bypassare la manipolazione mediatica dell’informazione ed abbattere così il castello di carte di questa politica bipartitica, sempre più servile agli interessi economici delle banche d’affari e delle corporazioni multinazionali e sempre più lontana dal nostro Bene Comune.
In fede,

il cittadino sovrano Marco Pala
(alias “marcpoling”)

http://www.vocidallastrada.com/2011/07/nessuna-notizia-dallislanda.html
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